Ma. G., Corriere della Sera 05/08/2012, 5 agosto 2012
«È ORA CHE I RICCHI PAGHINO ANCHE IN GERMANIA» —
Quel che Hollande ha promesso ai francesi, anche i tedeschi cominciano a chiedere a gran voce. «Tassate i ricchi». E così un’ampia coalizione che coinvolge sindacati, associazioni impegnate nel sociale e lobbisti ha iniziato una campagna per scaricare sui grandi patrimoni parte dei costi della crisi. L’«alleanza» vuole una patrimoniale (dell’1%, forse) e tasse più consistenti sull’eredità. E, soprattutto, maggiori imposte sul redditi alti. Qui però le scuole di pensiero divergono. Se alcuni gruppi che aderiscono all’«alleanza» pensano a super-tasse oltre i 250mila euro di stipendio annuale, altri credono che l’asticella vada alzata, e di molto. Per ora, va detto, nessuno ha neanche lontanamente proposto un’aliquota al 75%, come Hollande.
Dietro l’iniziativa, gruppi influenti della scena tedesca, come il sindacato del settore dei servizi Ver.di (2 milioni di aderenti, il secondo più importante del Paese dopo i metalmeccanici dell’Ig). Che possono contare sulla sponda politica dei socialdemocratici, il leader Sigmar Gabriel in testa. E così, se al lancio dell’iniziativa — che culminerà in un manifesto di proposte il 29 settembre — il sindacalista Frank Bsirske (Ver.di) dice «il 10% dei tedeschi più ricchi detiene più di due terzi dei patrimoni nazionali», Gabriel a distanza risponde: occorre che mostrino «patriottismo sociale». Ancora Bsirske, notando come il debito tedesco si sia ingrossato per i costi dell’unificazione, i tagli fiscali del governo e i salvataggi: «Deve pagare chi se lo può permettere». Non manca di aderire la sinistra radicale Linke, che con il presidente Bernd Riexinger chiede di «pompare i soldi dai ricchi verso l’economia reale», e propone che la Bce compri bond solo degli Stati «che introducono una tassa sui patrimoni milionari».
Insomma, la partita è aperta. E la promessa di tassare i ricchi — che Hollande fece durante le Presidenziali francesi, sfidando i ricordi del fuggi-fuggi dei milionari all’arrivo di Mitterrand all’Eliseo che temevano la calata dei «carri armati russi a Place de la Concorde» — non è affatto un’eccezione francese. È anzi una delle armi della campagna elettorale di Obama che solo un mese fa ha promesso di abbassare le tasse a tutti, tranne ai ricchi. Ossia di mantenere gli sgravi fiscali dell’era Bush (a lungo avversati dai democratici), salvo per il 2% degli americani che guadagnano più di 250mila dollari all’anno. Altrimenti, argomentò, «se non aumentassimo il contributo delle persone facoltose, nel prossimi 10 anni verranno a mancare mille miliardi».
C’è, è chiaro, anche chi rema in direzione opposta. Come il britannico David Cameron che per il 2014 punta ad abbassare il tasso d’imposizione (dal 50 al 45 per cento) per chi guadagna oltre 150mila sterline. E che mandando su tutte le furie Hollande, invitò i ricchi francesi a raggiungere la pattuglia dei 400mila connazionali che affollano South Kensington e dintorni, promettendo di stendere loro «tappetti rossi» oltre la Manica.
Ed è anche vero che la via dal proclama alla legge è lunga. A Parigi l’aliquota al 75% sulla parte del reddito che supera il milione di euro dovrebbe essere introdotta in autunno. Anche così, però, riguarderà 3mila persone. E le proposte fiscali di Obama sono sì un programma, però impossibile da attuare prima del voto di novembre per i veti incrociati di repubblicani e democratici. Se ne dovrà riparlare — guardando a come sarà composta la Camera dei Rappresentanti e il Senato — dopo il voto, chiunque sieda alla Casa Bianca. Ma è indubbio che la domanda «chi è giusto che paghi per la crisi finanziaria», e per quella del debito in Europa, non si può più eludere nemmeno nei Paesi che meno ne hanno sofferto. Almeno, vista la coalizione antiricchi che si è formata, in autunno Merkel sarà chiamata anche alla battaglia delle tasse.
Ma. G.