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 2012  agosto 08 Mercoledì calendario

LE POLEMICHE

tra Germania e Italia segnano la prima volta in cui entrambi i paesi rischiano di toccare il fondo della volgarità nei giudizi reciproci. Da una parte, due esponenti politici della Csu bavarese parlano della Grecia come di un Paese dove “bisogna dare un esempio e una lezione”.
O accusano l’Italia di ‘voglia rapace di appropriarsi dei soldi dei contribuenti tedeschi’. Dall’altra parte un giornale vicinissimo all’ex premier e possibile futuro premier italiano chiama la Germania “il Quarto Reich” e mostra la cancelliera Merkel con un braccio semialzato che nel contesto del titolo evoca il saluto nazista. È una via da non imboccare, da nessuna delle due parti, è pericolosa per entrambi.
La tendenza alle diffidenze e incomprensioni, con le polemiche sulle affermazioni di Monti a Der Spiegel, si spinge a un livello più alto. Sgomento e sorpresa tedeschi sono molto grandi. Innanzitutto non aiuta parlare della contrapposizione muro contro muro tra Nord e Sud. Grazie a Dio ancora non ci siamo arrivati, e certo lui dice che bisogna evitarla, ma per come ne parla l’ha già quasi evocata. Il secondo punto è l’impressione che egli sembra dare di voler rafforzare i governi nei confronti dei Parlamenti. So che Monti ha poi spiegato di ritenersi frainteso, ma comunque ha destato molto stupore. Il problema creato dai mezzi stanziati finora dalla Germania ma anche da altri paesi europei, inclusa l’Italia, per i diversi ‘ombrelli di salvataggio’, non è certo nato da uno strapotere dei Parlamenti bensì da governi che hanno cercato di scavalcare i Parlamenti o di metterli alle strette in modo da far loro approvare misure non certo legittimate dalla volontà popolare. In Germania più che mai, è proprio ricordando le due dittature del passato che si fa ben attenzione a non violare il principio della separazione tra i poteri. Non è per dispetto alla Grecia, alla Spagna o all’Italia che Berlino sta aspettando la decisione della sua Corte costituzionale sullo Esm.
Ma parliamo del contesto più ampio. Secondo me, a livello di opinioni pubbliche ma purtroppo anche a livello di governi, esiste una incomprensione reciproca fatale. In Italia si tende a pensare che la Merkel sia la ragione, o al minimo la soluzione dei problemi italiani. E si tende a non vedere lo spread e i sacrifici che il paese affronta come risultato di un malgoverno durato decenni. Verso la Germania si nota quasi un’aspettativa infantile, come se una buona mamma potesse risolvere tutti i problemi la cui origine è invece in Italia. In Germania, si tende a un certo vittimismo. Come se la Germania fosse l’unico paese con l’obbligo di pagare per gli altri. È vero che la Germania paga più di qualunque altro paese europeo, ma è pur vero che gli altri paesi pagano, compresa l’Italia che è il terzo contribuente. È ora di prendere atto delle realtà, da entrambe le parti. Una realtà è che l’Italia affronta problemi che si è creata da soli, e che solo l’Italia stessa può aiutare a risolvere. Parimenti importante è il fatto che la Germania deve rispettare la realtà, capire che un processo di riforme non solo è doloroso, come lo è stato anche da noi, ma richiede anni prima di dare risultati positivi visibili. Nessun paese del mondo oggi può permettersi indifferenza davanti alla minaccia dello spread, c’è bisogno di aiuti e di solidarietà. A condizione che l’impegno assunto per le riforme strutturali sia serio. Quello che più ci occorre è la comunicazione con l’elettorato e con i cittadini che per un certo periodo dovranno farsi carico dei sacrifici. Abbiamo bisogno del sostegno, approvazione e motivazione della gente. Non di prevaricazioni. È difficile, specie in Italia o Germania che di fatto vivono già in un clima elettorale. Penso inoltre che Draghi sia in questo momento un uomo molto solo, che deve
suo malgrado darsi un ruolo di politico, non più solo di guardiano contro l’inflazione. Non vedo nessun politico europeo in grado di dire ai suoi elettori ‘adesso siamo a metà del guado, ma sull’altra sponda ci aspetta qualcosa’. Neanche la signora Merkel lo sta dicendo. Draghi è un uomo molto solo e tocca a lui dire o fare quello che in altri tempi forse avrebbero detto o fatto i leader politici.
Evocare il pericolo di una catastrofe certamente non aiuta. Pochi politici, in Europa, hanno il coraggio di comunicare dicendo ‘questa è la via che seguirò perché la ritengo giusta, anche se poi non mi rieleggerete’. Anche questo sarebbe un modo di comunicare: spiegare la necessità di sacrifici, solidarietà, nuovi aiuti, di stampare più soldi, creare un nuovo fondo, e accettare il rschio di perdere elezioni. Così governava Helmut Schmidt, così Gerhard Schroeder perse le elezioni, ma delle sue riforme anni dopo la Germania ha approfittato molto. Non affrontiamo solo lo spread tra gli interessi sui debiti sovrani, bensì anche lo spread, il differenziale, tra le Weltanschauung dei nostri paesi. Ma ritengo che finora i tedeschi siano stati molto bravi: niente sommosse, niente eccessi nei risultati elettorali, né comportamenti ostili a un livello che può incidere verso i paesi del Sud. Perciò non descriviamo scenari che grazie a Dio ancora non esistono. L’Europa ha bisogno dell’Italia, come l’Italia ha bisogno dell’Europa, ma l’Europa ha assolutamente bisogno della Germania. Ricordiamocelo, pensando a questa situazione attuale che minaccia d’essere descritta in inglese come una ‘no win situation’, e in tedesco e in italiano come la scelta tra peste e colera. Agisce inoltre un fattore aggiuntivo: da parte del governo tedesco manca la certezza che gli aiuti ai paesi in crisi aiutino. Dicono che quanto fatto per alcuni mesi rinvia solo il problema, come nel caso greco. Gli altri paesi possono aver bisogno di aiuti molto più grandi. Poi nessun politico riesce a spiegare bene ai tedeschi per quale ragione sia nell’interesse tedesco, che il cittadino cui è stato appena chiesto di lavorare fino ai 67 anni paghi per il malgoverno di altri, per gli sperperi in Grecia o in Italia. E soprattutto, il governo tedesco teme che gli eurobonds facciano venir meno quelle difficoltà che sono un incentivo a portare avanti processi di riforme comunque inevitabili.
Monti è senz’altro l’unico punto di riferimento valido in Italia per tutti i partiti tedeschi, molto apprezzato e ritenuto senza alternative. Non immaginano quanto sia anche vittima della partitocrazia italiana. Per questo hanno reagito alla sua intervista con tanto sgomento: perché temono qualsiasi altra soluzione politica. Un punto debole della sua politica non è tanto un processo di riforme che forse è insufficiente, perché gli manca l’appoggio dell’eterogenea maggioranza che lo sostiene, ma il fatto che egli chiede sacrifici ai redditi minori o medi, a chi vive di retribuzioni fisse. Alcuni dubbi su di lui sono mossi dall’interrogativo, se egli abbia fermato a metà il processo di riforme perché frenato dai partiti che lo sostengono.
Ma per fortuna il pericolo di una svolta isolazionista tedesca per ora non esiste; sarebbe il peggio per tutti. Proprio per scongiurarla, occorre spiegare bene ai cittadini dei nostri paesi perché certe decisioni sono inevitabili. E cerchiamo di evitare da ogni parte i toni che abbiamo sentito negli ultimi giorni. Non è ancora l’ora dei populisti, ma se andiamo avanti così il rischio c’è.
L’autore è direttore del Die Zeit (testo raccolto da Andrea Tarquini)