Sandra Riccio, la Stampa 7/8/2012, 7 agosto 2012
CROLLO DELL’EURO, LE BANCHE USA SI PREPARANO
Mentre i mercati sembrano rivedere un po’ di luce in fondo al tunnel della crisi europea, le banche di Wall Street e i grandi gruppi dell’industria non condividono le stesse speranze e si attrezzano per il peggio. L’ipotesi che mettono in conto è quella di una potenziale uscita di uno dei Paese, se non addirittura quella del collasso dell’intera Unione monetaria.
Le manovre, neanche tanto celate, sono da fine del mondo. In prima fila ci sono le banche, grandi colossi americani del calibro di Goldman Sachs o Bank of America. Alcuni di questi istituti stanno chiedendo alle controparti e ai creditori di rivedere i contratti oppure trovare un’altra banca con cui fare affari. È quanto riportato ieri dal Financial Times , che ha sottolineato come gli istituti in questione, ricorrendo a strategie di copertura, come i credit default swap, stanno di fatto riducendo la loro esposizione netta nei Paesi in difficoltà. Una tendenza a coprirsi e riorientare il portafoglio che non risparmia l’Italia, con i big della finanza internazionale che corrono ai ripari, acquistando cds per proteggersi dal default dei titoli italiani. Non solo: le grandi banche di Wall Street sono anche impegnate ad assicurarsi che se un Paese lasciasse l’area euro non si troverebbero a ricevere pagamenti in valute come le meno attraenti dracma o peseta. «Ci stiamo preparando a un totale collasso dell’euro che avverrà nei prossimi 18-24 mesi», ha dichiarato un banchiere americano al quotidiano della City. Di fatto JPMorgan, Bank of America, Citigroup, Morgan Stanley e Goldman Sachs hanno ridotto la loro esposizione all’area. Tuttavia non c’è accordo tra le banche Usa su quanto grave sia la situazione in Europa. Lo dimostra la distribuzione dei rispettivi investimenti. Se da una parte, Morgan Stanley si ferma a un’esposizione di «appena» 5 miliardi di dollari sui cinque Paesi più a rischio: Grecia, Spagna, Italia, Irlanda, Portogallo. Dall’altra c’è JP Morgan che invece arriva a superare i 20 miliardi. Per quanto riguarda l’Italia, in base ai dati pubblicati da Handseblatt , alcuni big internazionali avrebbero rafforzato le loro tutele contro il rischio Italia. JpMorgan avrebbe aumentato la percentuale di bond italiani assicurati con cds dal 52% al 61%. Per Ubs la percentuale è salita dal 69% al 90%.
Le banche non sono le sole a cercare rifugio. Cresce il numero dei grandi gruppi internazionali che decidono di ritirare la propria liquidità dalla zona euro. «La nostra propensione al rischio di credito in Europa è cambiata» ha detto senza mezzi termini al Times di Londra, Simon Henry, il responsabile delle finanze del colosso angloolandese Shell. Il gigante del petrolio, che tra l’altro per fatturato e capitalizzazione è il più grande gruppo in europeo, starebbe sistematicamente spostando la sua liquidità sui conti Usa, o, in alternativa, sui titoli di Stato americani. A metà giugno la liquidità del gruppo era di 17,5 miliardi di dollari. Il gruppo avrebbe iniziato già due anni fa a trasferire i capitali. Quello di Shell non è un caso isolato. Secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung , nella lista dei «fuggitivi» ci sarebbero anche il gruppo Vodafone e il colosso farmaceutico GlaxoSmithKline. In particolare, secondo quanto riportato dalla Faz , Vodafone preleverebbe ogni sera dai conti correnti in Grecia tutte le somme in eccedenza. Anche GlaxSmithKline a fine serata trasferirebbe diverse centinaia di milioni di euro dai Paesi dell’euro per metterli sui conti inglesi. Wpp, colosso britannico della pubblicità, invece preferisce convertire tutte le entrate dell’area euro subito in dollari.