Alberto Flores D’arcais, la Repubblica 7/8/2012, 7 agosto 2012
“TUTTO OK, SIAMO SU MARTE” L’ENTUSIASMO DELL’AMERICA PER L’IMPRESA DI CURIOSITY
«Atterraggio confermato, siamo su Marte». Sono le 22.32 (ora della California) di domenica, quando nella sala-comando della Nasa di Pasadena scoppia l’applauso. Decine di scienziati, tutti in camicia azzurra, alzano i pugni al cielo, si abbracciano, scaricano la tensione con urla liberatorie. Il
roverCuriosity
ha raggiunto il Pianeta Rosso. Hanno lavorato dieci anni per vivere questo momento, dieci anni di impegno e “sette minuti di terrore”. Quegli ultimi 420 secondi di delicatissime manovre, per far
adagiare dolcemente sul suolo di Marte (570 milioni di chilometri dalla Terra), a 4 chilometri l’ora, una macchina da una tonnellata che arrivava alla velocità di 20mila chilometri orari. La celebrazione da parte degli scienziati diventa così chiassosa che il direttore del centro spaziale, Charles Elachi, è costretto a chiedere un po’ di calma per improvvisare una mini-conferenza stampa. «Siamo un po’ come la squadra che è andata alle Olimpiadi e siamo tornati avendo vinto l’oro». Il Twitter
feed
di Curiosity annuncia: «Sono al sicuro sulla superficie di Marte. Cratere di Gale sono dentro di te!», e parte un altro applauso. Passano pochi minuti e dal Pianeta Rosso arrivano le prime due immagini in bianco e nero, le ruote del
rover
e l’orizzonte. «Sembra, almeno ai miei occhi, che siamo atterrati in un posto bello e pianeggiante, tutto è andato nel migliore dei modi», spiega con voce incrinata dall’emozione Adam Steltzner, l’ingegnere che ha guidato
l’impeccabile discesa del
rover
dal
Jet Propulsion Laboratory.
Arriva la telefonata di Obama e le sue parole non nascondono l’orgoglio. «Stasera su Marte gli Stati Uniti hanno fatto la storia, è un successo tecnologico senza precedenti, una missione mai compiuta nei decenni di esplorazione spaziale, una fonte di orgoglio per tutti gli americani e per il futuro». A seguire, l’ironia dello
science advisor
della Casa Bianca, John Holdren: «Se qualcuno aveva dei dubbi sullo status della leadership Usa nello spazio, bene, in questo momento c’è una tonnellata grande come un’automobile
di ingegno americana seduta sulla superficie del Pianeta Rosso».
L’America ha atteso l’evento come fosse una finale mondiale, diretta tv, cene familiari e di amici organizzate a casa o nei bar, grandi schermi in molte piazze, a New York Times Square piena di gente nonostante l’orario (1 e 32 del mattino). E non è rimasta delusa. Perché è una missione ambiziosa quella di Marte, impresa che è già costata due miliardi e mezzo di dollari e che vorrebbe avere come tappa finale — ma questa è ancora utopia — l’arrivo dell’uomo sul Pianeta Rosso entro il 2030. Ci si arrivi o no, quello
che è accaduto rilancia le ambizioni di una Nasa a corto di soldi e che ora intende sfruttare il successo e la rinnovata passione spaziale di un intero popolo per chiedere al Congresso (nonostante la crisi economica) nuovi finanziamenti. Di questo si parlerà più avanti. A Pasadena saranno adesso impegnati 24 ore su 24 per seguire le evoluzioni del Curiosity su Marte, elaborare dati e studiare fotografie e video che le 17 telecamere del
rover
invieranno al centro spaziale. Questa volta a colori. Andrà avanti per i prossimi due anni (anche se la batteria al plutonio gli permetterebbe una
vita quasi eterna), uscendo dal cratere, scavalcando montagne sconosciute, alla ricerca di una qualche forma di vita. I precedenti viaggi su Marte hanno permesso di scoprire ghiaccio nel cosiddetto polo nord del Pianeta Rosso a prova del fatto che in tempi remoti ci fosse dell’acqua. Ma lo scopo principale della missione è soprattutto quello di trovare (se possibile) gli ingredienti essenziali della vita: carbone, nitrogeno, fosforo, ossigeno. Per avere una risposta (quasi) definitiva a secoli di leggende e a decenni di letteratura e cinema.