Salvatore Garzillo, Libero 4/8/2012, 4 agosto 2012
BAGGIO, CACCIA AL PUMA A GRADO
Noi già immaginiamo lo scontro, con l’immancabile telecronaca di Bruno Pizzul: «Signori all’ascolto, buonasera. Roberto Baggio avanza con cautela, si guarda attorno, nell’area non si muove una foglia. Il codino avvista la coda del puma…partiti! Supera un cespuglio con un doppio passo, si invola sulla fascia ma, attenzione, viene atterrato da una radice sporgente. Baggio si ferma, la posizione è ottimale per colpire, prende un respiro profondo. Spara… Alto sopra la testa del puma! Per l’Italia e per Baggio, la battuta di caccia finisce qui». Da calciatore a cacciatore. Una consonante e il profilo cambia radicalmente: da una parte un idolo delle folle, dall’altra il terrore del mondo animale e il nemico degli animalisti. In mezzo, a cavallo di quella lettera, c’è Roberto Baggio. L’ex codino della Nazionale è un cacciatore provetto, a suo agio con la doppietta (a pallini), quanto con quella in campo (col pallone). Così, quando ha saputo che tra la spiaggia di Grado, in provincia di Gorizia, e lungo il corso finale dell’Isonzo è stato avvistato un puma, si è detto disponibile a imbracciare il fucile per risolvere il problema. Baggio avrebbe detto a Ferruccio Polo, suo compagno di caccia e pesca: «Chiamatemi e in due giorni prendo il puma». Apriti cielo. Le associazioni animaliste gli sono saltate alla giugulare manco fosse una gazzella ferita, su internet chiunque ha iniziato a sparare a zero su di lui contestandogli l’incongruenza tra i precetti del buddismo, di cui è praticante, e l’uccisione di «animali senzienti ». Il caso è arrivato perfino a Bruxelles, dove Andrea Zanoni, eurodeputato dell’Italia dei Valori e vice-presidente dell’Intergruppo sul Benessere degli animali al Parlamento Europeo, ha commentato: «Forse Baggio ha pensato di essere titolare di una sorta di licenza di uccidere, da quando gli è stata conferita la cittadinanza onoraria di Grado nel 2000. Certamente la sua notorietà non lo esenta dall’osservanza delle leggi, che valgono per tutti. Sparare a un animale, a maggior ragione raro come il puma, è un atto incivile che avvenga in Italia oppure in Argentina». Dal canto suo Roby risponde attraverso l’addetto stampa Roberto Petrone. «Già la notizia di per sé ha dell’in - credibile. Se poi è sufficiente una semplice (e presunta) esternazione a suscitare delle polemiche allora mi chiedo se i politici non abbiano problemi ben più seri di cui occuparsi». Dopo essersi affrancato dal mondo del calcio e delle sue incomprensioni giornalistiche, Baggio si ritrova in un attimo incastrato nel tritacarne del «detto o forse no». Come quando, scarpette al piede, parlava di un capello euncronista lo trasformava in una parrucca. Vero è che Baggio è un cacciatore. E quando sei stato per anni uno dei giocatori più amati - e più forti - del mondo, quando hai pennellato punizioni davanti a migliaia di tifosi adoranti, segnato gol decisivi e vissuto il boato dello stadio, non puoi indossare le pattine e restare chiuso in casa a fine carriera. Hai bisogno dell’adrenalina. Lui trova nella caccia, un modo per mettersi in connessione con la parte più tribale, quella che cerca lo sguardo della preda e un attimo dopo la fredda con un colpo deciso. È un gioco d’istinto, rapidità, strategia, furbizia. Come il calcio. Per questo Roby è considerato da tutti un cacciatore di grande talento. Sembra quasi una rivincita dopo che per un’intera carriera è stato la preda preferita dei difensori, abbattuto a colpi di tacchetti e trappole del fuorigioco. Lui sa cosa significa scappare, avere il fiato sul collo di un animale feroce alto uno e novanta per cento chili di peso. Tutta quest’esperienza accumulata sui campi di gioco, gli è servita sulle distese dell’Argentina, dove anni fa ha comprato una fazenda da 10mila ettari che ha trasformato in zona di caccia privata. Nella sua biografia scrive: «Riuscire a pensare come l’animale che stai inseguendo, anticiparne le mosse è un gioco alla pari: istinto contro istinto, esperienza contro esperienza. Diverse volte ho provato a spiegare il mio rapporto con la caccia, senza riuscirci. Soltanto chi la vive con il mio stesso entusiasmo e rispetto può capire». Certo non gli animalisti, che l’hanno iscritto nel libro nero dopo la frase dell’amico Polo: «Ho cacciato anch’io una volta in Argentina con lui ma mai, ancora, i puma. Lui invece ne ha catturato più di qualcuno, questo lo posso assolutamente garantire».Non avrebbealcuna difficoltà a centrare l’animale che va in giro tra l’Isontino e la Bassa. Sempre che esista, visto che finora le ricerche della guardia forestale non hanno dato esito.