Maddalena Camera, il Giornale 4/8/2012, 4 agosto 2012
Facebook fa tremare i conti della California - Non c’è pace per l’Ipo di Facebook. Dopo aver prodotto danni al bilancio di Ubs, che a causa dell’Ipo ha perso 290 milioni e, soprattutto, alle persone che hanno acquistato le azioni, passate dai 38 dollari del collocamento ai circa 20 di ieri, anche lo Stato della California ha lanciato l’allarme
Facebook fa tremare i conti della California - Non c’è pace per l’Ipo di Facebook. Dopo aver prodotto danni al bilancio di Ubs, che a causa dell’Ipo ha perso 290 milioni e, soprattutto, alle persone che hanno acquistato le azioni, passate dai 38 dollari del collocamento ai circa 20 di ieri, anche lo Stato della California ha lanciato l’allarme. Il governatore Jerry Brown, infatti, aveva già messo a bilancio entrate fino a 1,9 miliardi di dollari derivate dalla vendita delle stock option distribuite a manager e dipendenti della società a partire dallo stesso fondatore Mark Zuckerberg. Il calcolo era stato però fatto tenendo conto di un valore dell’azione di circa 35 dollari. Ora invece è molto più basso e dunque anche i dipendenti, che hanno venduto o venderanno i titoli, guadagneranno meno e anche lo Stato della California avrà minori incassi. E così ieri l’ufficio di analisi fiscali dello Stato, preoccupato delle conseguenze per il bilancio pubblico, ha fatto due conti. Il problema è che il budget statale di 91,3 miliardi di dollari della California, firmato a giugno da Brown, faceva affidamento proprio sulle tasse che sarebbero scattate quando i big dell’azienda del social network avessero esercitato le opzioni sulle loro azioni. Purtroppo però, complice la crisi e una sovrastima del titolo al momento del collocamento, il valore delle azioni è sceso di oltre il 40%. «La quotazione è assai al di sotto delle previsioni contenute nelle proiezioni sulle entrate fiscali dello Stato », è scritto in un rapporto del Legislative Analyst’s Office. La California potrebbe avere altre risorse, dato che in quello Stato hanno sede altri giganti della tecnologia con profitti in crescita. Peccato però che, per pagare meno tasse, abbiano studiato vari espedienti. Come Apple, che ha aperto un ufficio a Reno nel Nevada ed ha adottato particolari sistemi per trasferire i profitti verso controllate in Irlanda e Paesi Bassi, facendo poi confluire il denaro ai Caraibi. Unsistemacomplesso, cheèstato fortemente stigmatizzato sulle pagine del New York Times, ma che ora è utilizzato da centinaia di altre multinazionali. Il caso Apple è però il più eclatante.L’anno scorso, a fronte di profitti per 34 miliardi di dollari, ha pagato tasse per soli 3,3 miliardi. In percentuale il 9,8%, a fronte del 24% di aliquota circa sborsato negli Usa da società più tradizionali come la catena di supermercati Wal-Mart. Lo Stato della California potrebbe anche correre ai ripari, ma con il rischio di vedere la sede di Apple prendere il volo verso altri lidi e con lei anche centinaia di migliaia di posti di lavoro.