Vittorio Carlini, Il Sole 24 Ore 5/8/2012, 5 agosto 2012
LE MOSSE DI HERA CONTRO LA RECESSIONE NEI RIFIUTI, NEL GAS E NEL CICLO IDRICO
Uno dei principali obiettivi di Hera nel prossimo futuro? È presto detto: portare a compimento l’aggregazione con AcegasAps. L’intesa prevede, in primis, la fusione per incorporazione di AcegasAps Holding (che controlla il 62,7% della quotata AcegasAps) nella utility emiliana. E, poi, l’Opas sulle minorities della quotata stessa. Il mercato, rispetto all’operazione, considera interessante l’appeal conseguente alla creazione di sinergie. L’obiettivo indicato dall’azienda è di 25-30 milioni annui a regime, che arriveranno in gran parte dalla riduzione dei costi (70%) e in parte dai ricavi (fino al 30%). Il target individuato dovrebbe essere raggiunto nel giro di 3-4 anni. Anche se già a partire dal 2013 dovrebbero iniziare a vedersi i primi risultati su questo fronte. Una creazione di ricchezza che, giocoforza, contribuirà anch’essa all’incremento dell’utile per azione della nuova realtà. Le stime di Hera indicano un incremento per l’Esp, con l’operazione a regime, tra l’8 e l’11%. Al di là del matrimonio con Acegas, Hera è specializzata nella gestione e trattamento dei rifiuti. Un business colpito dalla recessione in Italia. Così l’azienda, tra le altre cose, punta a sfruttare la raccolta differenziata. In tal senso sarà completato entro fine 2013 un impianto per la selezione dei rifiuti "secchi". Sul fronte, invece, del trattamento dell’umido saranno costruite altre 4 strutture. Il gas di Hera, al contrario, non soffre la congiuntura. Il gruppo è avvantaggiato dall’essere presente solo nella distribuzione, vendita e trading. Una situazione che, giocoforza, aiuta. • Uno dei principali obiettivi di Hera nel prossimo futuro? È presto detto: portare a compimento l’accordo quadro di aggregazione con AcegasAps. L’intesa prevede, in primis, la fusione per incorporazione di AcegasAps Holding (che controlla il 62,7% della quotata AcegasAps) nella utility emiliana. E, poi, l’Opas sulle minorities della quotata stessa. Il primo passaggio, al di là dell’esborso in contanti di 3,4 milioni a favore dei Comuni soci della Holding (Trieste al 50,1% e Padova al 49,1%), sarà realizzato attraverso uno swap azionario: 0,763 nuovi titoli Hera per 1 euro di capitale sociale della holding (concambio implicito di 4,16). Stipulato l’atto di fusione, ovviamente dopo l’ok dei cda, dei Comuni coinvolti e delle assemblee societarie, questo diverrà esecutivo dal primo gennaio 2013. Di lì, partirà l’Opas: ai soci di minoranza di AgegasAps, tra cui anche l’investitore retail, verranno offerte nuove azioni Hera (concambio sempre di 4,16) e una quota cash di 0,27 euro ogni titolo di Acegas (per un esborso massimo fino a 5,6 milioni). L’operazione è valutata positivamente dagli analisti. Rispetto, ad esempio, alla struttura finanziaria la nuova realtà avrebbe un indebitamento netto nel 2013 stimato dagli esperti in circa 2,5 miliardi (quello di Hera al 31 marzo scorso era di 2 miliardi). Il valore comporta un Net debt/Ebitda di circa 3. Insomma, un multiplo assolutamente sostenibile. Tanto che, anche dopo il merger, l’utility emiliana mantiene il target di 2,8 nel 2015. Qualche distinguo, invece, sorge tra gli esperti rispetto al prezzo. Il valore pagato da Hera, individuato dagli analisti, è circa 5,5 volte l’Ev/Ebitda di Acegas. Un multiplo secondo diversi operatori "giusto" ma per altri un po’ alto. Soprattutto perché, nella sua storia di M&A, l’utility presieduta da Tomaso Tommasi di Vignano è considerata un esempio positivo nella valutazione (e gestione) delle società target.
L’indicazione, comunque, è rigettata dal gruppo. In primis viene sottolineato che, se l’azione sarà portata a compimento, Hera raggiungerà il 100% dell’utility del Nord Est (l’obiettivo è il delisting): giocoforza, è il messaggio, si paga il premio di controllo. Inoltre viene ricordato che, anche a fronte dei recenti cali delle Borse, la valutazione va effettuata sui fondamentali di business dell’azienda. Ebbene, AcegasAps ha già investito 40 milioni per la costruzione delle infrastrutture di base di una rete per il gas in Bulgaria. Un esborso che non ha ancora "contribuito" al Mol ma lo farà a breve: quindi, il rapporto è di fatto più basso.
Infine, il valore è in linea con i multipli su cui "viaggiava" l’intero settore solo 6 mesi fa. Insomma, per l’utility emiliana non si può parlare di prezzo caro.
Le sinergie dell’operazione
Al di là dei multipli, il mercato considera interessante l’appeal conseguente alla creazione di sinergie. L’obiettivo indicato dall’azienda è di 25-30 milioni annui a regime, che arriveranno in gran parte dalla riduzione dei costi (70%) e in parte dai ricavi (fino al 30%). Il target individuato dovrebbe essere raggiunto nel giro di 3-4 anni. Anche se, ovviamente, già a partire dal 2013 inizieranno a vedersi i primi risultati su questo fronte. Una creazione di ricchezza che, giocoforza, contribuirà anch’essa all’incremento dell’utile per azione della nuova realtà. L’indicazione di Hera è di un incremento per l’Esp, con l’operazione a regime, stimato tra l’8 e l’11%.
Le utility del Nord Est
Fin qui alcuni aspetti strettamente finanziari. E, però, il matrimonio con il gruppo del Nord Est porta con sè diversi atout. Tra questi, quello di poter proseguire sulla strada del consolidamento in un’area come il triveneto che, da un lato, è industrialmente ricca; e, dall’altro, è caratterizzata dalla presenza di molte utility locali (dall’Aim di Vicenza a Veritas di Venezia fino ad Ascopiave di Treviso). Aziende, il cui Mol complessivo è oltre i 250 milioni, possibili target di Hera. Certo, il gruppo emiliano sottolinea che si tratta solo di un pensiero strategico e nulla è in agenda: il focus è tutto sull’operazione con Acegas Aps. Inoltre, i campanilismi e localismi possono ostacolare il risiko. E, tuttavia, gli analisti traggono da questo elemento un ulteriore spunto d’interesse.
Quell’interesse che, almeno per ora, non sembra invece accendersi ai piani alti di Hera rispetto al grande progetto della Super-Utility del Nord (leggi A2A e Iren). Per l’azienda le unioni, infatti, hanno successo se c’è un forte senso industriale e sono gestite razionalmente, partendo dal basso, dal territorio.
Il business dei rifiuti
Quel territorio dove il gruppo è presente, ad esempio, nel business ambientale, con la raccolta e trattamento dei rifiuti. Hera è il principale operatore italiano su questo fronte: dal 2002 al 2011 i ricavi del waste hanno messo a segno una crescita annua dell’11%. Nell’esercizio scorso l’attività ha visto il fatturato salire (+5,26%) ma il Mol è calato leggermente a 194,2 milioni (erano 195,1 nel 2010). Un andamento, quello dell’Ebitda in discesa, proseguito anche sul primo trimestre 2012 (-17,2%). Qui, oltre al venir meno di alcuni incentivi (Cip6 sul termovalorizzatore di Bologna), ha pesato la dura recessione in Italia con il calo dei volumi di rifiuti trattati, sia urbani che industriali. A fronte di questa situazione quale la strategia di Hera? L’azienda, oltre a ricordare l’ampio spettro di offerta sul fronte dei rifiuti (un ottantina gli impianti), sottolinea un cocktail di fattori. In primis, anche grazie all’aggregazione con AgegasAps, viene ampliato e diversificato geograficamente il portafoglio di termovalorizzatori che salgono a 9. Inoltre, si punta a sfruttare l’alto livello di raccolta differenziata (il 50%) delle regioni in cui il gruppo è già presente. In tal senso a Bologna sarà completato entro fine 2013, con un esborso di circa 15 milioni, un nuovo impianto per la selezione dei rifiuti "secchi". Sul fronte, invece, del trattamento dell’umido (oltre alle 3 strutture già in funzione) il progetto è di costruirne altri 4 nel prossimo biennio, con un ulteriore investimento di circa 25 milioni.
Infine c’è l’attività commerciale che, nei limiti autorizzativi, va a «caccia» dei rifiuti speciali industriali, soprattutto in Italia. Insomma, le carte sul tavolo ci sono: bisogna vedere se saranno sufficienti a contrastare la difficile congiuntura.
Il mondo del gas
Già la congiuntura. Quest’ultima, almeno rispetto a Hera, non si fa sentire nel business del gas. Qui, nel primo trimestre 2012, il Mol (il 50,9% del totale) è salito. Al di là degli eventi contingenti (incorporazione di Sadori Gas), il risparmiatore rimane un po’ sorpreso a fronte di un simile risultato. In Italia, infatti, c’è una sovracapacità di gas che provoca molti problemi a diversi operatori. Gli esperti, però, ricordano che Hera non è presente nell’upstream, bensì solo nella distribuzione, vendita e trading. Una situazione che, giocoforza, aiuta: l’eccesso di offerta permette di spuntare prezzi più bassi. Inoltre, i contratti di fornitura di Hera sono in gran parte di breve periodo (quelli pluriennali, nel 2011, rappresentavano il 10% del totale) e senza clausole «take or pay». Cioè, senza l’obbligo di pagare comunque, interamente o in parte, il prezzo di una quantità minima di gas, anche se la commodity non è utilizzata. E questo nuovamente è un atout, soprattutto a fronte dei 1,374 milioni di clienti cui arriva Hera con l’aggregazione di AcegasAps.
La divisione delle acque
Quei clienti che, nell’energy (gas più energia elettrica), sempre grazie all’utility del Nord Est superano già adesso la soglia dei due milioni. Un valore che, prima del merger, era l’obiettivo fissato al 2015. Un anticipo, insomma, nella road map che si replica pro-forma nel settore idrico (il cui contributo al mol complessivo al 31/3/2012 è pari al 16,1%). Secondo il piano industriale pre-merger, il target 2015 è di 1,24 milioni di contratti. Il numero, compresa Acegas, è oltre 1,4. Il dato ovviamente è rilevante. Anche perchè il business dell’acqua è regolamentato e, quindi, offre più certezze di redditività. E proprio il ciclo idrico, il cui Ebitda nel primo trimestre dell’esercizio è salito dell’8,1%, potrebbe dare la mano per spingere l’utile complessivo. Quei profitti che, sempre nel primo trimestre, (a fronte di ricavi in rialzo del 21,9%) si sono assestatati a 69,8 milioni (-6,3%), seppur soprattutto a causa del più alto tax rate.