G. Tr., Il Sole 24 Ore 5/8/2012, 5 agosto 2012
COMMERCIALISTI, DOPPIO NODO SUL TIROCINIO
Si gioca sulle nuove regole del tirocinio la partita più delicata nella riforma delle professioni vista con gli occhi di dottori commercialisti ed esperti contabili, che in molti dei capitoli chiave del nuovo regolamento trovano invece fissate dalla legge norme già presenti nel loro ordinamento.
Lo snodo cruciale, sul tirocinio, non è tanto il taglio dei tempi, con il nuovo tetto a 18 mesi, ma l’esigenza di un passaggio "ordinato" tra vecchie e nuove regole. I commercialisti sono infatti l’unica categoria ad aver già attivato un ampio sistema di convenzioni con gli atenei, con la possibilità di incrociare il periodo di tirocinio con la laurea specialistica: la regola dei 18 mesi attuata dal regolamento impone naturalmente di rivedere le convenzioni per adeguarle al nuovo calendario, ma resta da chiarire il destino dei percorsi già attivati con le nuove regole. Il Dpr, infatti, da un lato chiarisce (articolo 6, comma 14) che le norme del regolamento si applicano ai tirocini avviati dal giorno dopo la sua entrata in vigore, ma fa salve le previsioni del Dl liberalizzazioni di gennaio (articolo 9, comma 6 del Dl 1/2012), che già prevedeva il tetto a 18 mesi. Senza una clausola esplicita che salvaguardi le vecchie convenzioni in attesa delle nuove, c’è il rischio di un buco normativo con il caos che ne consegue.
Sempre sul canale di accesso alla professione, il regolamento offre una novità importante che apre ai tirocinanti le porte degli uffici pubblici: anche qui sarà una convenzione, con il ministro della Pubblica amministrazione, a regolare la materia, ma la prospettiva è interessante per il peso crescente che la contabilità pubblica ha nell’attività professionale (e in quella formativa svolta dal consiglio nazionale). Per sei mesi, inoltre, il tirocinio può essere svolto presso enti o professionisti stranieri.
Rispetto alla prima versione del provvedimento, torna la centralità della parte di praticantato da passare in studio, che potrà (ma non c’è più l’obbligo) essere affiancato da sei mesi di corsi di formazione post-lauream. Anche su questo aspetto viene assegnato un ruolo di primo piano alle professioni, perché i consigli nazionali dovranno regolare (con il via libera ministeriale) le modalità dei corsi, che dovranno durare almeno 200 ore, contenuti formativi essenziali e criteri per l’assegnazione dei crediti. Anche su questo versante, nel caso dei commercialisti non si tratta di un inedito ma di un’evoluzione di prassi già avviate sul campo della formazione continua: in pratica cresce, e si allarga alla formazione iniziale, il peso dei parametri che il consiglio nazionale detta per lo svolgimento dei corsi, e che da indicazioni si trasformeranno in norme ordinamentali.
L’altro capitolo del regolamento in grado di offrire novità importanti alla categoria è quello relativo al procedimento disciplinare (articolo 8), dove si prevede la specializzazione di chi sarà chiamato a giudicare i propri colleghi. Il collegio di disciplina sarà infatti composto da professionisti che non potranno più sedere anche nel consiglio dell’ordine, e si potrà aprire a membri esterni. La regola, anzi, sembra quasi "suggerire" la possibile presenza di magistrati in pensione, quando spiega che il membro esterno può essere nominato presidente per anzianità perché in questo caso il parametro è solo anagrafico e non viene calcolato sugli anni di iscrizione all’ordine. La prospettiva, quindi, potrebbe essere quella di una separazione dei "probiviri" dai consigli attuali, senza incrementare il numero massimo di persone impegnate ma introducendo una divisione più rigida dei compiti.
Sa di evoluzione anche la regola sulle assicurazioni, che offre un anno di tempo ai professionisti per organizzarsi. I commercialisti hanno già una polizza convenzionata, che ha cominciato ad abbattere i costi di assicurazione, ma l’idea è ora quella di avviare strumenti più tarati sui rischi da coprire. Si pensa, in particolare, a polizze più leggere per i giovani, che spesso fatturano soprattutto con lo studio in cui lavorano e hanno redditi e rischi minori rispetto a chi ha incarichi sindacali.