Rossella Cadeo, Il Sole 24 Ore 6/8/2012, 6 agosto 2012
IMMIGRATI, EMERSIONE A CARO PREZZO
Non ci sarà un click day né è previsto un tetto numerico, ma un percorso in più fasi: il versamento di un contributo all’Inps, una finestra di 30 giorni per la presentazione della domanda e – se tutto è a posto – la convocazione presso lo Sportello unico per l’immigrazione per la firma del contratto di lavoro e il versamento di tasse e contributi. In attesa (entro il 29 agosto) del decreto interministeriale con le istruzioni dettagliate, è questo a grandi linee l’iter che dovrà seguire chi ricorre a immigrati senza documenti e voglia aderire al "ravvedimento operoso" previsto dall’articolo 5 del Dlgs 109/2012. Un decreto che attua la direttiva 2009/52/Ce volta a inasprire le sanzioni per chi impiega irregolarmente cittadini stranieri.
A fronte di un iter che appare semplice, il conto è però salato: oltre 4mila euro per una colf, 14mila nel caso di un lavoratore edile e 13mila per un bracciante (con il rischio tra l’altro di non vedersi rimborsare il contributo una tantum se la pratica non ha esito positivo).
Un "salasso" che potrebbe non invogliare i datori di lavoro a sistemare gli stranieri "in nero", tanto che per il Governo non saranno più di 100-150mila (un terzo rispetto alla stima di 500mila irregolari presenti in Italia) le adesioni all’emersione.
Molto più ampia invece (380mila persone) la potenziale platea secondo le elaborazioni della Fondazione Leone Moressa che, partendo dai dati di Ismu, Istat e dei ministeri di Interno e Lavoro, ha considerato due parametri: le domande inevase dai precedenti decreti flussi e il numero di disoccupati extracomunitari da oltre sei mesi che possono essere ritenuti lavoratori sommersi.
Secondo le previsioni della Fondazione, in quasi un caso su tre (29,3%, per un totale di circa 111mila persone) la sanatoria interesserà il settore dei "servizi alla persona", quindi in prevalenza colf e badanti. Poi ci potrebbero essere anche oltre 83mila addetti alle imprese manifatturiere (22%) e più di 47mila edili (12,4%), in totale un altro terzo di stranieri in nero (si veda il grafico a fianco).
«L’ipotetica platea di 380mila soggetti che potrebbero essere regolarizzati, sembra essere distribuita in maniera più omogenea nei settori di attività rispetto a quanto è avvenuto per i più recenti decreti flussi, per i quali la quasi totalità delle domande era rivolta al lavoro domestico (colf, bandati) – osserva Valeria Benvenuti, ricercatrice della Fondazione –. Anche in questo caso la maggior parte delle richieste riguarderà però tale settore, ma probabilmente le famiglie che ne faranno richiesta saranno numericamente inferiori rispetto al passato, non tanto per una mancanza di domanda, quanto per il costo che tale manovra avrà sui bilanci delle famiglie».
Anche i privati devono fare i conti con l’attuale difficile congiuntura e potrebbero anche decidere di non intervenire sulle posizioni irregolari. È vero infatti che nel Dlgs 109/2012 c’è un giro di vite per i datori che impiegano uno straniero senza permesso di soggiorno, ma anche il costo del "ravvedimento" non è di poco conto, tra una tantum e altri versamenti (si vedano gli articoli e la tabella in basso).
«Il costo della regolarizzazione prevede oltre al contributo di 1.000 euro per ciascun lavoratore, anche la regolarizzazione delle somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale per almeno sei mesi – spiega Benvenuti –. Questo potrebbe costituire un forte deterrente per i datori che, soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale, dovrebbero sborsare cifre piuttosto ingenti per la regolarizzazione del proprio lavoratore extracomunitario. Per ovviare a tale onere da parte dei datori di lavoro(aziende e famiglie), non è da escludere il ricorso a un "compromesso" tra le parti, che vede il lavoratore extracomunitario pagare parte delle spese della regolarizzazione. Fermo restando che la somma in questione potrebbe risultare insostenibile per l’immigrato stesso, anche a fronte degli indubbi vantaggi che ne trarrebbe». Il lavoro domestico resta comunque sempre il più semplice e il più conveniente da regolarizzare (non avendo neppure il paletto del tempo pieno) e non è escluso quindi l’inquadramento di altri profili di lavoratori con la qualifica di colf o badanti.