Riccardo Sorrentino, Il Sole 24 Ore 6/8/2012, 6 agosto 2012
Le prospettive, ormai, sono cambiate. La Fed ha promesso nuovi interventi, lasciando intendere che saranno decisi, la Bce ha disegnato una strada, sia pure tortuosa, per effettuare nuovi acquisti di titoli di Stato e non ha certo interrotto la manovra espansiva "classica", il taglio dei tassi e la creazione di liquidità
Le prospettive, ormai, sono cambiate. La Fed ha promesso nuovi interventi, lasciando intendere che saranno decisi, la Bce ha disegnato una strada, sia pure tortuosa, per effettuare nuovi acquisti di titoli di Stato e non ha certo interrotto la manovra espansiva "classica", il taglio dei tassi e la creazione di liquidità. I mercati volevano qualcosa di più e subito: sicuramente a causa di qualche errore di comunicazione delle Banche centrali; ma anche perché gli investitori sono da diversi anni un po’ "viziati" dalla politica monetaria. Bisognerà, quando i tempi si saranno calmati, che i banchieri centrali si pongano qualche domanda al proposito. Superata però la parentesi delle aspettative deluse, resta comunque il fatto che la politica monetaria è sempre più orientata verso l’espansione. È chiaro a chi tocca fare prima e di più: alla Banca centrale europea. È Eurolandia che diffonde nel mondo i semi della recessione e quelli dell’incertezza: l’economia dell’Unione monetaria perde colpi, mentre la crisi delle finanze pubbliche preoccupa tutto il mondo. Il presidente Mario Draghi, nella sua conferenza stampa del 2 agosto, ha detto chiaramente che nel corso del consiglio direttivo di quella mattina si era discusso di un taglio di tassi, anche se si era convenuto che i tempi non erano ancora maturi. A settembre, dunque, i tassi potrebbero essere tagliati ancora: questo si aspettano i mercati e nulla, al momento, esclude un simile passo. Sia chiaro: gli effetti non saranno molto grandi, ma è importante che la Banca centrale continui a segnalare la sua determinazione a intervenire a sostegno di una stabilità dei prezzi minacciata dalla contrazione dell’economia. Il Fondo monetario internazionale ha chiaramente lanciato un allarme deflazione, che è ancora - per fortuna - un rischio, ma tale da dover essere preso in considerazione. Mantenere le aspettative vive è fondamentale. Soprattutto tenuto conto dei mille ostacoli che la sua azione incontra, tra la rigidità della Bundesbank, i vincoli dei trattati e il gioco con i governi, per i quali deve restare l’incentivo ad andare avanti nelle riforme e nel risanamento dei conti pubblici: questa "spinta" verrebbe meno se la Bce rivelasse l’intenzione di sostituire il suo intervento alla politica fiscale. La Federal Reserve ha un po’ meno fretta, ora che l’ultimo dato sul mercato del lavoro, quello relativo a luglio, è stato meno negativo del previsto e ha un po’ ridotto - almeno tra gli economisti che seguono la banca centrale Usa - quel senso di urgenza che sembrava emergere dall’ultimo comunicato. È vero però che, dopo la prossima riunione dei governatori americani il 12 e 13 settembre, gli Stati Uniti entreranno in piena atmosfera elettorale ed è improbabile - anche se non impossibile - che un organismo attento alla propria indipendenza lanci grandi iniziative - tutti si aspettano un terzo round di acquisti di titoli - così a ridosso del voto presidenziale di novembre.