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 2012  agosto 05 Domenica calendario

EFFETTO CREDIT CRUNCH SUI PRESTITI BANCARI IN UN ANNO ALLE IMPRESE 30 MILIARDI IN MENO


Le banche hanno buttato nel pozzo le chiavi dei forzieri. Strette tra crisi di liquidità e rafforzamento del capitale, hanno dato sempre meno ossigeno alle imprese. Il risultato è che nell’ultimo anno le aziende non finanziarie hanno subito una riduzione dei crediti bancari pari a 30,4 miliardi, meno 3,27%. Lo denunciano gli artigiani della Cgia di Mestre, che mettono però il dito nella piaga. I soldi, quei pochi
che ci sono, finiscono sempre più spesso nelle mani dei soliti noti, grandi gruppi e società industriali (quelli che si accaparrano il 10% dell’80% di prestiti concessi alle imprese non finanziarie). È dunque solo ai clienti più affidabili che le banche prestano facilmente liquidi? Tutt’altro. Analizzando i dati della Banca d’Italia, la Cgia conclude che quel 10% pesa per quasi l’80% delle insolvenze totali. «Insomma, i soldi vanno a pochi che non sono per niente affidabili - dichiara il presidente Giuseppe Bortolussi - penalizzando
così la quasi totalità delle imprese». Il motivo è che «nei consigli di amministrazione dei principali istituti bancari, che controllano buona parte del mercato del credito, siedono i big delle nostre grandi imprese». Dunque, è la conclusione, le piccole
e medie imprese, quelle che fanno fatica a pagare gli stipendi, finanziano quelle grandi, che spesso sono in perdita.
La Cgia di Mestre parla chiaro, ma lo stesso Governatore di Bankitalia Ignazio Visco, intervenendo
a luglio all’assemblea delfacendo
aveva chiesto alle banche di finanziare le aziende che vantano progetti solidi e non sulla base di «relazioni e legami». Mai come in questo momento, aveva ricordato, «le banche sono chiamate a fare bene il loro mestiere». Cosa che secondo il Censis non stanno
al meglio: il 50% della aziende, scrive in un’indagine pubblicata a luglio l’istituto di ricerca, ha rapporti difficoltosi con le proprie banche di riferimento. Che i soldi finiscano nelle mani dei “raccomandati” è un problema in più, ma non il problema. Il nodo è la stretta al credito, che colpisce le piccole e medie imprese (tant’è che l’Abi ha varato a febbraio la moratoria per i crediti e messo a disposizione due plafond da 10 miliardi ciascuno). Un incubo che colpisce l’Italia ma in parte anche il resto d’Europa (almeno quello più in sofferenza). Secondo la Bce infatti fra ottobre e marzo, sono aumentati del 13% i casi di rifiuto a ottenere un finanziamento.
Non tutte le piccole e medie imprese soffrono però allo stesso modo. Più colpiti servizi e edilizia. Le Regioni più in difficoltà sono Molise (-6,68%), Sardegna (-5,15%), Calabria (- 5,11%) e Umbria (-4,44%). «Un crollo nelle erogazioni di queste dimensioni - aggiunge Giuseppe Bortolussi - sta mettendo a dura prova la tenuta finanziaria soprattutto delle piccole imprese». Tant’è che secondo Unimpresa è a rischio fallimento un’azienda su tre. «E sono sempre più i piccoli imprenditori - spiega Luigi Busà, presidente Sos Imprese di Confesercenti - che per timore di finire protestati si rivolgono all’usura».