La repubblica.it, 6 agosto 2012
Articoli su Miriam Mafai dalla Repubblica ALLA CAMERA TARGA IN SALA STAMPA PER MAFAI ROMA - Una targa e un’ area della sala stampa della Camera dedicate a Miriam Mafai
Articoli su Miriam Mafai dalla Repubblica ALLA CAMERA TARGA IN SALA STAMPA PER MAFAI ROMA - Una targa e un’ area della sala stampa della Camera dedicate a Miriam Mafai. La cerimonia si è svolta ieri a Montecitorio, con il presidente Gianfranco Fini, il direttore di Repubblica Ezio Mauro e la presidente dell’ Associazione stampa parlamentare Alessandra Sardoni. In un messaggio il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha definito la Mafai, scomparsa il 9 aprile, «una donna dal forte temperamento professionale e morale, che ricordo con affetto per la sua passione e il suo rigore». "Le avrebbe fatto molto piacere. Qui ha unito le sue due grandi passioni: il giornalismo e la politica", il direttore di Repubblica commenta l’inaugurazione di una parte della sala stampa di Montecitorio dedicata a Miriam Mafai La Repubblica 19/7/2012 MIRIAM MAFAI A GENOVA ADOLESCENTE E CLANDESTINA– NON è privo di significato questo appunto scritto in memoria di Miriam Mafai che visse nella nostra città qualche anno, da rifugiata, quando il padre, il pittore Mario Mafai, e la madre, la pittrice e scultrice Antonietta Raphael, di origini ebraiche, avevano lasciato Roma dove erano braccati. Per molte ragioni mi ritengo fortunato poiché a rendermi unici e straordinari certi avvenimenti furono certamente le circostanze; accadute, che fossero, come per un imprevisto prodigio o, se si opta per il caso, attraverso la temporalità acronica di avvenimenti che, io senziente o meno, mi coinvolsero. Dell’ ingegnere Alberto Della Ragionee della sua prestigiosa collezione avevo saputo, quindicenne, da Palma Viardo, sodale di Attilio Podestà, che era sfollata nello stesso luogo che mi ospitava, Molare. Il caso, appunto, con le riflessioni di Monod ancora a venire, quella volta, infatti, prese piacevole consistenza la combinazione che la famiglia di Palma e la mia abitassero a Genova lo stesso edificio e che mio padre e il fratello di Palma, Leone, si conoscessero e fossero in confidenza. Da lì - per quanto influenzato, per l’ età, da mille suggestioni - iniziarono, di fatto, più profondi i miei interessi per la cultura in generale e, specificamente, la passione per l’ arte e per le sue problematiche. Inoltre, successiva alea, accadde frattanto che il maggiore dei miei fratelli divenisse compagno di studi del fratello della ragazza che poi sposai. Di conseguenza ne conobbi, così, intimamente, la famiglia che, guarda caso, era affiatata, da anni, con quella dell’ ingegnere Alberto Della Ragione. Fu naturale, di conseguenza che, a guerra terminata e io, ormai diciottenne, desiderassi conoscere l’ importante collezionista e guardare la sua importante raccolta. Così seppi, ma non da lui che era persona riservata, la sequela dei suoi interventi: l’ aiuto a Guttuso, e, in tempo di guerra, il rifugio, ritenuto eversivo da leggi inique allora correnti e, quindi, rischiosissimo in clima fascista, alla famiglia del pittore Mafai. Alberto Della Ragione cercò e trovò casa ai Mafai (Mario, ricercato anche per essere stato tra i promotori di Corrente, la di lui consorte, pittrice e scultrice Antonietta Raphael, che era stata allieva di Jacob Epstein e aveva frequentato gli artisti della scuola di Parigi, e le figlie); li ospitò spesso nella sua casa di Quarto, procurò loro documenti falsi (Mario, mi par di ricordare, infatti, che fu, per poco tempo, il ragioniere Novi e, infine e a maggior protezione, un noto pittore Mario Volpi. Miriam era la maggiore delle figlie Mafai e la ricordo come fosse, di fatto, l’ unica volta che la incontrai, nell’ inoltrata primavera del 1945, quasi ventenne, giovane, dunque, di per sé attraente e fascinosa, soprattutto per le idee e le parole eloquenti con le quali comunicò agli astanti, durante una vasca nella più prestigiosa via cittadina, le sue preferenze artistiche. Mi fu presentata, sul mezzogiorno, in via XX Settembre dal poeta Nicola Ghiglione che mi aveva appena mostrato i suoi Canti civili, illustrati, per iniziativa di Palma Viardo, dal giovane pittore Guido Chiti (che, successivamente, la sposò) molto apprezzato e protetto dall’ ingegnere Della Ragione. Di Miriam Mafai, che non ebbi più occasione alcuna di rivedere, non ricordo la mise mentre rammento benissimo la naturale eleganzae che portva, sottobraccio, una borsetta scura, dalla cerniera opportunamente allentata sì da lasciare fuoriuscire, mite, la testina dagli occhi neri, vivaci e curiosi, di un topolino bianco. Fonte: Germano Beringheli, La Repubblica 24/4/2012 MIRIAM MAFAI Sono trascorse appena due settimane dalla morte di Miriam Mafai e oggii tanti, tantissimi lettori che per decenni l’ hanno seguita dalle colonne di questo giornale, avranno modo di riaccostare la sua indimenticabile figura leggendo Pane nero, che esce allegato al quotidiano. In una data nient’ affatto casuale: giusto quel 25 aprile, ricorrenza della liberazione dal nazi-fascismo, su cui il libro chiude il suo racconto di guerra. Anche se poi la guerra Miriam la racconta a modo suo, ed è un modo davvero speciale. Le protagoniste di questo lungo viaggio dal ’ 40 al ’ 45, assieme tragico e avventuroso, si chiamano Bianca, Marisa, Zita, Lela, Adriana, Carla, Silvia, Lucia... E l’ autrice del libro ne raccoglie le voci intessendole tra loro per dare forma a un coro tutto femminile, dove finalmente assume la parola chi, sotto la pressione di quella terribile contingenza storica, si trovò a prendere in mano, per la prima volta, il proprio destino. L’ intento del libro è chiarito da subito, nelle pagine introduttive. Tra le diverse "coreute" c’ è chi, una volta scoppiato il conflitto, finisce col guidare il tram e chi per fare la postina, chi organizza scioperi in fabbrica e chi assalta i forni, chi crede fino in fondo nella vittoria di Hitler e Mussolini e chi fa la staffetta partigiana. Eppure, annota la scrittrice, nelle differenti testimonianze una frase continua a riecheggiare: «...Però, è stato bello». Come spiegarsi un’ affermazione tanto insolita, stridente? «Forse perché ognuna di noi divenne, nel pericoloe nella miseria, più padrona di se stessa». Se la guerra scardina ogni ordine, nello smottamento va compresa anche la rigida fissità dei ruoli sessuali. È da questa particolare prospettiva che prende le mosse il racconto di Pane nero: incalzante, turbinoso, drammatico. Ma non privo, a tratti, di annotazioni più leggere. Perché la guerra, oltre ad essere bestiale, è anche sommamente ingiusta. E accanto a fame, freddo e morte, lascia spazio per le feste, il lusso, il gioco d’ azzardo - almeno per alcuni. L’ occhio di Miriam è troppo curioso e smagato per non darne conto. Il quadro deve essere quanto più possibile completo, veritiero. E così è, grazie a una scrittura che combina al meglio l’ immediatezza del reportage giornalistico, la puntualità del saggio storico e il respiro del "romanzo" collettivo. Pagina dopo pagina, il lettore rimane inchiodato a una vicenda che lo coinvolge con i suoi orrori e le sue efferatezze, ma anche con i mille slanci di coraggio, riscatto civile, solidarietà umana, nuova consapevolezza politica. Refrattaria a qualunque retorica e sentimentalismo, proprio per questo Miriam Mafai riesce a restituire appieno il pathos individuale e collettivo che anima quel cruciale passaggio storico. Senza dimenticare mai il suo peculiare punto di osservazione. Quando, all’ inizio del conflitto, sono partiti per il fronte padri, mariti e fratelli, le donne hanno scoperto con sgomento il senso di una nuova libertà. Costrette dagli eventi ad abbandonare il vecchio ruolo di madri e mogli esemplari, si sono trovate per la prima volta in mare aperto. E si sono inventate nuovi lavori, hanno combattuto con le unghie e con i denti per rimediare un po’ di cibo, hanno offerto ospitalità agli sbandati e ricoperto pericolosi incarichi nella guerra partigiana. Ma ora che le ostilità sono cessate, tutti, da destra e da sinistra, raccomandano di tornare all’ ordine: «siate miti, siate dolci, siate sottomesse». La «trasgressione» legittimata dalla guerra viene negata, a favore del restauro di un’ immagine convenzionale. Ma le donne non saranno mai più quelle di prima. Anche grazie a libri come questo, scritto affinché nella memoria collettiva resti traccia di quel momento di protagonismo femminile. Franco Marcoaldi, la Repubblica /4/2012 MAFAI, L’ ULTIMO SALUTO GRAZIE PER LA PASSIONE– Dolce di cuoree forte di testa: così era Miriam Mafai per chi la conoscevae così l’ hanno ricordata tutti gli amici, i politici, i colleghi di lavoro, i familiari che ieri mattina hanno partecipato alla sua commemorazione a Roma, in Campidoglio. «Una giovane ragazzina di 86 anni» l’ ha definita Franco Marcoaldi, «una signora romantica» ha detto la figlia Sara Scalia, che ha parlato per prima nell’ affollatissima Sala della Protomoteca, accanto al feretro appoggiato su un drappo rosso e incorniciato dai cuscini di fiori (sul fondo c’ era la corona del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha reso omaggio all’ amica martedì nella Camera Ardente). «Ogni volta che salivamo su per via Dandolo, la strada che va verso casa - ha aggiunto Sara - mamma mi chiedeva di andare piano: "Voglio ammirare il profilo dei Castelli; mio padre si fermava spesso in questo punto per dipingere i tetti rossi della città", aggiungeva sempre». Un ricordo privato, un piccolo, emozionato racconto, questo ha fatto Sara per la madre, aggiungendo: «Aveva iniziato a scrivere un’ autobiografia; il primo capitolo doveva intitolarsi "Mio padre aveva un atlante". Un libro in cui voleva ricordare la passione che lei e i suoi genitori avevano per i viaggi. Passione che ha trasmesso anche a noi. Amava moltissimo la Turchia e molto prima che diventasse una moda abbiamo conosciuto il profumo del cous cous o del kefir, che è come lo yogurt». C’ erano i suoi direttori, Eugenio Scalfari e Ezio Mauro. C’ erano Giuliano Amato, Anna Finocchiaro, Mario Pirani, Livia Turco, Walter Veltroni, Furio Colombo, Claudio Petruccioli, Emma Bonino, Emanuele Macaluso, Enrico Mentana, Valentino Parlato, Antonio Di Bella... Di lato, accanto alla bara, c’ era la famiglia: i figli, i nipoti, i pronipoti (le amatissime gemelle), le sorelle. «Per tanto tempo ho pensato che mia madre fosse una donna assai severa» ha detto Luciano, il figlio «Era severa, sì, ma anche giusta. E allora siamo diventati dei veri amici. Un rapporto inconsueto tra madre e figlio, ma è stato così». Claudia Mancina, docente di Etica all’ Università la Sapienza, ha parlato della Mafai politica, della sua vicinanza al Pci: «Un partito nel quale ha militato con passione ma verso cui non aveva rimpianti, spiegando il suo distacco nel libro freddo, ma pieno d’ amore Botteghe oscure addio ». Anche la Camera ha reso onore alla memoria dell’ indimenticabile firma de la Repubblica, osservando un minuto di silenzio. «È stata una delle più importanti personalità femminili del paese», ha sottolineato il presidente Gianfranco Fini. Le ceneri di Miriam Mafai saranno tumulate nel cimitero Acattolico, alla Piramide. «Chi vuole potrà andarla a salutare lì» è stato l’ invito dei figli a conclusione della cerimonia. E con una mail ( unastradapermiriam@gmail.com) e una pagina facebook Maria Pia Ercolini, leader del progetto "Toponomastica al femminile" ha già lanciato la campagna per intitolare un viale della romana Villa Pamphilj alla grande giornalista scomparsa, che dalle sue finestre vedeva lo storico parco. Alessandra Rota, la Repubblica 12/4/2012,