Paolo Mastrolilli, la Stampa 6/8/2012, 6 agosto 2012
GLI USA LAVORANO AL DOPO-ASSAD PIÙ AIUTI E ASSISTENZA AGLI INSORTI
Il dipartimento di Stato e il Pentagono stanno già lavorando alla Siria del dopo Assad, aiutando i ribelli, fronteggiando la crisi umanitaria, e creando le condizioni per evitare un vuoto di potere dopo la caduta del regime. Questo mentre il capo della diplomazia Hillary Clinton prepara una visita in Turchia, prevista per sabato prossimo, proprio allo scopo di discutere la crisi con l’alleato più coinvolto nelle operazioni. Sono tutte notizie che confermano l’accelerazione del confronto sul terreno, dopo che l’intransigenza russa e cinese ha impedito di trovare una soluzione diplomatica all’Onu.
Il New York Times ha rivelato che i preparativi hanno cambiato passo proprio quando si è capito che Mosca avrebbe impedito il successo della mediazione di Kofi Annan. A quel punto, basandosi sull’esperienza negativa del dopo guerra in Iraq, il dipartimento di Stato e il Pentagono hanno costituito cellule incaricate di gestire i vari aspetti della transizione, anche per evitare l’esplosione di un’emergenza proprio durante le elezioni presidenziali. Washington ha già stanziato 25 milioni in aiuti diretti ai ribelli, e 76 per quelli umanitari.
Gli sforzi di Foggy Bottom sono coordinati dal vice segretario di Stato William Burns, e quindi al massimo livello. Il dipartimento ha creato uffici dedicati alle questioni umanitarie, la ricostruzione economica, la sicurezza, il controllo delle armi chimiche possedute da Damasco, e la transizione politica. Questo aspetto è guidato dall’ex ambasciatore in Siria Robert Ford, che la settimana scorsa ha incontrato oltre 250 oppositori siriani al Cairo, per cercare di costruire un fronte unito dei ribelli capace di esprimere un governo di unità nazionale e tenere fuori dal processo Al Qaeda e gli altri estremisti.
Il Pentagono invece ha mobilitato il Central Command di Tampa, cioè quello che si occupa del Medio Oriente, formando dei «crisis action team», ossia unità di crisi con compiti specifici. Il più importante è localizzare e neutralizzare le armi chimiche, che lo stesso regime ha minacciato di usare in caso di invasione esterna. Quindi sono stati offerti aiuti a Giordania e Turchia per difendere i loro confini e prepararsi all’arrivo dei profughi. Il segretario alla Difesa Panetta ha discusso i dettagli con il re Abdullah II, giovedì ad Amman, e anche se l’intervento militare è formalmente escluso, il Pentagono ha pronti gli eventuali piani.
Queste sono le operazioni ufficiali in corso, ma a fianco ci sono quelle coperte. Il presidente Obama ha firmato l’ordine che consente alla Cia e agli altri servizi segreti di operare. Al momento dovrebbero limitarsi all’assistenza dei ribelli con mezzi non letali, come le comunicazioni, ma è noto che Turchia, Arabia Saudita e Qatar stanno armando da tempo l’opposizione, con mitra, munizioni, dispositivi anti carro armato e altre forniture. Gli agenti americani sono sul terreno per aiutare gli alleati a indirizzare questi aiuti verso gruppi non ostili.
In questo quadro, sabato prossimo Hillary Clinton sarà a Istanbul per discutere la situazione. Sul tavolo però ci saranno gli aspetti operativi, a meno che la Russia non capisca che senza un accordo diplomatico si va verso l’escalation militare.