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 2012  agosto 03 Venerdì calendario

“LOTTA ALL’EVASIONE? I COMUNI ITALIANI NON SI IMPEGNANO”

Le spese non scendono abbastanza, perché costi di personale e interessi sul debito pesano ancora troppo, e nei bilanci spesso non viene fatta abbastanza pulizia, a cominciare dai tanti residui attivi dubbi. Il rischio di dissesto per molti enti locali è vero, denuncia il presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino. Che punta il dito anche contro gli scarsi risultati della lotta all’evasione condotta dai Comuni, ai quali peraltro sarebbero destinati il 50% degli introiti. «L’apporto dei Comuni all’azione di accertamento spiega il capo della nostra magistratura contabile - è stato alquanto circoscritto in valori assoluti e fortemente concentrato sul piano territoriale. In sostanza, le somme riconosciute ai Comuni nel 2010 non arrivano a 1,2 milioni di euro distribuiti su 973 accertamenti, per lo più concentrati in Emilia Romagna (91,6%)».

Presidente, i Comuni contestano i nuovi tagli imposti dalla spending review, li definiscono insopportabili. Lei cosa ne pensa?

«Il comparto della finanza locale registra, negli ultimi esercizi, un progressivo irrigidimento della spesa corrente. Nonostante la riduzione, in termini aggregati di questi valori, anche per effetto di misure di contenimento che dalla manovra estiva del 2011 vanno a incidere soprattutto sulla spesa di personale, i saldi di parte corrente non migliorano in misura proporzionale. E peraltro ci sono segnali che evidenziano nel 2011 difficoltà da parte dei Comuni nel controllo dei conti. Ciò è l’effetto del progressivo decremento delle entrate e, tra queste, di quelle per trasferimenti erariali, non compensate da un pari taglio delle spese, le quali denotano un carattere fortemente rigido per l’incidenza significativa, soprattutto nei piccoli Comuni, delle spese di funzionamento dell’ente a cominciare da quelle del personale, e per l’incidenza degli oneri per ammortamento del debito».

Ci sono ancora margini di risparmio applicabili a livello locale senza arrivare a compromettere i servizi?

«Manovre sulla spesa discrezionale sono possibili nella misura in cui, senza compromettere livello e qualità dei servizi, venga data attuazione anche al principio di sussidiarietà orizzontale, penso innanzitutto alla spesa sociale. Ma resta inteso che più ampi margini di risparmio vengono essenzialmente da un processo di razionalizzazione degli apparati. Occorre eliminare le ridondanze della spesa. Soprattutto gli enti più piccoli devono orientarsi sempre di più verso una gestione associata dei servizi e poi vanno proseguite tutte le azioni dirette ad una revisione generale del sistema degli organismi e delle società partecipate».

Una delle ultime novità riguarda la gestione dei residui attivi che vanno tagliati del 25%. Spesso si tratta di poste che, semplificando, potremmo definire quasi fasulle.

«La gestione dei residui ha sempre formato oggetto di analisi da parte della Corte: le Sezioni regionali di controllo della Corte rilevano ormai da anni situazioni patologiche nelle quali vengono accertati avanzi di amministrazione inattendibili o relativamente attendibili per la presenza di residui attivi insussistenti ovvero di dubbia esigibilità».

E i vostri interventi cosa hanno prodotto?

«A fronte delle pronunce delle Sezioni, le Amministrazioni hanno apportato le correzioni necessarie, cancellando i residui insussistenti o vincolando quota dell’avanzo di amministrazione finalizzato alla creazione di un fondo svalutazione crediti».

Crede, come denunciano tanti amministratori, che la sommatoria degli ultimi interventi di finanza pubblica possa portare molti enti al dissesto?

«Non può escludersi che in alcune realtà, nelle quali sino ad oggi non siano state effettuate puntuali operazioni di riaccertamento dei residui, possano fare emergere disavanzi di amministrazione di rilevante entità».

Negli ultimi due anni i dissesti sono aumentati considerevolmente di numero. I dati nascondono qualche patologia particolare?

«Dalle verifiche delle Sezioni regionali emerge che spesso i dissesti sono causati da squilibri nella gestione dei residui, dal mantenimento in bilancio di residui attivi inesigibili o di dubbia esigibilità, ovvero in crisi irreversibile di liquidità con ricorso sistematico ad anticipazioni di tesoreria di notevole entità, che diventano veri e propri finanziamenti, in ingenti debiti fuori bilancio per i quali l’ente non ha adeguate risorse per ottemperare agli obblighi intrapresi, in situazioni di disequilibrio di bilancio causato dalla sopravvalutazione di alcune entrate e dalla sottovalutazione di alcune spese».

Il governo sta studiando un «piano anti-dissesto» che vi assegna un ruolo importante. Cosa ne pensa?

«L’iniziativa allo studio del governo si muove, per certi versi, lungo un percorso già tracciato dalla Corte in questi mesi in cui si è fatta applicazione delle norme sulla procedura di accertamento del dissesto. In diversi casi, le Sezioni regionali hanno ritenuto di avviare la procedura in presenza di situazioni di pre-dissesto al fine di individuare un percorso di accompagnamento dell’ente verso il risanamento. L’iniziativa ora allo studio sembra seguire la stessa filosofia, individuando però un percorso formalizzato in un piano di rientro e diluito in un arco pluriennale».