Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  agosto 06 Lunedì calendario

MANHATTAN CAMBIA VOLTO ECCO LA NUOVA SKYLINE SULLE RIVE DELL’HUDSON

Manhattan è un’isola e — fatti salvi i grandi parchi e le isole di verde che la politica ambientalista del sindaco Bloomberg ha definitivamente sigillato — non ha praticamente più un chilometro quadrato libero. Se si vuole costruire lo si può fare solo in altezza, buttando giù vecchi caseggiati e innalzando grattacieli sempre più moderni.
Con un’eccezione. L’area di Midtown che costeggia l’Hudson, 60 blocchi tra la 28esima e la 33esima strada lungo le grandi
avenues
(decima, undicesima e dodicesima) del West Side. Un tempo desolato quartiere industriale, dove strade piene di buche portavano a vecchie rimesse per i
carri, magazzini un po’ lerci, appartamenti fatiscenti e a basso affitto, alimentari a poco prezzo diversi strip-club.
Era lì che una decina di anni fa, quando New York sognava di avere le Olimpiadi (proprio quelle che si svolgono in questi giorni a Londra), si prevedeva di costruire un nuovo stadio, centri commerciali, una parte di villaggio olimpico. Svanito il sogno, nel gennaio 2005 il progetto cambia. In quell’area nascerà la Manhattan del nuovo secolo, 2 milioni e 400 mila metri quadri che cambieranno il volto di New York ridisegnando la famosa skyline della “Grande Mela”: 20mila nuovi appartamenti, 16 imponenti grattacieli, il prolungamento della linea 7 della metropolitana, una scuola per 750 alunni, 200mila metri quadri per nuovi hotel, un modernissimo centro commerciale, oltre 100mila metri quadri di spazio aperto e verde. E l’Hudson Yards Project, ma viene già chiamata Hudson City, città avveniristica nel cuore di Manhattan. Costo dell’operazione 15 miliardi di
che finanzia il progetto (ha costruito il Time Warner Center, dove abita e lavora, ed è il proprietario dei Miami Dolphins, la squadra di football della sua città natale) assicura che il primo grattacielo — una torre di 46 piani del costo di 1 miliardo e 300 milioni di dollari
dollari, subito dopo l’estate il via ai lavori.
È il più grande progetto di edilizia privata di New York dagli anni Trenta, quando in piena Grande Depressione venne costruito il Rockefeller Center. Stephen Ross, il principale imprenditore
— sarà pronto e inaugurato per il 2015. Con un grande atrio in vetro lungo la High Line, la vecchia linea all’aperto della metropolitana che passava in mezzo ai palazzi di Chelsea e i cui vecchi binari da qualche anno sono stati trasformati in una piacevole passeggiata tra fiori e piante.
La prima torre fa parte del progetto più grande, affidato all’architetto Bill Pedersen, la cui società (Kohn Pedersen Fox Associates) ha costruito alcuni dei più grandi grattacieli del mondo in Cina, Corea e Hong Kong. «Nonostante i grattacieli siano la nostra specialità, costruire in quest’area di Manhattan non è affatto semplice visto che dobbiamo costruire sopra i vecchi binari delle ferrovie », sostiene Pedersen, «è quasi
come fosse un lavoro di dentisti». Una piattaforma da 800mila dollari coprirà i binari all’aria aperta che continueranno ad essere usati dalla Long Island Rail Road, la ferrovia che passa sotto la Penn Station (e il Madison Square Garden) e che unisce il West Side di Manhattan ai quartieri dell’est e a Long Island.
I media hanno definito il progetto «la frontiera finale di Manhattan», per gli architetti coinvolti sarà «il più moderno nuovo distretto di New York e dell’intera America», per l’economia della metropoli sarà un affare in tutti i sensi, cominciando da decine di migliaia di nuovi posti di lavoro per le prossime generazioni. Quando New York perse le Olimpiadi Bloomberg disse ai newyorchesi: «Non ce l’abbiamo fatta, ma non ci metteremo a piangere. Useremo questi progetti per cambiare la nostra città, per renderla ancora più bella e vivibile». La più grande città d’America è riuscita così a trasformare una sconfitta in una grande avventura urbana.