Beda Romano, Il Sole 24 Ore 3/8/2012, 3 agosto 2012
IL PREZZO PER ATTIVARE L’ANTISPREAD
Chi sperava ieri in un rapido intervento della Banca centrale europea per allentare le tensioni sui mercati è rimasto deluso. Molti hanno voluto fare buon viso a cattiva sorte, notando comunque l’impegno dell’istituto monetario ad acquistare titoli di Stato, se necessario. Al di là delle divisioni interne, la Bce vuole che i Governi dell’unione monetaria si assumano le proprie responsabilità, attivando prima di tutto i fondi di stabilità finanziaria della zona euro.
Ormai lo sguardo corre all’Efsf e all’Esm, che in base ai loro statuti possono non solo garantire linee di credito ai Paesi in difficoltà ma anche acquistare titoli di Stato sui mercati primario e secondario per calmierare i rendimenti obbligazionari. In queste settimane, l’unico strumento a disposizione è l’Efsf, dotato di circa 150 miliardi di euro. L’Esm potrà entrare in vigore solo a metà settembre dopo che la Corte costituzionale tedesca avrà dato il suo via libera.
Secondo lo statuto dell’Efsf, l’intervento sui mercati del fondo deve essere richiesto dal Paese in difficoltà che fa precisa domanda al presidente dell’Eurogruppo. «Un preavvertimento» in «circostanze eccezionali» può giungere dalla Bce, secondo la documentazione pubblicata dall’Efsf sul suo sito. Un’analisi dell’istituto monetario sarebbe comunque necessaria in tutti i casi. Una volta deciso, l’intervento potrebbe avvenire in breve tempo, due o tre giorni.
Alla fine di giugno il Consiglio europeo aveva precisato alcuni aspetti operativi, inserendo nero su bianco in un comunicato politico dettagli già previsti negli statuti dei due fondi. In particolare, con l’obiettivo di utilizzare i due strumenti «in modo flessibile ed efficiente», i Governi avevano ricordato che i fondi non devono necessariamente richiedere condizioni ulteriori rispetto per esempio alle specifiche raccomandazioni Paese pubblicate ogni anno dalla Commissione europea.
È comunque prevista la firma di un protocollo d’intesa. Questo dettaglio non è banale: rende l’operazione politicamente difficile da digerire per molti Paesi. La stessa Spagna ha appena firmato un memorandum in cambio di aiuti per 100 miliardi di euro al settore bancario in grave crisi finanziaria. Il contratto con l’Efsf prevede che il denaro possa essere utilizzato anche per acquisti di titoli sui mercati, sempre dopo la firma di un protocollo d’intesa.
In giugno, il Consiglio europeo si è accordato anche sulla non necessità di coinvolgere il Fondo monetario internazionale in un programma di acquisti di titoli di stato sui mercati. La principale differenza tra l’Efsf e l’Esm riguarda le modalità di voto. L’attivazione del primo dei due fondi prevede l’unanimità dei Paesi azionisti, mentre l’Esm (che a regime avrà 500 miliardi di euro) consente l’intervento d’emergenza del meccanismo di stabilità con una maggioranza dell’85% del capitale.
I due Paesi per i quali in questo momento l’aiuto dell’Efsf e dell’Esm potrebbe essere utile sono la Spagna e l’Italia. Ieri in un comunicato da Parigi il ministro delle Finanze Pierre Moscovici si è «congratulato» della presa di posizione del presidente della Bce Mario Draghi. «Se uno Stato membro dovesse fare domanda per un’assistenza finanziaria di questo tipo», ha detto, la Francia «ritiene che dovrebbe essere presa in considerazione rapidamente».
Per ora né da Madrid né da Roma giungono segnali di una prossima richiesta di aiuti ai due fondi finanziari. La questione non è solo di opportunità politica. L’Efsf ha poco denaro a disposizione per influenzare in modo durevole e convincente i mercati. Il contributo della Bce sarebbe necessario, se non addirittura urgente, per evitare che l’intervento delle istituzioni europee si trasformi in un pericoloso boomerang.