Ruth Evans, Panorama 2/8/2012, 2 agosto 2012
PERCHE’ IL GIAPPONE
In un quartiere elegante ed esclusivo di Tokyo, Toshiko Horikoshi si rilassa suonando il suo magnifico pianoforte. È un chirurgo oculista di successo, titolare di una clinica privata, proprietaria di un appartamento arredato con stile, con una Porsche parcheggiata in garage e due cagnetti di piccola taglia al suo fianco: Tinkerbell, un chihuahua, e Ginger, un barboncino. «In Giappone, chi possiede un cane lo considera come un figlio» dichiara Toshiko. «Io non ho figli, quindi amo profondamente i miei due cani». Sono molte le donne giapponesi che, come Toshiko, preferiscono gli animali da compagnia ai figli. In questo paese, in preda al panico di fronte al tasso di natalità in picchiata, attualmente ci sono più animali da compagnia che bambini. L’età media della popolazione giapponese continua ad aumentare a un ritmo costante, ma il paese è diventato una superpotenza in fatto di animali domestici. Secondo stime ufficiali, in Giappone la popolazione degli animali da compagnia ha raggiunto o forse superato i 22 milioni; in compenso i ragazzi di età inferiore ai 15 anni sono solo 16,6 milioni. Negli ultimi 10 anni il numero dei cani è aumentato esponenzialmente, insieme a quello delle famiglie senza figli. Come accade ovunque, molti proprietari di animali da compagnia stravedono per i propri cani, ma in Giappone i privilegi antropomorfi concessi ai migliori amici dell’uomo li rendono senza dubbio i più viziati del mondo. La quasi totalità dei cani è di una qualche costosa razza selezionata che viene venduta a prezzi da capogiro, 5 mila dollari o più; meticci o bastardini non sono presi in considerazione. I minuscolo cani da tenere in grembo, come bassotti nani, barboncini e chihuahua sono diffusi: la maggior parte degli abitanti di Tokyo, la città più popolosa del mondo, vive in piccoli appartamenti: un alano creerebbe problemi non trascurabili. Si stima che il valore dell’industria degli animali da compagnia superi il trilione di yen (10 miliardi di dollari) all’anno, settore che si è diversificato in negozi di specialità alimentari per cani, stabilimenti termali, corsi di yoga e ristoranti in cui i cani si accomodano su vere sedie per gustare pasti biologici cucinati apposta per loro. Nonostante la stagnazione economica, il numero dei cani continua a salire mentre l’attuale tasso di fertilità (1,39 figli per donna) è ben al di sotto dei numeri necessari per mantenere stabile la popolazione: il Giappone si è autoimposto la politica del figlio unico. «La ragione principale è che si fa meno sesso» afferma con disarmante semplicità Kunio Kitamara, direttore del Centro di ricerca per la pianificazione familiare del Giappone. Secondo una serie di indagini condotte su base annua da Kitamara, nel corso degli ultimi 10 anni la libido dei giapponesi è andata indebolendosi. Il tasso di natalità è sceso e si è ridotto l’uso dei contraccettivi, si praticano meno aborti e vi è una minore incidenza delle malattie a trasmissione sessuale. Fuori dalla stazione ferroviaria di Shibuya si trova l’incrocio più congestionato di Tokyo, dove 2 milioni e mezzo di pedoni sciamano ogni giorno attraverso lo «scramble crossing», il famoso attraversamento pedonale diagonale. Un luogo d’incontro molto frequentato in mezzo alla calca è la piccola statua di Hachiko, il cane che si racconta abbia atteso fedelmente alla stazione il suo defunto padrone ogni giorno dal 1925 al 1935 e che ha ispirato un famoso film con Richard Gere. La capitale del Giappone sembra davvero una città da cani: è più facile trovare un centro diurno canino che un asilo nido per un bambino. E si possono pagare fino a 100 dollari a notte per lasciare il proprio cane in un hotel per quadrupedi. Quando poi accade l’imponderabile, esistono persino dei templi in cui deporre i cani defunti per l’eterno riposo con riti buddisti completi: un funerale di lusso con cerimonia di cremazione può costare oltre 8 mila dollari. «Mi pare che le persone piangano più i propri animali che i genitori o i nonni» osserva un monaco presso un tempio millenario alla periferia di Tokyo. «La ragione è che considerano questi animali come figli, quindi per loro la morte dell’animale equivale alla perdita di un figlio». E racconta di un proprietario di un cane che ha pianto per una settimana dopo il decesso del suo animale, ma un giorno solo quando sono morti i suoi genitori. Nel monolocale situato in un quartiere periferico di Tokyo, Jiro Akiba serve alcune prelibatezze al suo cane Kotaro, un bassotto nano che pesa solo 3,4 chili. Il suo nome significa primogenito. «Per noi è come un primo figlio» racconta Jiro, che dichiara senza reticenze che per lui e la sua compagna il cane è il sostituto di un figlio. «È bello avere un cane se non hai figli, perché è piuttosto divertente prendersi cura di lui come se fosse un bambino ». A Jiro sarebbe piaciuto avere dei bambini, ma la sua compagna (editor freelance) non vuole abbandonare il lavoro ed è questa la ragione per cui non intende diventare madre. «Nella società giapponese per una donna avere un figlio e mantenere il posto di lavoro è un’impresa davvero ardua, quindi la mia compagna ha deciso di rinunciare e abbiamo preso un cane». Secondo Jiro, questo ha senso da un punto di vista economico, dal momento che a Tokyo il costo della vita è proibitivo, il prezzo delle case e i costi dell’istruzione scolastica sono molto elevati, come pure le tasse, ma sa bene che non avere figli avrà delle conseguenze sul suo futuro. «Tutti noi, aziende, governo, giovani e vecchi, dobbiamo pensare seriamente a questo problema» sostiene Ryuichi Kaneko, vicedirettore dell’Istituto nazionale di ricerca sulla popolazione e la sicurezza sociale «oppure il Giappone si troverà in grandi difficoltà ». Non tutti condividono il suo pessimismo. Forse un numero minore di abitanti non sarebbe una cosa negativa per queste isole sovraffollate. Un’opzione potrebbe essere quella di aumentare l’immigrazione; finora è stata piuttosto limitata. Una cosa è certa: tutto ciò che il Giappone ha tentato fino a questo momento è stato inefficace nell’arrestare il suo declino demografico. Occorrerebbero nuove idee per convincere un numero maggiore di giapponesi del fatto che nel lungo termine il migliore amico dell’uomo non può sostituirsi all’uomo stesso.