Terry Marocco, Panorama 2/8/2012, 2 agosto 2012
UOMO, FATTI PIÙ IN L
Mentre fa lo shampo, Alessandra non smette di parlare della sua «bambina»: «Quest’anno non vado in vacanza, resto a casa con la piccolina». E mentre uno si immagina la frugoletta («Dorme con me, la testa accanto alla mia sul cuscino, non esco neanche alla sera se lei non può venire») arriva il colpo a sorpresa. «E poi questa è un’estate importante: devo sterilizzarla». La piccolina non è la figlia, ma una cagnetta di nome Luna. «È lei al primo posto nella mia vita, solo dopo viene il mio fidanzato. Quando mi sposo, ho già deciso che sarà Luna ad accompagnarmi all’altare». Una volta c’erano i figli, adesso ci sono i cani e i gatti. Cani non cani e gatti non gatti, trasformati nel figlio che non si è riusciti o non si è voluto avere, portati a spasso in carrozzina come bebè, tenuti costantemente in braccio e fatti sedere a tavola con il bavaglino. Vezzeggiati, coccolati, vestiti con la stessa felpa simil- Zuckerberg di American Apparel, uguale a quella della padroncina, e trattati anche loro come eterni adolescenti. «L’animale è diventato punto di riferimento affettivo, dà sicurezza, placa la nostra diffidenza sociale e la nostra solitudine» spiega Francesca Mormando, psicoterapeuta che nel suo studio a Milano accoglie i pazienti con il suo schnauzer gigante sdraiato accanto al lettino. «Riversiamo su di loro i nostri vissuti, la voglia di essere leader o la paura di essere sottomessi, ci fanno sentire utili e non ci mentono mai». Da un recentissimo studio fatto dall’assessorato alle Politiche sociali del Comune di Milano è emerso che in città ci sono più cani che bambini: 82 mila contro 72 mila bimbi da zero a cinque anni. Ed è così anche nella capitale, dove sono 153.472 i cani censiti dall’anagrafe canina e 153.233 i bambini. Pure a Torino c’è stato il sorpasso: 70 mila cani contro 47.638 bambini, così a Palermo dove i bambini sono 40.906 e i cani di proprietà 55 mila. Vuoi mettere la soddisfazione tra educare un labrador e un adolescente malmostoso? Torni a casa la sera e il cane ti fa le feste, mentre tuo figlio non si schioda dall’iPad. Provi a uscire e rientrare dopo cinque minuti e il cane ti fa ancora le feste come se non ti avesse visto da mesi, mentre per tuo figlio continui a essere trasparente. «Trattiamo i nostri cani come adolescenti, li vediamo come altro da sé: sostitutivi della prole, ma anche del fidanzato o dei genitori. Questa è cinofollia e mai come in questi ultimi anni ha portato un aumento dei problemi comportamentali dei cani» sostiene Stefano Nicelli, giornalista e autore del divertente Il cane mi ha chiesto il motorino (Gruppo Editoriale Castel Negrino). Animali in crisi d’identità: labrador, tra i migliori cani da riporto, obbligati a fare da baby sitter; border collie, nobile razza proveniente dalle Highlands scozzesi, costretti nei loft milanesi depressi e curati a psicofarmaci. Ma niente pare fermare i «pet-obsessed», come li chiama il mondo anglosassone, quelli che vivono per il loro pet-figlio. Lo conferma una ricerca americana: li ricoprono di regali a Natale (che per il cane è un giorno come un altro) e per il compleanno e l’81 per cento li considera a tutti gli effetti membri della famiglia. Certo, pochi arrivano alle follie di Paris Hilton, che ha speso 350 mila dollari per costruire una casa identica alla sua al chihuahua. Non è questo l’amore per gli animali, è come giocare alle bambole, trasformandoli in patetici peluche dalle unghie smaltate, con il pelo acconciato come sciure (da Torino li mandano dal parrucchiere a Varese, dove pare ci sia un Vidal Sasson canino). Hanno armadi ad altezza cane stracolmi di capetti firmati, cucce di design rivestite da mosaici Bisazza; fanno merenda con gelati e birra appositamente creati per loro. In America nell’ultimo anno sono stati spesi 50 miliardi per i pet, da noi «solo» 3,5 miliardi. Allo stesso modo sono cresciuti i nostri numeri: 6 milioni 951 mila cani e 7 milioni 484 mila gatti. Una famiglia su quattro ha un animale in casa. «Trasformarli in esseri umani si chiama antropomorfizzazione: vogliamo farli diventare come noi, ed è questo uno dei vizi capitali di chi possiede un cane o un gatto» avverte Gabriele Bono, celebre etologo, professore emerito all’Università di Padova e autore per Carocci di Il confine superabile. «Ci comportiamo così perché è più facile fare rientrare il compagno in categorie che noi già conosciamo». Il risultato, spiega il professore, è bivalente: animali sempre meno animali, ma anche cani capaci di una svolta evolutiva che un tempo veniva attribuita solo ai primati: «Da questo punto di vista il cane soprattutto ha subito mutazioni tali da consentirgli di realizzare una forma di comunicazione con l’uomo che non ha precedenti, superando di gran lunga le scimmie». Lo conferma il regista Francesco Lagi, che sta preparando un film su cane e padrone, dove la protagonista sarà la sua cagnetta: «La mia Lina non è un cane, non è una donna, è mia sorella. Io non la umanizzo, semplicemente la capisco. Parlo con lei, certo non di Heidegger, ma di tempo e spazi sì. Comprende molte parole, sa quando parto e quando sto per uscire. È una comunicazione profondissima perché non verbale: la parola è annullata e il rapporto si basa su cose più importanti delle chiacchiere». Li trattiamo da umani e poi non capiamo i loro bisogni. Aldo La Spina, psicologo per cani, cura le loro depressioni, «in aumento, perché se noi siamo più depressi lo sono di riflesso anche loro e fanno uso massiccio di psicofarmaci proprio come noi». Konrad Lorenz, il famoso etologo premio Nobel, nel suo E l’uomo incontrò il cane (Adelphi) racconta come l’uomo del Paleolitico addomesticò lo sciacallo. Ne aveva un disperato bisogno: aveva paura e voleva essere difeso. Così, nutrendo per la prima volta un animale che gli era utile, creò un rapporto di fedeltà che è arrivato immutato fino a noi. Un rapporto che negli ultimi decenni si è molto evoluto, fino ad arrivare a conquiste che in passato sarebbero state impensabili. Oggi abbiamo gatti sindaci, linee aeree dedicate (la Pet airways), da quest’estate i cani hanno accesso sui nostri treni e ormai ci sono più spiagge per loro che per i nudisti. Racconta Oscar Graziali, veterinario e scrittore: «Proprio come accade per i figli, facciamo seguire agli animali domestici la nostra dieta con effetti deleteri: se abbiamo il colesterolo alto, non dovremmo togliere i grassi anche a loro che ne hanno bisogno». La deformazione non è amare i cani, ma andare oltre la specie. «I cani si sono allargati» scherza Marzio Panichi, celebre veterinario torinese, cui sono affidati i molti cani di casa Agnelli. «Probabilmente perché siamo sempre più egoisti e sugli animali riversiamo le nostre esigenze. Loro, a differenza dei figli, non tradiscono, non mentono, non giudicano. E, soprattutto, sono sempre disponibili». Così l’amore si adegua alle mode: dopo il boom dei golden retriever, ora è la volta dei jack russell, il cagnolino celebrato nel film premio Oscar The Artist. «Ma la richiesta di cani di piccola taglia è troppo alta» continua Panichi «e allora si importano dall’Est, allevati in batteria, strapazzati dai trasporti. Cani che si ammalano più facilmente, fino a morirne». Li vogliamo a nostra immagine e somiglianza. Negli Stati Uniti d’America si è arrivati già all’aberrazione della chirurgia plastica per cani troppo rugosi. «Sono forme terribili di maltrattamento» osserva Riccardo Totino, consulente comportamentale cinofilo, che per anni si è occupato a Roma della Valle dei cuccioli. Con lui Monica Cirinnà, animalista e responsabile dei diritti degli animali del Pd del Lazio. Che aggiunge: «Prendere un cane per necessità affettiva è un grande errore, è un essere senziente che condivide la nostra vita, ma bisogna sapere che non è un compagno, né un figlio: è il nostro cane». Uomo e cane, un rapporto complicato: si è vicinissimi, ma c’è una soglia oltre la quale non si può andare. Lo spiega lo scrittore Franco Marcoaldi nel suo recente Baldo. I cani ci guardano (Einaudi), dove il protagonista è un setter scozzese: «È più il cane che capisce l’uomo che non il contrario. Invece di trasformarli in figli e bambolotti dovremmo animalizzarci noi. Guardare il mondo con gli occhi di un cane può far bene».