Roselina Salemi, la Stampa 2/8/2012, 2 agosto 2012
SI COMPRA INSIEME E SI METTE A TURNO È L’ABITO DELL’ESTATE
In principio era lo swap. Svuotare gli armadi, barattare i vestiti smessi o sbagliati per colore e taglia è già un’idea. Ma è quando la crisi si fa dura che le fashion victim cominciano a giocare. Perché non recuperare la tradizione femminista degli anni ’70 quando le amichesorelle mettevano in comune non soltanto le idee, ma un pezzo di guardaroba? Senza più ideologie, tra post-femminismo e fame fashionista, si fa l’acquisto solidale, nel senso che si è solidali, si divide la spesa di una bella borsa firmata e ci si esce a turno. Tutte per una, una per tutte.
La leggenda del nuovo hobby, il dresscrossing, nasce in Inghilterra con quattro ragazze tra i 23 e i 29 anni, Sophie, Layla, Emily e Rachel che un paio d’anni fa hanno costituito un fondo shopping alimentato con 300 sterline al mese, e la crisi era solo all’inizio.
Ma ci sono arrivate anche in Italia, le amiche-di-treno Lella Francesca, Norma, e Luisa che, passando parecchio tempo sui vagoni delle Ferrovie Nord per andare al lavoro a Milano, hanno pensato bene di usarli come miniboutique dello scambio.
AmicheinFashion invece è un’idea nata per caso da Lily Rossetti e Marta Di Rosa, laureate precarie, ma come sostengono loro, non rinunciatarie. Nel senso che non rinunciano ad essere fashion con i must di stagione. Direte voi: e la taglia? La moda di quest’anno è particolarmente adatta allo scambio d’abito: ci sono bellissime gonne plissé con l’elastico in vita, abitini a trapezio sciolti, molto adattabili, a meno di essere una XS, da stringere alla vita con una cintura, da drappeggiare o legare, e poi bluse oversize, caftani, maxituniche da mare e non solo di La Perla, Parah, Calzedonia. Altro trucco è la blusa oversize, che «copre» tre taglie e si trova ovunque, a partire da Zara.
Lily ha una lista con 55 possibilità. Lei e le sue amiche ne hanno provate ventidue: tra le varie, una tunica di satin nero con l’orlo fantasia (l’originale di Etro costa una follia), un’altra di Chloé in plissé bianco e azzurro con collo tondo e m i c ro s p a l l i n e, due abiti foulard di Pinko, il vestitino dritto di Mary Katrantzou per Topshop, in varie fantasie. Si compra e si condivide perché certe creazioni fashion sono inarrivabili, ma poi c’è anche il divertimento, l’idea di avere una scelta in più. L’abito foulard di H&M interpretato dalla top model Daria Werbowy costa meno di venti euro, e non è un grande investimento, ma AmicheinFashion l’hanno messo ugualmente nel guardaroba comune. Più che di sorellanza, si tratta di pragmatismo, e le ragazze d’oggi di pragmatismo ne hanno da vendere.
Però quest’attitudine modaiola rafforza il legame (se non si litiga) e mette assieme un po’ di tutto: la pattuglia ideale di Sex and The City, molto idealizzata, la confidenza, e il risparmio. Ci sono anche siti che spiegano come convincere le amiche con guardaroba più forniti a condividerne una parte, e qui entriamo nel terreno della «necessità» e della «dipendenza». Si può cambiare un abito al giorno senza spendere una follia, rendendo istituzionale il prestito?
Vittoria Bono, modellista di Brescia, ha trovato un sistema che forse colonizzerà l’Italia: si chiama eGo (acronimo di Guardaroba Ecologico Organizzato) ed è un vero dress sharing. Funziona così: acquisti una tessera (96 euro l’anno) e paghi un canone mensile (sotto i 100, il prezzo di una bella t-shirt) e ogni giorno puoi scegliere un vestito diverso, in otto stili e cinque taglie. Tutte le settimane riporti indietro gli abiti, senza neanche passare dalla lavanderia.
In una società che sta smaterializzando tutto, forse, quella di smaterializzare il guardaroba è la prossima sfida.