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 2012  agosto 02 Giovedì calendario

SE IL TESORO USA DICHIARA GUERRA A QUEI CINQUE BOSS DI GOMORRA


Lucky Luciano – che a Napoli costruì una delle sue basi più floride – diceva: «Il delitto rende e rende bene purché sia correttamente organizzato». Terribile verità. Il clan dei Casalesi deve aver imparato bene la lezione se oggi il Tesoro americano ha deciso una mossa così eclatante.
Vuole bandirlo dal territorio Usa. Allarmato dalla penetrazione camorrista il governo americano ha infatti comminato sanzioni a cinque boss del clan, (e questo sarebbe il meno) ma ha vietato a chiunque di fare affari con loro. Nessuno può introdurre i loro capitali in America, nessuna banca può accogliere il loro denaro, chi sarà sorpreso a fare affari finanziari con loro la pagherà cara. L’obiettivo è ambizioso: il ministero del Tesoro
dichiara che punta ad «espellere la Camorra dal sistema finanziario globale e tutelare il sistema finanziario americano dal riciclaggio dei suoi proventi criminali».
Se Geithner usa queste parole vuol dire che il pericolo è grave. Non è una novità: esattamente un anno fa il governo di Obama aveva dichiarato guerra alla camorra, definendola «una delle quattro organizzazioni criminali più pericolose per l’interesse degli Stati Uniti
», insieme alla Yakuza, ai Los Zetas messicani e alla mafia russa.
Ma come hanno fatto i piccoli boss della provincia campana a diventare un fantasma così spaventoso per la potente economia di Wall Street? È stata proprio la grande crisi a facilitare l’assalto criminale al cuore del capitalismo mondiale.
Pieni di liquidi, i boss casalesi hanno avuto gioco facile nel trovare interlocutori con cui riciclare gli immensi proventi del narcotraffico. Soprattutto nei settori in cui sono esperti anche in Italia: cemento, rifiuti, ristorazione, edilizia. I soldi non hanno odore, soprattutto per le banche: la Drug Enforcement Administration ha calcolato
che gli istituti di credito europei e statunitensi lavano tra i 500 e i 1.000 miliardi di dollari di denaro sporco ogni anno. Dagli anni Novanta ad oggi sono entrati negli Stati Uniti 5.500 miliardi di dollari provenienti da estorsione, narcotraffico, traffico di esseri umani
e attività criminali. Negli anni passati banche importanti come Citibank, Hsbc e Wachovia sono state accusate di fare affari con le organizzazioni criminali.
E la neapolitan mafia, come viene definita oltreoceano la camorra, è diventata una delle
principali protagoniste di questa immensa giostra di denari. La sua costante infiltrazione nel territorio Usa è stata facilitata anche dal lento declino della vecchia mafia italo-americana di origine siciliana, falcidiata dal Racketeer Influenced and Corrupt Organizazioton Act, la più severa legge contro il crimine organizzato. E mentre i mafiosi facevano sempre meno paura, quasi fossero diventati un fenomeno culturale, degno di serial tv con ragazze vistose e giovanotti palestrati e dalle catene d’oro, la camorra, nell’ombra, tesseva le nuove fila della criminalità.
Stabilendo relazioni sempre più pericolose. Le investigazioni americane sono spinte
infatti non solo da motivazioni finanziarie. Nel giugno scorso il pentito Biagio Di Lanno, affiliato ai potentissimi Polverino, che movimentano tonnellate di hashish, ha rivelato che il clan sapeva in anticipo dell’attentato dell’11 marzo 2004 nella stazione della metropolitana di Madrid: i contatti con gruppi terroristici finanziati con la droga poneva la camorra in assoluta confidenza con queste organizzazioni. Non solo: questi contatti avevano fatto sapere in anticipo, secondo il camorrista, anche dell’attentato
alle Torri gemelle. Alcuni boss si sarebbero addirittura vantati di aver ospitato
terroristi qaedisti.
Anche per questo i camorristi sono diventati il nemico degli Stati Uniti. Gli americani lo hanno riconosciuto come tale e hanno deciso di dichiarare guerra. Nel nostro Paese si preferisce chiudere gli occhi: fino a poco tempo fa, qualcuno negava persino che i clan fossero
arrivati in Lombardia.