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 2012  agosto 02 Giovedì calendario

IL PASSATO SOVIETICO NELLA RUSSIA DI PUTIN

La «scomparsa» dei libri «che raccontino le malefatte sovietiche», segnalata da un lettore, è un dato davvero discutibile: qualsiasi libreria on line italiana, per esempio, registra almeno una trentina di libri sul Gulag sovietico pubblicati negli ultimi dieci anni, alcuni scritti da testimoni diretti. Quanto alle librerie russe, all’indirizzo http://www.sakharov-center.ru/gulag/ sono registrati e consultabili 1.510 libri di memorie scritti da sopravvissuti; il sito è in continuo aggiornamento. Per ciò che invece riguarda gli storici russi contemporanei, molti hanno lavorato e stanno lavorando a ricerche che hanno finora prodotto un considerevole numero di saggi, articoli, monografie (fra tutte cito soltanto Oleg Chlevnjuk, Storia del Gulag. Dalla collettivizzazione al Grande terrore, pubblicato in italiano nel 2006) e opere collettanee (fra queste ultime ricordo l’imponente Storia del Gulag staliniano. Raccolta di documenti in 7 volumi, Mosca 2004-2005). Circa, infine, la tendenza all’oblio e alla rimozione («abbiamo già fatto i conti con il passato comunista… non abbiamo intenzione di riaprire dibattiti che turberebbero inutilmente la vita nazionale…») che lei stesso ricorda nella sua risposta, a me pare che essa agisca certamente in alcuni storici (?) fedeli alla linea patriottico-sciovinista (del presidente Putin, in primo luogo, così come dei «nostalgici» di varia estrazione ideologica) che tendono a rivalutare la figura di Stalin, ma non credo che possa essere riferita all’intera comunità degli studiosi russi.
Serena Vitale
serena.vitale@unicatt.it
Cara signora, due parole anzitutto per i lettori che non hanno familiarità con gli studi di slavistica. Lei appartiene alla pattuglia, non particolarmente numerosa, di coloro che hanno fatto conoscere agli italiani la migliore letteratura russa e boema da Puškin a Mandel’štamm con belle traduzioni e saggi di grande interesse. Poi a un certo punto della sua carriera letteraria e accademica, lei è riuscita a unire nelle stesse opere la sua vocazione letteraria e il suo talento filologico. La sua passione per la letteratura russa e il suo talento di narratrice. Non è facile decidere, ad esempio, se «Il bottone di Puškin» e «L’imbroglio del turbante» siano saggi storici o romanzi. Nel primo, pubblicato da Adelphi, lei ha raccontato le vicende che precedettero la morte di Puškin in un duello a Pietroburgo il 27 gennaio 1837. Nel secondo, pubblicato da Mondadori, lei ha raccontato l’avventurosa storia dello sceicco Mansur, protagonista di una rivolta «islamica» contro la Russia della Grande Caterina alla fine del Settecento: un eroe musulmano dietro il quale potrebbe nascondersi la figura di un missionario domenicano di origine piemontese, Giovanni Battista Boetti. Se il lettore vorrà conoscere le sue esperienze russo-sovietiche potrà leggere «A Mosca, a Mosca!», una raccolta di ricordi e racconti, pubblicata da Mondadori. Il lettore può quindi fidarsi delle informazioni contenute nella sua lettera. Sarei sorpreso, d’altro canto, se gli storici russi non avessero approfittato della fine del regime sovietico per entrare negli archivi e se i sopravvissuti del gulag non avessero scritto le loro memorie. Un grande lavoro di documentazione fu fatto del resto, subito dopo il crollo del regime sovietico, da una coraggiosa associazione, Memorial, in cui furono particolarmente attivi Andrej Sacharov e Elena Bonner. Ma il processo al passato, di cui parlavo nella mia risposta, comincia quando gli studi storici diventano dibattito civile, coinvolgono l’opinione pubblica e la classe politica.
Questo è certamente accaduto in Italia, in Germania, in Francia, in Spagna e in altri Paesi. Non è accaduto in Russia, probabilmente perché il clima politico non lo consente. La Russia di Putin ha una società straordinariamente vivace e intelligente, ma è ancora, per molti aspetti, un Paese «a libertà vigilata».
Sergio Romano