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 2012  agosto 02 Giovedì calendario

UOMINI E DONNE, AMICIZIA POSSIBILE?

Metto subito le mani avanti: c’entra la mia origine meridionale. E tra l’altro vado per i 47. La tradizione meridionale in materia di sesso si conosce e arrivo per ultimo, quindi che ve lo dico a fare. Ricordo alcuni precetti base: mai essere amico delle donne. Gli amici dei maschi sono i maschi. Le donne bisogna conquistarle, non una, tutte. Gentilezza, generosità, simpatia, attenzione: offrire sempre, anche se non si hanno soldi. Cose così.
Nemmeno ho intenzione di nobilitare simili precetti, anche perché c’è un lato oscuro in questa tradizione, per esempio l’ossessione per l’omosessualità. Bastava un niente ed eri considerato «ricchione». Non impennavi con la moto? Non facevi a botte, non sputavi per terra, eri amico delle donne? Ricchione.
Queste cose ora mi infastidiscono, come mi infastidisce l’idea di donna che veniva fuori, o sacrale, materna o sconsiderata — e le prime erano preferite per la vita, le seconde per le botte di passione. Per carità. Tuttavia un aspetto utile riguardava proprio l’idea di ruolo. Insomma, il maschio che sta attento a segnali (eventuali) della donna, e mette in atto strategie di conquista. Non era solo una questione di tacche sulla spada, tipo: un’altra non ha resistito al mio fascino. No, era una questione di piacere.
Il piacere della conoscenza dell’altro sesso, soddisfare le sue vanità e i capricci, buttarsi tra le lenzuola sapendo che potrebbe non funzionare (tu non potresti funzionare), mettersi in gioco, alla pari, togliere alla donna la responsabilità di fare la prima mossa, e poi denudati dai vestiti, cercare quell’intimità essenziale che solo il sesso — il pre e il post — può dare. Ecco, siccome queste cose vanno messe in conto, faccio fatica a credere a una tipologia di storie che sempre più spesso ascolto. Di questo tipo che credo, a larghe linee, rappresentativo. Lei, intorno ai trent’anni, bella, single, indipendente, alla moda, raffinata, buon lavoro, simpatica e affabile. Lui, intorno ai trent’anni, bello, single, indipendente, alla moda, raffinato, buon lavoro, simpatico e affabile. Non esattamente in quest’ordine e si possono pure cambiare gli addendi.
A lei piace lui. E lui la invita a cena. Arrivano al ristorante, e parlano. Di tante cose. Lei è molto felice, certo si sente un po’ a disagio, perché le donne spesso si sentono a disagio davanti alle belle parole degli uomini, provano ansia, come se dovessero corrispondere alle attese. Comunque, ci sta. Del resto, le donne scelgono anche gli uomini sulla base delle parole. Come dice Ovidio: «Ulisse non era bello ma sapeva parlare».
Arrivano a casa di lei. Vuoi salire? Certo! Piccolo inciso, nella tradizione meridionale (orribile e oscura ecc.) il «vuoi salire» consentiva già di pensare: è fatta! Ma questo è un altro discorso. Salgono, si siedono sul divano, e parlano, tanto e di tante cose, belle e profonde. Poi verso le tre di notte, lui va via, due bacetti sulla guancia e grazie e ci vediamo.
Lei passa la notte insonne e si chiede: dove ho sbagliato? Perché le donne, si sa, si sentono in colpa. Non gli piaccio! Sarà colpa della pancetta? Delle smagliature? Avrò detto qualcosa di sbagliato? Ma dopo due giorni lui richiama: vieni in vacanza con me? A casa dei miei, al mare. Lei pensa: che invito! Gli piaccio, del resto un tipo come lui mica nota la pancetta e le smagliature. Lei va dal parrucchiere, compra un bel costume, si mette a dieta e va.
Due giorni belli, la spiaggia, la risacca, i ristoranti e che complicità. Così, al chiaro di luna, mentre sono vicini, lei sente che è arrivato il momento di rompere questa timidezza: un bacio. E che succede? Lui si ritira: no, non fare così. Scusa, dice lei. No scusa tu, dice lui. Non pensavo di piacerti fino a un bacio, aggiunge lui (e quanto dovrò piacerti per un bacio, pensa lei), ora mi sento in imbarazzo (sapessi io, pensa lei). E lui inizia un discorso sull’amicizia, preferisce essere amico delle donne, si provano dei piaceri inattesi, e infine lui chiude così: i tuoi sentimenti meritano rispetto. E lei pensa: ma io merito di essere portata a letto.
Quindi lei chiama le amiche: che mortificazione! Ma come è possibile? C’erano tutti i segnali. E il mare, i discorsi, l’intimità. Non gli piacerò cosi tanto. E le amiche rispondono: ma no, devi abituarti, alcuni trentenni sono ormai così. Corteggiamenti lunghissimi. Forse il sesso e i suoi derivati, la relazione, la seduzione, interessano poco, meglio l’amicizia.
Che succede? Ora che la donna non è più, come nel vecchio immaginario, o sacrale o sconsiderata, ora che si potrebbe giocare meglio e alla pari, il maschio si concede senza darsi? E usa parole come «rispetto»? «Amicizia»? Una forma di raffinato maschilismo, evidentemente. Ah, come vorrei capire, e mannaggia non ce la posso fare, che sono troppo contaminato dalla antica tradizione meridionale e vado pure per i 47.
Antonio Pascale