Aldo Grasso, Corriere della Sera 26/07/2012, 26 luglio 2012
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO PER (TUTTI) I DIRIGENTI DELLA RAI
Aria nuova in Viale Mazzini. Non si può che applaudire alla decisione del nuovo direttore generale (dg) della Rai: contrariamente ai suoi predecessori (alcuni dei quali si sono dimostrati dilettanti allo sbaraglio), Luigi Gubitosi ha chiesto un contratto a tempo determinato (t.d.) «come segno di attenzione e responsabilità». Prima di avviare una seria spending review ha dato il buon esempio: dopo tre anni alzo i tacchi. Speriamo faccia bene in modo che gli venga rinnovato il contratto. Il gesto del dg ne suggerisce un altro. Per spezzare l’ infausta catena della lottizzazione (dirigenti scelti più per meriti partitici che per competenza) si potrebbe estendere il «lodo Gubitosi» all’ intera linea di comando della Rai. Da domani, ogni direttore di qualcosa (reti, tg, radio, risorse umane, ecc.) firma un contratto a t.d., rinunciando a quello precedente. A costo zero, saremmo di fronte a una vera e propria rivoluzione epocale. Un contratto a t.d., infatti, lo accetterebbe solo un vero professionista, chi ha mercato, non certo uno pervenuto a qualche carica dirigenziale solo perché autista, galoppino o ghostwriter di questo o quell’ altro politico. Un contratto a t.d. significa impegnarsi con tutte le forze a confezionare un prodotto di qualità, a scegliere i collaboratori più preparati, a evitare di appaltare lavori solo agli amici. Un contratto a t. d., esteso a tutti i direttori, eviterebbe quel rituale triste e dispendioso del «cimitero degli elefanti»: a ogni direttore rimosso (spesso per incapacità) bisogna necessariamente trovare un altro posto «di pari dignità», sempre a carico degli utenti, fino alla pensione. Inutile piangere sul latte versato, anzi sulla lottizzazione versata: quasi tutti i dirigenti sono in quota a qualche partito e la loro professionalità spesso è solo un optional. Con l’ introduzione del contratto a t. d. i bravi resteranno, gli altri se ne andranno. Già che ci siamo, un ultimo sforzo, anche questo a costo zero, anzi con vistoso risparmio. Perché mai i consiglieri di amministrazione devono avere un sontuoso ufficio in Viale Mazzini? Ogni ufficio, lo sappiamo, diventa poi la succursale di un partito, un intralcio alla governance dell’ azienda. Via, a casa loro, nel nome del vecchio orgoglio Rai!
Aldo Grasso