Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  luglio 25 Mercoledì calendario

IL CASO CUCCHI E IL CORAGGIO DI ILARIA

Ilaria, la sorella di Stefano, ha accettato di andare in video, di riaprire una ferita atroce, solo perché spera di restituire dignità al fratello, anche attraverso la tv. Così, ospite di Enrico Mentana, ha commentato le immagini di «148 Stefano. Mostri dell’ inerzia» il documentario di Maurizio Cartolano che ricostruisce la tristissima vicenda di Stefano Cucchi (La7, lunedì, ore 22). Il 22 ottobre 2009 Stefano muore a 31 anni, nel reparto di Medicina Protetta dell’ Ospedale Sandro Pertini di Roma, sei giorni dopo il suo arresto per spaccio di droga. L’ ultima volta che i genitori e la sorella lo hanno visto in tribunale aveva il volto tumefatto. Per questo sospettano che Stefano sia morto «di carcere» a seguito di percosse ricevute. Del resto, la notizia della scomparsa fu recapitata loro sei giorni dopo con una comunicazione burocratica che parlava sommariamente di «arresto cardiaco». Alla vista del corpo martoriato, i familiari decisero di mostrare ai media quelle foto, a testimonianza della misteriosa fine. Era il mese di ottobre e nei penitenziari italiani erano già morte 147 persone, 148 con Stefano. Il documentario alterna interviste con parenti, avvocati, politici a spezzoni di filmini domestici di una festa di compleanno di Stefano (siamo nel 2005), a immagini della sua carcerazione, spesso rese più drammatiche dall’ effetto rotoscope (le immagini della pellicola si trasformano in animazione). Il padre e la sorella lo descrivono come un ragazzo fragile, prigioniero della droga, ma che non meritava sicuramente una fine così orribile, massacrato di colpi. L’ aspetto più drammatico è che ora nessuno vuole assumersi una qualche colpa: né i carabinieri che l’ hanno arrestato, né le guardie carcerarie, né gli stessi medici che lo hanno visitato. La sorella Ilaria si augura solo che questa sia una morte redentrice: il sacrificio di uno per la salvezza di molti.
Aldo Grasso