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 2012  luglio 21 Sabato calendario

MENTANA E IL TALK, SFIDA DA PESO MEDIO

Servizio pubblico è chi lo fa non chi lo è. Speriamo che la nuova dirigenza Rai capisca questa fondamentale differenza. A noi serve solo per sottolineare come a Viale Mazzini manchi uno come Enrico Mentana. A «Bersaglio Mobile» (dibattito più film, un format che rovescia la vecchia formula di «Film dossier» di Enzo Biagi) si discuteva degli strascichi ancora legati, vent’ anni dopo, alla morte di Paolo Borsellino e delle sue guardie di scorta in Via D’ Amelio, il 19 luglio del 1992 (La7, ore 21,20). In studio erano presenti Calogero Mannino («sono stupito della slabbratura della memoria di Nicola Mancino»), Marco Lillo e Pierluigi Battista, invitati a discutere, inutile girarci attorno, sulla presunta trattativa tra Stato e Mafia. C’ è stata, non c’ è stata? Borsellino sarebbe la vittima sacrificale di questo patto segreto? Non è nostro compito intervenire in merito (non si può però vivere in un Paese dove le stragi non hanno mai un mandante preciso), ma è bastato riproporre l’ intervista che Lamberto Sposini fece a Borsellino e quella della tv francese per provare uno strano senso di vergogna e di impotenza («convinciamoci che siamo cadaveri che camminano»), come se non fossimo degni delle persone migliori: Borsellino era un magistrato che ci credeva, alla legge degli uomini e soprattutto a quella morale. Dopo la morte del suo amico Falcone sapeva di essere nel mirino della mafia e, quasi due mesi dopo la strage di Capaci, fu fatto saltare in aria da un’ esplosione. Era un uomo delle istituzioni, era un uomo che ha ritenuto possibile sconfiggere la mafia: pur sapendo di avere le ore contate, è rimasto al suo posto di lavoro. Questo è forse il lavoro cui si accenna nella nostra Costituzione. In termini più propriamente televisivi, Mentana comincia a imparare un mestiere nuovo (cui, in passato era negato): il talk. E se tra il peso leggero Formigli e quello massimo Santoro, il migliore fosse il peso medio?
Aldo Grasso