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 2012  agosto 02 Giovedì calendario

«Non c’è molto altro che potremmo chiedere alla Spagna se fosse sotto un programma» di salvataggio

«Non c’è molto altro che potremmo chiedere alla Spagna se fosse sotto un programma» di salvataggio. La direttrice del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, ha smorzato ieri sera le aspettative. Per lei un atto di contrizione spagnolo non servirebbe a convincere gli euroausteri a investire denaro per abbassare lo spread di Madrid e Roma. Non servirebbe perché, di fatto, la Spagna ha già accettato un’ufficiosa tutela europea quando ha ottenuto il prestito da 100 miliardi per salvare le sue banche. Le clausole e le condizioni non sono state (tutte) rese pubbliche. Ma un indizio si è avuto dalla manovra monstre di luglio: 65 miliardi da ottenere aumentando l’Iva e diminuendo i sussidi di disoccupazione e i fondi per sanità e istruzione. La Spagna che oggi riceve Mario Monti è un Paese che arranca. Taglia e tassa, ma non riesce a rialzarsi. Nei primi sei mesi dell’anno il regno ha già speso più di quanto avrebbe dovuto in tutto il 2012 raggiungendo un deficit del 4,04%. Colpa soprattutto di recessione e spread che, da solo, ha fatto salire di 3 miliardi il costo del debito (+32%). Il governo sostiene di poter rientrare nel limite concordato del 4%, ma se continua la crisi, i sacrifici non basteranno. Il caso Irpef è esemplare. Aumentare l’imposta sui redditi fu, a gennaio, la prima decisione «austera» del nuovo governo di Mariano Rajoy. Bene: gli spagnoli hanno effettivamente pagato di più, in media il 2%, ma le entrate complessive sono salite di un misero 0,1%. Perché? Con più disoccupati, i contribuenti diminuiscono. Discorso analogo per l’Iva, aumentata di circa 3 punti a luglio. Fino a che la gente comprerà meno (10% rispetto al 2011) non servirà a rimpinguare le casse. È una catena che nasce, diciamo, con il señor Pepe 6-7 anni fa. Allora i tassi dei mutui erano così bassi che Pepe si convinse a comprare casa. Sarebbe stato uno stupido a non indebitarsi, gli dicevano. Poi toccò a don José, immobiliarista, che per costruire la casa a Pepe chiese un finanziamento. Per guadagnare dando soldi a Pepe e José, la banca si indebitò con i grandi istituti internazionali dei vari mister, Herr, monsieur. Il mese scorso l’Eurogruppo ha prestato 100 miliardi a Madrid per salvare le sue banche. Nel frattempo però Pepe e José hanno perso il lavoro e la Spagna, per ripagare l’Europa, non ha denaro per aiutarli. Il dilemma di Rajoy, oggi, è come spezzare questa catena e liberare risorse per la crescita. Monti, in Italia, ha lo stesso problema. Assieme aspetteranno la soluzione di Draghi. Andrea Nicastro