Laura Pacelli, GQ 27/7/2012, 27 luglio 2012
QUANDO GLI UOMINI COMPRANO IN STOCK
Le donne fanno acquisti, gli uomini fanno scorte. Se c’è una differenza macroscopica tra i generi di fronte al guardaroba, basta entrare in un negozio. per scoprirla: lei cerca il pezzo unico da indossare in più contesti e combinarlo ogni volta con accessori diversi, lui il capo comodo da acquistare in maniera seriale, che diventa così un “classico” personalizzato. Cinque paia di jeans neri, tre maglie con il collo a “V”, sei camicie della stessa marca, con rare concessioni a una righina più spessa delle altre o a un colore appena diverso: più facile e meno impegnativo. Il che non significa necessariamente di bassa qualità: a confermarlo è la crescita esponenziale, anche in Italia, dei pop-up store, negozi temporanei in cui si vendono pezzi multipli di accessori a prezzi contenuti. Insomma, se per le donne fare shopping ha una funzione terapeutica, per gli uomini è un male necessario, da ripetere di rado, in cui riversare le proprie ossessioni. L’archetipo dell’uomo-magazziniere è Steve Jobs, descritto dal suo biografo Walter Isaacson come un perfezionista compulsivo: quando è morto, non solo ha lasciato in eredità una delle aziende più floride al mondo ma anche una pila di dolcevita neri, tutti identici, di Issey Miyake. Quella maglia, con i jeans blu e le sneakers chiare, ha accompagnato ogni suo annuncio, dal primo Mac all’ultimo iPad, sottolineandone anche l’avanzare della malattia: lui sempre più sottile dentro misure che sembravano ogni volta più grandi. «Se gli piaceva un capo, arrivava a ordinarne dieci o anche cento alla volta», ha rivelato sua sorella, la scrittrice Mona Simpson. Come il compianto “mister Apple”, in tanti hanno l’abitudine di acquistare in stock. Lo dice una ricerca che la Wharton University, in Pennsylvania, ha condotto in collaborazione con una società canadese di consulenza, secondo cui «gli uomini seguono la variabile del comfort e della praticità, rinunciando a cercare un oggetto del desiderio, sia pure unico». E lo dicono soprattutto i personaggi che abbiamo intervistato — sportivi, manager, scrittori e celebrità televisive — a cui abbiamo chiesto di indicare il capo con il quale hanno riempito il proprio armadio. «Non so quantificarle, ma avrò dozzine di magliette in cotone elasticizzato Emporio Armani, tutte rigorosamente nere», ci confida Teo Teocoli, comico, attore e conduttore televisivo tarantino, adottivo milanese. «Mi piace la comodità e quindi vesto informale», anche perché Teocoli, a 67 anni, frequenta, per ben quattro mattine alla settimana, la palestra sotto casa. «Non mi fermo alle magliette: per correre sul tapis roulant, le sole scarpe che indosso sono le Mizuno. Ne ho tantissime paia di diverso colore». Se un comico veste sportivo, lo sportivo veste comico? Macché, Marco Borriello, raggiunto al telefono durante il ritiro della Juventus, frettolosamente ci confida che secondo lui «non esistono grandi differenze tra uomini e donne». Anche se ammette di possedere diverse camicie bianche eleganti e una decina di pantaloni blu, qualcuno slim fit, altri più comodi. Se il giovane calciatore preferisce un look classico a calzoncini e maglietta a cui è costretto per obblighi professionali, l’icona del tennis italiano, Adriano Panatta, può permettersi di vestirsi come vuole, allo stesso modo, tutti i giorni. «Non sono uno shop-aholic, quando entro in un negozio ci resto massimo cinque minuti. So dove andare e cosa comprare: una polo blu di cotone Lacoste. Fosse per me», insiste l’ex campione, «la indosserei tutto l’anno, anche d’inverno sotto un blazer, una giacca di tweed abbinata a un pantalone cinque tasche e a un paio di scarpe da ginnastica. Ma non aiuterebbe la mia salute». Chi invece è irrimediabilmente uno sneakers-addicted è il cantante R&B Craig David che, durante uno shooting realizzato per GQ Italia qualche mese fa, ci ha mostrato una serie di Adidas, tutte rigorosamente bianche. Altra “vittima della serialità” è Alessandro Cattelan, conduttore di X-Factor, confermato anche per la nuova edizione che inizia a settembre su Sky Uno, nonché autore di tre libri editi da Mondadori. «Ogni volta che vado negli Stari Uniti con la mia fidanzata—ci racconta in un attimo di pausa dal trasloco nella nuova casa di Milano — lei si trasforma nell’Indiana Jones dello shopping: torna a casa carica di pacchi e pacchetti tutti diversi. Io entro da Gap e in 15 minuti ho comprato cinque stock di cinque T-shirt bianche, ed esco felice». Chissà se anche Mark Zuckerberg, oltre all’ormai inseparabile felpa blu Betabrand, a lui tanto cara quanto criticata dagli analisti finanziari di Wall Street quando si presentò casual al debutto di Facebook in Borsa, nasconde la stessa serialità di Cattelan per le magliette. Lo scopriremo, semmai la posterà sulla sua bacheca. Così come ha fatto Nicola Guiducci, lo storico dj del club Plastic di Milano che, sul suo profilo, ha pubblicato una quantità di foto che lo ritraggono quasi esclusivamente con un paio di pantaloni neri. «E l’unica cosa che compro in serie, sono in velluto mille righe stretch di American Apparel. Ogni anno entro in negozio e ne compro a pacchi di quattro o cinque. Per il lavoro che faccio, però, devo vestirmi sempre in modo diverso: così vado da Givenchy, Louis Vuitton, Balenciaga e ultimamente Hermès. Se potessi, però, vestirei con il mio pantalone e un pullover tutto l’anno». Elton John, sceglie invece italiano. Pare che la popstar abbia, infatti, gli stessi cinque pantaloni di Versace nell’armadio di ciascuna delle ville e degli appartamenti che possiede in giro per il mondo. E a trattarsi ugualmente bene è Justin Timberlake che, da ambasciatore del titolo di Uomo dell’anno 2011 secondo GQ America, colleziona una serie di abiti di Dior Homme, Yves Saint Laurent e Gucci. Serialità meno di lusso, ma sicuramente di ricerca, quella di Andrea Pezzi, ex vj di Mtv, oggi presidente della società multimediale Ovo.com. «Quando sono a Parigi vado diretto da Loft design by... per le magliettine vendute a pacchi di 7 o 8, che puntualmente acquisto senza batter ciglio. E per non farmi mancare niente, mi sono fatto cucire da un sarto delle giacche coreane con alamari, tutte uguali ma di diverso colore, su mio disegno». Se è vero quel che sostiene lo scrittore americano David Simon, «che un uomo si riconosce da quello che compra», non siete tutti uguali, solo un po’ abitudinari.