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 2012  luglio 31 Martedì calendario

L’INFERNO QUOTIDIANO DELLE CARCERI

Era detenuto a Regina Coeli da pochi giorni, pare avesse “problemi psichici” e che, per questo motivo, fosse guardato a vista 24 ore su 24 ore. Ma non è bastato: nella notte tra domenica e lunedì è riuscito in qualche modo a sfilare l’elastico degli slip e a impiccarsi. Aveva 25 anni.
É il settimo detenuto morto suicida nelle carceri italiane dall’inizio del mese, “il luglio più nero delle carceri italiane degli ultimi 12 anni”, rende noto l’Osservatorio permanente sui morti in carcere. A questi sette, inoltre, vanno aggiunti un detenuto morto nel carcere di Siracusa dopo 25 giorni di sciopero della fame, un sospetto suicidio nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto e cinque decessi per non meglio precisate “cause naturali”. In tutto, dall’inizio dell’anno, i detenuti suicidi sono 35.
LA DISPERAZIONE dietro le sbarre non conosce latitudini, differenze di età, reati commessi o entità della pena. Si muore da Torino a Palermo, a 21 o a 58 anni. Si muore a Sollicciano, anche se la pena è di pochi mesi e il reato per cui si è condannati è un furto in appartamento. E ci si toglie la vita a Te-ramo se - condannati per omicidio - la prospettiva è quella di uscire di prigione a 75 anni. Ma la disperazione del carcere non conosce nemmeno ruoli. Si uccidono con allarmante frequenza anche gli agenti di polizia penitenziaria. Soltanto a luglio sono tre (a Busto Arsizio, Vasto e Augusta) gli agenti di polizia penitenziaria che si sono uccisi con la pistola di ordinanza. Dall’inizio dell’anno sono già sette. I sindacati di polizia giudiziaria denunciano però oltre 90 casi negli ultimi dieci anni.
Numeri spaventosi, al pari di quelli dall’altra parte della cella. Dal 1990 a oggi si sono infatti tolte la vita in carcere 1.163 persone (il massimo, 69, nel 2001): italiani, stranieri, uomini ma anche donne, in attesa di giudizio o condannati definitivamente. Numeri che in realtà potrebbero anche essere più gravi: “Il dubbio che abbiamo - affermano i responsabili dell’Osservatorio permanente sui morti in carcere - è che in Italia il numero dei suicidi in carcere sia sotto-stimato da sempre. Prove certe non ne abbiamo, ma abbiamo individuale almeno un indizio che meriterebbe un approfondimento: negli ultimi 12 anni nelle carceri italiane sono morte più di 2.000 persone (di cui circa 700 per suicidio) e la loro età media (38,5 anni) è di poco superiore a quella dei suicidi (37 anni). Perché muoiono così tanti detenuti giovani e giovanissimi”? Senza contare il fenomeno dei tentati suicidi sventati e degli atti di autolesionismo che, secondo i sindacati di polizia penitenziaria, si contano a decine di migliaia.
LE CAUSE - al netto dell’ineliminabile carico di disagio psicologico e fisico intrinseco all’istituto carcerario - sono le solite: sovraffollamento, giustizia farraginosa e carenza di personale. I detenuti in Italia (dati aggiornati al 30 giugno 2012) sono 66.528 (23 mila stranieri) a fronte di una capacità ricettiva di 45.584 posti. Ventiseimila le persone in attesa di giudizio. Nei 206 istituti di pena lavorano circa 40 mila agenti, ma secondo i sindacati mancherebbero almeno 6.500 tra “agenti, ispettori e sovrintendenti”.
Una situazione di ciclica catastrofe che ha consigliato ieri il ministro dell’Interno Paola Severino a visitare a sorpresa il carcere di Regina Coeli a Roma. Non un’ispezione ma “un’occasione per verificare la situazione in alcuni reparti problematici”. Come il Centro diagnostico e terapeutico del carcere trasteverino che, come denuncia il garante per i diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, “sta lentamente, ma inesorabilmente, morendo. Da tempo la struttura non garantisce più gli standard minimi previsti dalla legge, nonostante i lavori di manutenzione eseguiti. Su questa struttura si sta addensando una tempesta perfetta, con gravi carenze strutturali e igieniche cui si sommano il sovraffollamento e l’insufficiente dotazione di personale sanitario e penitenziario. É indubbio che per la gestione di una tale struttura occorrono ambienti e personale idonei e risorse adeguate, in mancanza delle quali è difficile garantire il diritto alla salute dei detenuti”. Alla denuncia del Garante è prontamente seguita la visita del ministro Severino, probabilmente - anche - su sollecitazione del presidente della Repubblica. Napolitano, infatti, ha scritto ieri al Corriere della Sera per rispondere a un appello sottoscritto da 100 docenti universitari e dai garanti dei diritti dei detenuti: “Ho interessato il ministro della Giustizia - scrive Napolitano - perché mi fornisca un quadro aggiornato”. Il presidente si è detto “preoccupato” per la “drammatica” situazione del sistema carcerario italiano, e non esclude la necessità di “provvedimenti come amnistia e indulto”, nonché “l’approvazione di disegni di legge in materia di depenalizzazione e decarcerizzazione”.