Silvia Fumarola, la Repubblica 30/7/2012, 30 luglio 2012
IL RITORNO DI PIPPO
Non ha paura di cambiare, anche se ha compiuto 76 anni e se la Rai «non sempre è stata riconoscente. Ho superato il mezzo secolo di tv, 54 anni per la precisione. Ma ogni volta devi ricominciare da capo». Pippo Baudo torna dal3 settembre con Il viaggio, il nuovo programma in prima serata su RaiTre, in cui abbandona giacche doppiopetto e cravatte di seta. Sulle note di Sì viaggiare di Lucio Battisti ha girato l’ Italia in camper per raccontare il Paese. «Ma non avevano previsto niente per me» rivela «c’ era stato un silenzio imbarazzante da parte della Rai. Un silenzio che mi aveva fatto quasi capire che la mia lunga parentesi si fosse chiusa». Baudo, cosa ha pensato? «Ho pensato a Mike Bongiorno. Si ricorda quando Mike, ospite di Fabio Fazio, si rivolse a Mediaset e al Cavaliere? "Chiamatemi, chiamatemi", un appello straziante fatto da un uomo importante come lui, che aveva costruito il successo della tv commerciale. Ho pensato che mi sarebbe dispiaciuto dover fare la stessa cosa». Si aspettava gratitudine da parte dell’ azienda? «La gratitudine non è di questa terra. Ma il riconoscimento del lavoro che fatto in tanti anni, sì. Un dirigente deve valutare la qualità indipendentemente dalla simpatia. Ti possono dire: "Non ti sopporto dal punto di vista caratteriale, ma sei bravo e fai il tuo lavoro". Invece non è così». Negli anni ha sempre ripetuto: "I dirigenti passano, io resto". «È vero. Ho cominciato che c’ era Bernabei, si figuri quanti ne ho visti passare, la Rai è anche un’ azienda politica, la politica ci mette le mani pesantemente. Negli ultimi anni sono arrivate persone digiune di televisione. Questo in passato non capitava, i partiti indicavano personaggi vicini al loro gruppo - penso a Emmanuele Milano a RaiUno, ad Angelo Guglielmi a RaiTre - ma capaci. Fior di intellettuali come Massimo Fichera che si è inventato RaiDue lanciando Arbore». Oggi che succede? «Basta accendere la tv per capire che è cambiato tutto. Idee zero. Qui bisogna pensare al domani, affermare la centralità del servizio pubblico, far capire che "servizio pubblico" non vuol dire fare programmi noiosi ma dare più identità, uno stile riconoscibile a quello che si fa. Dai costumi fino allo studio». È ottimista sulla Rai guidata dai tecnici Tarantola-Gubitosi? «Prima di emettere giudizi prematuri la strana coppia va conosciuta, li aspetta un lavoro duro. Formulo tanti auguri e li invito a non cedere al compromesso. La Rai dev’ essere servizio pubblico come linguaggio e estetica dopo anni in cui non si capiva, accendendo la tv, se vedevi RaiUno o Canale 5. Mi piacerebbe che ci fosse un governo - non sarà quello attuale- che avesse il coraggio di dire: "Pagate il canone, vedrete vero servizio pubblico". Tv nazionalpopolare, scusi se mi cito». La sensazione è che la tv copi se stessa. «Ormai tra reality e format lo sforzo creativoè zero. La nuova Rai - non so se si possa chiamare così - dovrebbe creare un consiglio di saggi che contribuisca a arricchire l’ offerta». Cosa pensa del ritorno di Fabio Fazio a Sanremo? «Tutto il bene possibile. Ha fatto due Festival perfetti, ha uno stile e un’ impostazione originale». Intanto, corsi e ricorsi storici, lei riparte da RaiTre. «RaiTre mi accolse già nel 1999, ripartii da lì dopo la seconda parentesi a Mediaset. Il direttore Intrattenimento Rai Giancarlo Leone e quello di RaiTre Antonio Di Bella hanno approvato il progetto e mi sono rimesso in pista. Con l’ ex direttore generale Lei ho firmato un contratto con formula innovativa: se non raggiungo la media di rete si scinde l’ accordo». A suo modo corre un rischio d’ impresa. «La definirei "incoscienza coraggiosa". Viste le condizioni dell’ azienda è giusto che ognuno assicuri un risultato minimo. Faccio le prime quattro puntate, altre cinque a primavera 2013 quindi analizzeremo i dati. Se la media di rete non sarà stata all’ altezza la Rai potrà dire: abbiamo sbagliato, arrivederci. Invito i colleghi a fare altrettanto». Come racconterà l’ Italia con "Il viaggio"? «Nei suoi aspetti divertenti ma anche colti, dalla storia al costume. L’ unica cosa che manca sono le ricette. Basta. La tv è diventata una cucina. La gente non ha da mangiare, in compenso cuciniamo». Per la prima volta non avrà lo studio. «Con gli ospiti che arrivano e si esibiscono i programmi finiscono per assomigliarsi tutti. Incontrarli in un ambito naturale, offre anche a loro la possibilità di presentarsi sotto una luce nuova: gli esperimenti con Jovanotti, la Nannini, Zalone, mi danno la conferma che ho ragione. Siamo andati in Romagna e non in Emilia non per problemi legati al terremoto, ma perché ci sono regioni che vanno raccontate in più di una puntata». Da siciliano come vede la situazione della regione? «Sono senza parole. L’ idea che a scrutinio segreto abbiano votato per l’ impunità degli indagati, che così possono continuare a svolgere attività politica, dimostra la miseria morale nella quale siamo caduti per colpa di politici senza un minimo di faccia». Mai tentato dalla politica? « La politica m’ interessa molto e la seguo. Ho detto di no al Pd come dissi di noa Prodi. Per Berlusconi la politica è commercio, c’ è solo l’ idea di piazzarsi e fare affari. È un uomo che ha avuto una grande idea per la cui realizzazione ha avuto bisogno di Mike Bongiorno. Fare politica significa dedicare la vita al Paese, è un impegno serio. Nel mio viaggio ho incontrato Baldina, la figlia di Giuseppe di Vittorio, il padre del sindacato. Rifiutava i regali, aveva un solo cappotto. Qualcuno dovrebbe ispirarsi».