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 2012  luglio 31 Martedì calendario

LA CRISI DELLA ZONA EURO IMPALLINA ANCHE LONDRA


La crisi dell’Eurozona ha mandato in tilt il Regno Unito, che si trova in piena recessione pur non avendo adottato la moneta unica. Il pil ha registrato una flessione per il terzo trimestre consecutivo: tra aprile e giugno la riduzione è stata dello 0,7% dopo il -0,3% e il -0,4% dei trimestri precedenti.
A cadere sotto i colpi della crisi è stato soprattutto il comparto delle costruzioni (-5,2%), le cui ripercussioni sul resto dell’economia sono pesanti.

Intanto fioccano le polemiche. I rappresentanti dell’opposizione denunciano il danno arrecato dal piano di austerità sponsorizzato dal premier David Cameron. Secondo il deputato laburista Ed Balls, è profondamente irresponsabile non capire che le iniziative attuate dal governo hanno fallito i loro obiettivi e produrranno danni a lungo termine.
Gli esperti del Fondo monetario internazionale sostengono che il più consistente piano di austerità dalla seconda guerra mondiale è già costato 2,5 punti di crescita a Londra. E non è certo finita, perché gli effetti di questo intervento sono stati posticipati di due anni, dal 2015 al 2017, quando il rapporto deficit-pil dovrebbe tornare sotto il 3%. Intanto Cameron mette le mani avanti e si spinge a dire che non vede all’orizzonte una data precisa in cui sarà possibile tornare alla normalità. Qualcuno si spinge a parlare del 2020, ma si tratta si semplici indiscrezioni. Lacrime e sangue a oltranza, pare di capire.
Ma la recessione d’Oltremanica non è dovuta unicamente alla nuova austerità firmata Cameron. Si trova in una situazione molto delicata quell’area euro che copre metà delle esportazioni britanniche. Ha subìto inoltre un profondo cambiamento l’atteggiamento dei consumatori: dopo un lungo periodo di spese e di indebitamento, durato fino al 2007, gli inglesi hanno chiuso i rubinetti provocando un fenomeno depressivo.
Nonostante i vistosi effetti collaterali e le crescenti proteste da parte di politici e cittadini, Cameron e i suoi ministri non hanno cambiato assolutamente idea e ritengono che il loro progetto sia il più adatto a fronteggiare la situazione: fare diversamente sarebbe ancora peggio. Le voci contrarie, tuttavia, si stanno diffondendo.
Perfino alcuni organismi imprenditoriali lasciano trapelare la loro insoddisfazione: va bene l’austerità, ma al tempo stesso occorre concentrarsi su misure che rilancino la crescita.