Marcello Zacchè, il Giornale 30/7/2012, 30 luglio 2012
QUEST’UOMO PUÒ COMPRARE IL DEBITO PUBBLICO DELL’ITALIA
Altro che Mario Draghi. La salvezza dell’Italia intera è nelle mani delle donne. E non si tratta di quote rosa. Il fatto è che le femmine del mondo intero, nei prossimi cinque anni, avranno nelle tasche 5mila miliardi di dollari di reddito disponibile. Basta che ne investano un po’ qui da noi, e il gioco è fatto. Come agire? Ci potrebbe pensare uno degli italiani la cui fama è inversamente proporzionale al potere che ha: lui è Fabrizio Freda e da qualche giorno è stato nominato nel consiglio d’amministrazione della maggiore società di fondi d’investimento del mondo, Blackrock, made in Usa naturalmente. Freda le donne le conosce bene. È lui che ha svelato la previsione di quanto stanno diventando ricche perché con il sesso (ex) debole ci lavora: da tre anni è l’amministratore delegato del gruppo Estée Lauder, leader mondiale per creme, trucco e rossetti. Dove ha ottenuto risultati strabilianti nei mercati emergenti. Al punto che uno dei più temuti e potenti manager di Wall Street, il chief executive officer di Blackrock, Larry Fink, lo ha voluto nel consiglio del fondo americano che gestisce 3.700 miliardi di dollari. Sì, la cifra è giusta. Nelle centinaia linee di gestione di patrimoni raccolti da Blackrock in tutto il pianeta c’è una potenza di fuoco che, in euro, fa più di 3mila miliardi. Il che, se ci pensate bene, è più dell’intero debito pubblico italiano (1.970 miliardi e rotti). Tanto che i manager di Blackrock potrebbero prendersi anche quello spagnolo (770 miliardi) e gli avanzerebbe qualcosa. E non è tutto: Blackrock è presente sia nel capitale di Moody’s, sia in quello di Standard and Poor’s,le due agenzie di rating dai cui giudizi dipendono le sorti delle quotazioni di titoli e azioni nazionali. Beh, non vorrà dire molto, ma sapere che un italiano siede nel board di un influente azionista di questi due soggetti ci fa sentire, da oggi, un po’ più tranquilli.
Napoletano, 55 anni, due figlie, lo si può incontrare intorno al Reservoir di Central Park quando ci va a correre la domenica. In Estée Lauder lo ha chiamato, nel 2008, il patriarca in persona, Leonard Lauder, figlio della stessa Estée, per poi metterlo al posto del nipote della fondatrice, William, e dare una coraggiosa svolta manageriale al gruppo. Proveniva dalla Procter & Gamble, per la quale ha lavorato, dopo la laurea in Economia a Napoli, a Roma, Bruxelles, Berlino e Ginevra e dove è tornato dopo un periodo passato anche da Gucci.
Naturalmente non sarà facile. Ma di sicuro questa nomina vale almeno due riflessioni. La prima è sulla capacità di spostare ricchezza da una parte all’altra del mondo nelle mani di una singola società.
L’altra è che anche ai manager italiani viene chiesto di sedersi su poltrone decisive. Allora la scelta di Freda, avvenuta in questo specifico contesto di mercato, è un segnale di enorme importanza, lanciato da un colosso finanziario che così certifica di non considerare l’Italia un mercato secondario. Dopodiché Freda non potrà certo decidere in ottobre (quando la sua nomina diventerà effettiva) di spostare in massa fondi di Blackrock verso il Belpaese. Anche perché le scelte di investimento non dipendono dal cda, ma dai comitati di gestione che da Londra e New York trasmettono le proprie convinzioni, tattiche e strategiche, alla rete dei gestori in tutto il mondo. Ma è un fatto che chiamando Freda, Fink abbia voluto avvicinarsi ancor di più al nostro Paese, nel quale viaggia spesso per dialogare con banchieri e top manager. Basta guardare cosa già c’è nel portafoglio di Blackrock: si va dal 2,7% di Eni e di Enel, al 2,8 delle Generali; dal 3,1% di Unicredit al 3,2% di Intesa e al 2,8 di Mediaset e Telecom. E ancora, quote superiori al 2% in Finmeccanica, Terna, Pirelli, Ubi Banca e Banco Popolare. E poi un fiume di Btp.
Il compito di Freda è rendere il tutto ancora più interessante. È c’è da scommettere che gli crederanno: da quando è arrivato a Estée Lauder ha triplicato il valore di Borsa delle azioni e nell’ultimo bilancio ha chiuso con 8,8 miliardi di fatturato (in crescita del 13%), ma soprattutto 742 milioni di profitti (+34%), risultando il più virtuoso tra tutti i manager Usa. Il suo stipendio è stato di 18,8 milioni di dollari, quasi il doppio della media dei suoi «pari» (10,3 milioni). E questo grazie alle nuove regole Usa che legano il bonus non più agli utili, ma al rendimento realizzato dagli azionisti in Borsa, che è stato del 90%. Di fronte a questi numeri gli americani portano subito un grande rispetto.