Angelo Aquaro, la Repubblica 30/7/2012, 30 luglio 2012
DA UN MAXI YACHT L’ULTIMA SFIDA AGLI ABISSI “RECUPERARE LA NAVE AFFONDATA DAI NAZISTI”
I tedeschi affondarono l’Incrociatore di Sua Maestà “Hood” e i tedeschi lo riporteranno a galla. Ma non ditelo agli inglesi che 70 anni dopo sono affondati perfino in questo scherzo della storia: la Marina della Regina è davvero convinta che l’alleanza col miliardario americano Paul Allen per recuperare la più grande nave inglese mai affondata in battaglia sia soltanto un affare tra cugini. Invece il megayacht che il co-fondatore di Microsoft ha messo a disposizione per la straordinaria missione ventimila leghe sotto i mari è di fabbricazione tedesca: e così l’orgoglio di Albione rischia di andare a fondo per la seconda volta.
La prima fu appunto quella tragicissima nel maggio del 1941. Che disastro: i morti furono 1.415 e l’emozione a Londra per l’affondamento
di una delle navi mito — in servizio dalla fine della Prima guerra mondiale — portò il premier Winston Churchill a chiedere la punizione del nemico con quell’ordine che è entrato nella storia: «Affondate la Bismarck!». Proprio l’incrociatore tedesco aveva mandato giù i sogni degli inglesi. La Hood era stata spedita con la corazzata Prince of Wales a intercettare i tedeschi. Ma per la corazzata dedicata al cancelliere che rese grande la Germania fu un gioco affondare ogni speranza degli inglesi: anche perché la Hood era già vecchiotta e fu spedita nelle acque tra Groenlandia e Islanda senza neppure la revisione che era stata già disposta. Fu la Battaglia dello Stretto di Danimarca: 24 maggio 1941, che poi si concluse proprio con l’affondamento della Bismarck. La Hood venne colpita meno di dieci minuti dopo che gli inglesi avevano aperto il fuoco: e l’esplosione — favorita da quella delle munizioni o forse dei siluri a bordo — fu instantanea.
Sono passati più di settant’anni da allora. E 11 ne sono passati da quando una missione di recupero ha individuato la carcassa. È stato
grazie all’iniziativa della tv Channel Four che gli specialisti della Blue Water Discoveries sono riusciti a identificare il relitto: giace sul fondale a 2804 metri di profondità, in acque che spesso in superficie sono coperte da una spessa coltre di ghiaccio. Una scoperta simile
a quella effettuata circa un mese fa nel Golfo dell’Asinara, dove sono stati identificati a 1000 metri di profondità i resti della Corazzata Roma, anch’essa affondata da bombe tedesche il giorno dopo l’armistizio, il 9 settembre 1943.
Il recupero della Hood è tutt’altro
che facile. Non sono i 3810 metri di mare sotto cui riposa il Titanic, ma si tratta comunque di una profondità notevole. E anche se le tecniche di esplorazione degli abissi hanno fatto un “tuffo” nel futuro (basti pensare al recentissimo record del regista James Cameron,
proprio quello di
Titanic,
che a bordo di un batiscafo si è spinto fino a toccare quota 10.898 metri sotto il livello del mare) recuperare una intera nave da guerra richiederebbe un enorme dispiegamento di uomini e mezzi.
Ma l’affondamento che aveva devastato il morale degli inglesi, già stremati dagli attacchi dei nazisti di Adolf Hitler, doveva essere “vendicato” simbolicamente: e che ci potrebbe essere di meglio del recupero della campana? Le campane sono il simbolo di una nave: è la campana a dare l’allarme, a chiamare a raccolta, a segnare appunto il tempo su quel mondo a parte. Il progetto sulla carta è comunque ambizioso: la campana dovrebbe essere il pezzo forte dell’attesissimo museo della Royal Navy che aprirà a Portsmouth nel 2014. Ma proprio per questo il recupero è ancora più difficile: «Tra le condizioni meteo e altri rischi la
finestra di tempo è molto stretta», dice una fonte al
New York Postche
ha per primo dato notizia della missione «ma Paul Allen è fiducioso che il suo Octopus possa farcela ».
L’Octopus è uno degli yacht più grandi al mondo: 127 metri di lunghezza per 20 milioni dollari di manutenzione l’anno, un giocattolo da 200 milioni di dollari capace di ospitare due elicotteri e un sottomarino, oltre che un campo da basket e uno studio di registrazione. Solo uno degli uomini più ricchi d’America, il fuoricorso dell’università di Seattle che spinse un certo Bill Gates a mollare anche lui l’università per dedicarsi ai software, poteva permettersi il lusso di quella “barchetta”. Sì, solo a lui la Royal Navy poteva rivolgersi per quella mission altrimenti davvero impossible: se non altro per i costi. Mister Allen metterà a disposizione il suo Octopus, in missione per conto di Sua Maestà, dunque. Tacendo, si spera, quel segretuccio: la manifattura tedesca. Sono settant’anni che gli inglesi soffrono quell’affondo: l’unica cosa che non vorrebbero riportare a galla.