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 2012  luglio 29 Domenica calendario

GLI SCIENZIATI NEL CUORE DEL SUPERVULCANO MINI TUNNEL VERSO IL CENTRO DELLA TERRA


Il respiro del vulcano si è fatto inquieto. Per ascoltarlo più da vicino, la prima trivella ha iniziato a scavare a Bagnoli, sul bordo della caldera dei Campi Flegrei. Il foro ha raggiunto i 200 metri di profondità. Ora lo scavo (niente affatto esente da polemiche) si fermerà per qualche settimana, per poi procedere fino a 500 metri. «A Napoli se diciamo vulcano pensiamo al Vesuvio. Ma la pericolosità dei Campi Flegrei è molto superiore» osserva Giuseppe De Natale, il ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv che coordina il progetto di trivellazione.
Quando i “campi ardenti” eruttarono, 15mila anni fa, ricoprirono di tufo giallo l’intera provincia di Napoli. L’esplosione precedente (39mila anni fa) spedì le sue
ceneri fino a Mosca. Il terreno subì un collasso e si formò la “caldera”: una gigantesca depressione circolare che comprende Campi Flegrei, baia di Pozzuoli, golfo di Napoli, fino a Procida e Ischia. Al confronto, l’ultimo risveglio del Vesuvio nel 1944 viene paragonato a uno spettacolo di fuochi d’artificio. «Eruzioni esplosive di questo tipo, per devastazione, sono paragonabili all’impatto con un grande meteorite » dice De Natale. «Ma per fortuna sono altrettanto rare».
Per capire cosa bolle nell’irrequieto pentolone dei Campi Flegrei, l’Ingv ha avviato lo studio internazionale “Campi Flegrei deep drilling project”. Il via libero scientifico risale al 2009. Il progetto prevede due trivellazioni: una di 500 metri e una di 3,5 chilometri. Ma nel 2010 le polemiche sui possibili rischi (“Se toccate il vulcano Napoli esplode” titolò
Il Mattino
il 6 ottobre 2010) e l’opposizione dell’allora sindaco Rosa Russo Iervolino («È meglio non “sfruculiare” il vulcano») fermarono il cantiere nell’ex Italsider di
Bagnoli. Il successore a Palazzo San Giacomo, Luigi De Magistris, si è dimostrato più disponibile al progetto, nonostante l’opposizione di alcuni partiti e comitati di cittadini.
Per ora l’unica perforazione autorizzata è quella da 500 metri. «Per quella da 3.500 - spiega De Natale - non abbiamo ancora un progetto operativo, ma lo prepareremo nel prossimo anno in un sito ancora da scegliere». Nel pozzo verranno installati sensori a fibre ottiche capaci di resistere ai 200 gradi di temperatura. «Con la prima trivellazione vogliamo ricostruire le eruzioni del passato, seguire come si riscaldano le rocce all’aumentare della profondità, analizzare la composizione chimica del sottosuolo e capire quali sono le cause del bradisismo. Non è escluso nemmeno che queste informazioni possano
essere utili per lo sfruttamento dell’energia geotermica».
Bradisismo, fumarole più intense e sciami di scosse sismiche sono i segnali che fanno pensare a un risveglio del supervulcano dei Campi Flegrei. Di mostri così possenti, capaci di investire porzioni di continenti e di riempire il cielo di ceneri per anni, ne esistono solo una decina nel mondo. Il più vicino, a Santorini, nel 1.600 a.C. mise fine alla civiltà minoica. Di recente si è osservato che nonostante un silenzio di 18mila anni, l’accumulo di magma che causò la catastrofica eruzione fu velocissimo: non più di un secolo. Il bradisismo registrato ai Campi Flegrei dal 1969 potrebbe essere il segnale che anche lì il terreno si sta rapidamente rigonfiando di lava. «Tra il ’69 e l’84 - spiega De Natale - il suolo si è sollevato di 3,5 metri». Oggi l’aumento di livello del terreno ha rallentato, ma non si è mai fermato. «Abbiamo ancora molto da imparare sull’interno di un vulcano il cui risveglio metterebbe a rischio milioni di vite».