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 2012  luglio 28 Sabato calendario

RISCHIO STOP PER GENOVA E NOVI LIGURE

Si allargano con effetto domino le conseguenze della decisione dei magistrati che ha portato al sequestro dell’Ilva di Taranto. A moltiplicarsi, per ora, sono le proteste, con cortei a Genova e Novi Ligure, città che ospitano altri due stabilimenti del gruppo Riva, ma presto si potrebbero moltiplicare anche le chiusure. Il lavoro delle due acciaierie, infatti, dipende da prodotti provenienti dal sito pugliese (portati a Genova via mare e poi, in parte, trasferiti a Novi su rotaia) senza i quali, entro una manciata di giorni, cadrà la produzione anche in Liguria e nell’alessandrino. Il che significa 2.460 dipendenti a spasso, senza contare il peso delle aziende dell’indotto.
A Genova, ieri mattina, circa 200 operai, dei 1.760 che lavorano nello stabilimento di Cornigliano, sono usciti dai cancelli della fabbrica per protestare contro le decisioni dei giudici pugliesi. Il corteo ha bloccato la città, procedendo verso il centro, fino al palazzo della prefettura. Lì, una delegazione di lavoratori con Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm , ha incontrato il prefetto di Genova, Francesco Musolino, il parlamentare Mario Tullo (Pd) e l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Renzo Guccinelli. A Novi sono usciti 300 lavoratori e hanno marciato verso il Comune dove sono stati ricevuti dal sindaco, Lorenzo Robbiano. Sia la manifestazione ligure che quella piemontese sono terminate dopo le 12,30.
«La chiusura dello stabilimento di Taranto - ha affermato Franco Grondona, segretario della Fiom di Genova - comporta la chiusura degli stabilimenti di Genova e Novi Ligure, alimentati con i coils (rotoli d’acciaio grezzi, ndr) che arrivano via nave da Taranto. In questa situazione, l’autonomia dell’Ilva di Genova non va oltre i cinque giorni, massimo sette. La decisione della magistratura è, quanto meno, improvvida, perché non si risolve il problema ambientale con un blitz di chiusura di Taranto, che conta 16mila lavoratori. Ci auguriamo che il tribunale del Riesame (che si riunisce il 3 luglio, ndr) possa rivedere quella decisione e disporre la riapertura dello stabilimento, anche alla luce del piano di Regione Puglia e ministero dell’Ambiente, che prevede uno stanziamento di 438 milioni per il risanamento ambientale del sito. Così, invece, rischiamo che il disastro ambientale diventi un disastro sociale. Il prefetto ci ha fatto presente che, da parte del Governo, ci sono fondate speranze che il Riesame riveda il provvedimento della procura e faccia riaprire lo stabilimento di Taranto. Attendiamo, quindi, la decisione del tribunale e ci aggiorniamo a lunedì: se ci saranno notizie positive, faremo assemblea, altrimenti si vedrà che mobilitazioni mettere in atto».
Antonio Apa, segretario della Uilm Liguria ha aggiunto: «Siamo andati in prefettura perché siamo fortemente preoccupati per il futuro della città. Oggi siamo qui per l’Ilva ma sono aperte anche altre vertenze come Piaggio, Ansaldo, Ericsson». E Claudio Nicolini, segretario genovese della Fim ha precisato: «Con il provvedimento della magistratura si chiude il 50% della siderurgia italiana. Noi vogliamo il rispetto dell’ambiente e della salute dei lavoratori, ma anche il rispetto delle politiche industriali del Paese».
Anche il presidente di Confindustria Genova, Giovanni Calvini, esprime preoccupazione «per le vicende che riguardano il gruppo Riva e per le conseguenze che la chiusura degli impianti di Taranto potrebbero avere sullo stabilimento genovese, senza contare che la vicenda si innesta in un quadro congiunturale già fortemente negativo. Siamo di fronte a una situazione di emergenza straordinaria, che richiede uno sforzo altrettanto straordinario da parte di tutti, per garantire la continuità produttiva di uno dei più importanti presidi manifatturieri del nostro Paese».
Il governatore ligure, Claudio Burlando, ha espresso la speranza che «prevalgano il buon senso e la ragionevolezza» e che «con un finanziamento cospicuo del Governo, cui devono accompagnarsi significativi interventi dell’azienda, il sito di Taranto venga messo a posto dal punto di vista ambientale».