Patrizia Caraveo, Il Sole 24 Ore 29/7/2012, 29 luglio 2012
FACCIAMOCI UNA DOCCIA COSMICA
Decidere quando si festeggia l’anniversario di una scoperta scientifica implica riconoscere che l’evento topico sia avvenuto in una certa data a opera di una certa persona o di un certo gruppo di persone.
Quest’anno festeggiamo il centenario della scoperta della radiazione cosmica, la doccia di particelle di alta energia che colpisce continuamente la Terra. È una scoperta importante che nasce dall’osservazione di un effetto curioso, ma all’apparenza trascurabile. Quando si inizia a studiare l’elettricità, uno dei primi esperimenti che mostrano a scuola è il movimento delle foglie di un elettroscopio. Si strofina un bastoncino di bachelite sul golf caricandolo di elettricità statica, lo si appoggia all’asta dello strumento e magicamente le foglioline si separano. Ci spiegano che ciò avviene perché entrambe si sono caricate dello stesso segno. Tuttavia, se lasciamo passare un po’ di tempo le foglioline si riavvicineranno, a riprova che hanno perso la carica. Dove sarà mai andata? Che cosa l’avrà neutralizzata? La scoperta della radioattività naturale, a cavallo tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900, aveva dato ai fisici una possibile spiegazione. Gli elementi radioattivi sulla superficie della Terra sono responsabili della liberazione di diversi tipi di (allora) misteriose radiazioni che potevano veicolare le cariche necessarie per neutralizzare l’elettroscopio. La spiegazione era ragionevole ma non tutti erano disposti ad accettarla a scatola chiusa. Se la radiazione era di origine terrestre, doveva essere possibile rendersene conto con delle misure. Allontanando l’elettroscopio dal suolo si sarebbero dovuti vedere dei cambiamenti nella velocità di scarica. In particolare, visto che ci si allontanava dalla sorgente del disturbo, le foglioline dovevano respingersi per tempi più lunghi. Come ci si può allontanare dal suolo? Semplice, si può andare verso l’alto o verso il basso, ricordandoci che siamo all’inizio del ’900 e i mezzi tecnici sono molto limitati.
Nasce così la sfida tra chi guarda in basso, sfruttando la profondità di mari e laghi, e chi invece guarda in alto e si avventura a bordo di mongolfiere. Da un lato Domenico Pacini, assistente al Regio Ufficio Centrale di Meteorologia e di Geodinamica, dall’altra Victor Hess promettente assistente al Radium-Institut di Vienna, inserito nell’ambiente universitario austro-ungarico che andava per la maggiore.
Pacini inizia prima: i suoi doveri di metereologo lo portano a cercare di misurare l’elettricità dell’atmosfera. Per farlo, inventa la tecnica delle misure subacquee. Grazie al supporto della Regia Marina, tra il 1907 e il 1911, conduce una serie di campagne per misurare la velocità di scarica degli strumenti nel mare Tirreno. Nel giugno 1911 dopo 7 giorni di misure conclude in modo convincente che la velocità di scarica a 3 metri di profondità è inferiore di circa il 20% di quella misurata sul livello del mare. La diminuzione poteva essere spiegata come l’assorbimento da parte dell’acqua di una radiazione che veniva dall’alto. Scrive sul «Nuovo Cimento», «...le esperienze di cui è oggetto questa nota confermino che esista nell’atmosfera una sensibile causa ionizzante, con radiazioni penetranti, indipendente dall’azione diretta delle sostanze radioattive del terreno».
Victor Hess inizia le sue misure nell’agosto 1911 con la mongolfiera Radezsky che lo porta fino a circa mille metri. I risultati sono confusi. Decide che bisogna riprovare e andare più in alto. Un anno dopo, nell’agosto 1912, arriverà a 5mila metri e vedrà un chiarissimo aumento nella velocità della scarica dei suoi strumenti, segno che la radiazione aumenta man mano che il pallone sale. Fu immediato concludere che la causa della scarica degli elettroscopi non era radiazione di provenienza terrestre, ma piuttosto qualcosa che veniva dall’alto.
Due evidenze sperimentali diverse che puntano nella stessa direzione, separate da appena un anno. Tuttavia, quando si è trattato di decidere la data del centenario, non ci sono stati dubbi: 2012. Perché?
Alessandro De Angelis, che all’epopea dei raggi cosmici ha dedicato un libro molto informato, pensa che Pacini sia stato penalizzato dalla lontananza dal mondo accademico. L’istituto di meteorologia era fuori dai circoli scientifici che contavano e questo rendeva difficile essere invitato a conferenze per farsi conoscere. Non che Pacini si tenesse in disparte: ebbe numerosi scambi epistolari con Hess, ma il riconoscimento internazionale non arrivò. La ricerca sulla radiazione che viene dall’alto, che deve a Robert Millikan il bel nome di «raggi cosmici», fu per decenni uno dei punti focali della fisica. L’Italia ebbe un campione indiscusso in Bruno Rossi che, nel 1933, con una storica spedizione nell’Etiopia italiana, dimostrò che i raggi cosmici sono particelle di carica positiva. Il più giovane Giuseppe Occhialini, ospite di un laboratorio inglese, nei raggi cosmici trovò l’anti-elettrone (che oggi chiamiamo positrone), peccato che Carl Anderson l’avesse preceduto di poco.
La scoperta dei raggi cosmici verrà premiata con il Nobel nel 1936. Il comitato riconosce il contributo di Pacini, che è mancato due anni prima, e assegna a Hess metà del premio mentre l’altra metà va a Carl Anderson.
Il Premio Nobel non salverà Hess dalle leggi razziali che gli faranno perdere la cattedra a Innsbruck. Stessa sorte toccherà a Bruno Rossi a Padova. Tutti troveranno accoglienza negli Stati Uniti che diventeranno il centro dello studio dei raggi cosmici, e non solo. La conquista dello spazio apre nuovi orizzonti: Explorer I, il primo satellite scientifico Usa, porta in orbita un contatore di particelle e scopre le fasce di Van Allen, raggi cosmici intrappolati nel campo magnetico terrestre. Bruno Rossi ha l’idea di cercare altre radiazioni cosmiche e mette le basi dell’astrofisica moderna, giusto 50 anni fa, con la scoperta della prima sorgente X celeste. Un’altra scoperta da Nobel che verrà assegnato nel 2002 a Riccardo Giacconi, all’epoca giovane collaboratore di Rossi.
Quali altre scoperte sono ancora nascoste nella pioggia di particelle cosmiche? Tutti guardano ai neutrini, le particelle più numerose e più dispettose dell’Universo. Sono stati costruiti enormi rivelatori, speriamo in risultati altrettanto grandiosi.