Chiara Bussi, Il Sole 24 Ore 30/7/2012, 30 luglio 2012
UN ANNO DI SPREAD TRA BCE, UE E MANOVRE
Kaiserstraße 29, nel cuore finanziario di Francoforte. È qui, sulla sede della Bce, che sono puntati gli occhi dei mercati in attesa della riunione del consiglio direttivo di giovedì 2 agosto. Esaurite le cartucce della politica europea, le speranze sono ora tutte riposte nella squadra capitanata da Mario Draghi alla ricerca di una (o più) mosse per contrastare – o almeno arginare – l’emergenza in Italia e Spagna, con lo spread tra i Btp e i Bund tedeschi che la scorsa settimana ha superato le colonne d’Ercole dei 500 punti, a un soffio dal record storico dello scorso novembre, per poi ripiegare tra giovedì e venerdì (almeno per l’Italia), intorno a quota 450.
La Bce non si sottrarrà ai suoi doveri – ha spiegato la settimana scorsa lo stesso Draghi – ed è pronta a fare la sua parte per difendere l’euro. Anche nella ricerca di una soluzione al problema degli spread che rientra nel mandato dell’Istituto «nella misura in cui il loro livello impedisce la giusta trasmissione delle decisioni di politica monetaria». Sono numerosi gli strumenti a disposizione dell’Eurotower per calmierare i mercati. Da un ulteriore taglio dei tassi (oggi allo 0,75%) a nuove operazioni di liquidità (Ltro), fino all’arma più attesa: il "bazooka", con un nuovo piano di acquisto di titoli di Stato, direttamente o per conto del fondo salva-Stati (Efsf) in attesa che a settembre entri in vigore il più potente Esm, dopo il verdetto della Corte Costituzionale tedesca. «Tutte munizioni già utilizzate nel corso dell’ultimo anno, che hanno avuto benefici temporanei ma non sono state risolutive», sottolinea Mario Spreafico, direttore investimenti di Schroders private banking.
La cronistoria di un anno di spread lo conferma. Anzi, a ripercorrerla sembra quasi di fare un salto indietro di dodici mesi. Tutto comincia il 4 agosto di un anno fa, quando la stessa Bce annuncia l’acquisto di titoli di Stato irlandesi e portoghesi, ma non italiani e spagnoli, deludendo le attese. Il differenziale con i Bund tedeschi, rimasto per anni a quota 200 punti, si impenna a 400 punti. Il 5 agosto l’Eurotower, allora guidato dal francese Trichet, compie una mossa insolita: una lettera a Roma con la richiesta di riforme. Subito. Con in tasca l’impegno di Roma, l’8 agosto la Bce rompe gli indugi e annuncia che comprerà titoli di Stato di Italia (e Spagna). Il "bazooka" ha un effetto immediato: lo spread retrocede immediatamente di oltre 100 punti, scendendo a quota 308. In un anno è questa la mossa più efficace, il vero-scudo anti-spread. Più degli sforzi titanici del governo Monti, tra manovre, leggi di stabilità, spending-review e riforma del lavoro che hanno domato le fiamme solo di qualche decina di punto. Unica eccezione il decreto salva-Italia, che ha fatto crollare il differenziale di 200 punti, ma nell’arco di un mese. L’azione di Francoforte ha avuto anche maggiori effetti dei passi avanti (a singhiozzo) nell’integrazione europea, con il fiscal compact, il patto per legami più stretti delle politiche di bilancio fino alla roadmap sull’Unione bancaria e fiscale.
Quelli dell’Eurotower erano però interventi «limitati e temporanei». Tanto che il 9 marzo di quest’anno è arrivato il temuto stop, quando il differenziale è sceso sotto la soglia psicologica dei 300 punti. Poi, ad aprile, la nuova risalita. «Da un anno a questa parte – sottolinea Spreafico – l’Italia e la Spagna sono sotto attacco. Prima era stata la volta di Irlanda, Portogallo e Grecia. Questo perché l’Unione europea, incapace di trovare la strada della solidarietà per superare una crisi sempre più lacerante, ha distratto l’attenzione spostando il focus dei problema ora su un Paese ora su altro. Per i governi sotto tiro i margini di manovra sono però limitati: hanno già preso le medicine e stanno proseguendo la cura. L’unica che può intervenire è oggi la Bce, con acquisiti di titoli di Stato, ma questa volta non temporanei ma illimitati, per riportare la calma sui mercati e far ripartire l’economia reale».
Che cosa farà la Banca centrale giovedì? «Se la stabilità finanziaria dovesse essere minacciata – dice l’economista di Bruegel Benedicta Marzinotto – e’ difficile immaginare che stia a guardare. L’incontro potrebbe riservare sorprese se la situazione attuale persiste: nei fatti forse anche un ampio programma di acquisto di titoli di più Paesi, nelle parole il sostegno politico all’idea di concedere una licenza bancaria al meccanismo europeo di stabilizzazione». Questa ipotesi, tornata oggi sul tavolo, consentirebbe al fondo salva-Stati di approvvigionarsi liberamente presso la Bce, ma «richiederebbe – chiarisce l’economista – un’ulteriore modifica del Trattato».
Per Diego Valiante, ricercatore del Ceps e responsabile della ricerca del think tank European capital market Institute (Ecmi) un ulteriore taglio dei tassi «avrà un impatto molto limitato». Un’altra operazione di finanziamento a lungo termine «potrebbe ridurre sensibilmente i costi del debito, ma l’esperienza dei due Ltro precedenti dice che gli effetti sono molto contenuti nel tempo, oltre a far crescere l’abbraccio mortale tra banche e governi nazionali». Solo la Bce, dunque, «può garantire quella protezione da attacchi speculativi, come detentore della sovranità monetaria e della possibilità di ripagare in ogni caso il debito stampando moneta».