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 2012  luglio 29 Domenica calendario

LA SCINTILLA DELLA POLEMICA NON RISPARMIA NOBEL E BESTSELLER. GLI ATTACCHI A ROTH, LE IRE DI HANDKE E LA DISCREZIONE DI LITTELL

Se la parola «premio» non fa rima con «polemica», è vero che intorno ai riconoscimenti letterari si scatenano spesso querelle di tema non sempre stilistico o narratologico ma — lecitamente, poiché lo scrittore vive nel mondo — politiche e «indignate». Anzi, la prontezza delle reazioni è segno che sui premi l’attenzione è ben salda. Una questione italiana? Non solo. Il Man Booker Prize, ad esempio, il più prestigioso premio britannico, nel 2011 fu criticato per il peso dato alla leggibilità dei romanzi a discapito della qualità. Scrittori come John Banville, Mark Haddon e David Mitchell si sono mossi per creare un contropremio più «artistico», il Literature Prize. Altro noto premio discusso nel 2012, e per motivi opposti, è stato l’americano Pulitzer, che quest’anno con scalpore non ha indicato alcun vincitore tra i finalisti per la fiction, né Denis Johnson con Train Dreams, né Karen Russell con Swamplandia! (edito in Italia da Elliot) e neppure lo scomparso D. F. Wallace con il postumo, ma favorito, The Pale King (edito in Italia da Einaudi come Il re pallido). Acute anche le frecce che colpiscono i singoli premiati. Ad esempio, l’opinione pubblica si è divisa nel 2006 arrivando a chiedere la restituzione del Premio Nobel di Günter Grass, allorché l’autore dichiarò di aver militato nelle Waffen-SS come volontario e non coscritto. Peter Handke nel 1999 restituì il Premio Büchner (datato 1973) per protesta contro le bombe sui civili in Serbia, mentre nel 2011 il Candide Preis assegnato a Handke perse lo sponsor, e nel 2006 il sostegno a Milosevic costò all’autore il premio Heine. Polemiche etniche anche per il Nobel 2009, quando lo scrittore dissidente romeno Paul Goma dichiarò: «Il Nobel a Herta Müller non ha nulla a che spartire con la Romania». Un altro big come Jonathan Littell, osannato in Francia ma discusso nella patria America, non si è presentato nel 2006 a ritirare il Goncourt per Le benevole, comunque accettato. E Philip Roth è un premiato scomodo: Carmen Callil, tra i giurati del Booker Prize International vinto da Roth nel 2011, si è ritirata dalla giuria sputando veleni: «non lo considero uno scrittore», «ogni suo libro è la stessa solfa».
E un episodio curioso riguarda Lauren Myracle: nel 2011 il suo libro Shine, finalista al National Book Award, fu forse confuso con un titolo simile, Chime, e invitato al ritiro. In riparazione, il Premio donò con gesto elegante 5.000 dollari a un’associazione benefica, «a nome della scrittrice». Quello giusto, si spera.
Ida Bozzi