Alessandro Calvi, Il Messaggero 29/07/2012, 29 luglio 2012
COSA RESTA DELLE RONDE
«Le ronde non esistono» disse, tra le prime cose da ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri. Non scherzava. A tre anni dalla loro nascita - il compleanno si celebra l’8 agosto - le ronde sono un flop. Lo dicono i numeri che non mentono: ad oggi quelle autorizzate sono 17, davvero poca cosa. Un fallimento, dunque, seppure ben distribuito da Nord a Sud.
Tre associazioni di osservatori volontari questo il nome ufficiale risultano infatti nel registro della prefettura di Napoli, una addirittura in quella di Crotone. Nessuna a Roma. Per le altre, si deve risalire lo stivale e cercare nel territorio di Milano, Padova, Savona, Treviso ma, soprattutto, Varese che, tra città e paesi della provincia, è la rondopoli italiana: ben 7 ronde sono nell’elenco della prefettura di quella città che è di provata fede leghista e feudo di Roberto Maroni, che lì è nato. E in ciò, se vogliamo, c’è dell’ironia, in quanto a decretare la fine delle ronde sembrerebbe essere stato proprio chi delle ronde volle fare una bandiera, legalizzandole ad ogni costo.
Fu Maroni, all’epoca ministro dell’Interno, a firmare il pacchetto sicurezza, tutto muscoli e volontà, che prevedeva regole molto rigide: le ronde, ad esempio, non dovevano avere fine di lucro né potevano essere collegate a partiti, sindacati e tifoserie organizzate. Così, però, per affermare una bandiera, i leghisti spezzarono l’asta; poi, nel giugno 2010 ci fu anche una mezza bocciatura della Corte costituzionale. E ora di quella bandiera non rimane granché; stropicciata come anche la Lega, alle prese con una faticosa ricostruzione e la necessità di ripulirsi un po’ prima di ripresentarsi di fronte agli elettori. Ecco, allora, che dalle parti dei lumbàrd qualcuno torna all’antico e ai vecchi amori, seppur ammaccati.
Mario Borghezio è tra questi, e infatti mentre parla al telefono è in viaggio verso Pavia dove è atteso a una «riunione di attivisti indipendentisti» perché, dice, «contrariamente a quando eravamo al Viminale, stiamo tornando alla situazione precedente quando, non per colpa delle forze dell’ordine, mancavano interventi e le ronde hanno a lungo sostituito lo Stato»; insomma, giura che «sul territorio c’è di nuovo richiesta di ronde». E, anzi, sostiene che proprio l’aver tenuto il Viminale sia stata una delle cause che ha provocato una battuta d’arresto del fenomeno. «Con un ministro bravo come Maroni - spiega - si è scommesso sulla possibilità di avere una risposta dalle istituzioni». Quella risposta, dice Borghezio, c’è stata; ma ora, appunto, Maroni non è più al Viminale.
Non tutti, come è ovvio, la pensano come lui. «Visti i numeri, stiamo parlando di un non-fenomeno: forse qualcuno tenterà di riesumare questo cadavere ma non credo che gli italiani abboccheranno» dice Claudio Giardullo, segretario generale Silp Cgil. All’epoca, tra i più fieri oppositori alla legalizzazione delle ronde c’erano proprio le forze dell’ordine. E nulla è cambiato. «Questa dice infatti Giardullo è una delle cose che gli italiani si sono evitati: l’ennesima patacca sulla sicurezza». Dubbi che il fenomeno possa riespandersi li ha anche il prefetto Claudio Palomba, presidente del Sinpref. «Probabilmente ragiona l’aspetto volontaristico è venuto meno e forse l’interesse degli italiani ora è su altro». Insomma, dice il prefetto, «forse un contesto politico di un altro tipo poteva sostenere il fenomeno, ma la situazione ora è cambiata. E credo che la crisi abbia inciso non poco».
Se però avesse ragione Borghezio è facile prevedere nuove polemiche. Tre anni fa riempirono per settimane le pagine dei giornali, generarono dotte disquisizioni sul filo del cavillo, scontri, ironie. Ci fu anche chi, dopo una grave aggressione avvenuta nei pressi del Gay Village, aprì una pagina su Facebook il cui titolo era un manifesto: «Vorrei le ronde gay». Forse Maroni non immaginava che potesse finire così ma, intanto, quel fenomeno sembrava aver fatto breccia anche nel costume. Ebbene, visto come è andata a finire, si può ben dire: davvero tanto rumore per nulla.