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 2012  luglio 27 Venerdì calendario

IL GRUPPO ANSALDO E LE MANI ADATTE

Il caso Finmeccanica mette alla prova la cultura politica del governo. Mario Monti sta giocando al meglio la partita macroeconomica. Ma la speranza, senza la quale un Paese già in preda alla disoccupazione è perduto, si costruisce anche affrontando con lungimiranza le grandi trasformazioni aziendali. Due restano le strade. La prima: chiudere le fabbriche decotte e favorire i passaggi di proprietà al miglior offerente. Punto. In tal modo, i capitali possono migrare verso gli impieghi più efficienti e l’occupazione può addirittura crescere. Se questo non accade, è perché l’ambiente circostante l’impresa non attrae gli investimenti, e dunque va risanato con riforme liberiste.
La seconda strada: salvare i posti di lavoro alla tedesca, specialmente laddove si perdano competenze preziose, e governare i passaggi di proprietà più importanti, con approcci diversificati tra pubblico e privato ma sempre seguendo una politica industriale adatta all’Italia. Nel presupposto che qui dopo una Fiat e una Finmeccanica non sboccerebbe una Apple, ma soltanto qualche piccola impresa. È già accaduto nella chimica con la Montecatini e nella farmaceutica con Farmitalia. Dietro li loro, il deserto. Le riforme vanno fatte e sarà la politica democratica a orientarle secondo impostazioni liberiste o socialdemocratiche. Ma al governo tocca operare affinché le poche grandi aziende complesse di questo Paese non finiscano in «mani inadatte».
Nella competizione globale si usa tutto. Finmeccanica venderà 30 Aermacchi 346 a Israele, ma questo aereo da addestramento esiste perché la Difesa ha scelto di rappresentare le sue esigenze a Finmeccanica e al governo e l’allora ministro Bersani si prese la responsabilità di assegnare 800 milioni per sviluppare quell’aereo. Se il cliente Difesa avesse fatto una gara anziché impostare un programma e fare filiera, forse avrebbe risparmiato sul momento, ma oggi non avremmo un modello vincente. Che con il bollino di Tel Aviv sarà ben vendibile in tutto il mondo.
Il governo Usa non ha impedito a Finmeccanica di prendere Drs. E però esige che tutto quanto va al Pentagono sia made in Usa, proibisce al padrone italiano di conoscere le tecnologie più sofisticate di Drs e, per erudire il pupo, ha ridotto gli acquisti. Per recuperare, Finmeccanica ha nominato capo di Drs l’ex numero due del Pentagono.
Finmeccanica è molto cresciuta. Rivedendo i conti, ha confessato errori e sfortune. Ora, per tagliare i debiti e ritrovare il modo di finanziare le attività principali, Finmeccanica deve fare cassa vendendo l’ottima Ansaldo Sts, Ansaldo Energia, buona ma piccola rispetto ai concorrenti, e Ansaldo Breda, piccola e in perdita da anni. Il colosso giapponese Hitachi vorrebbe l’Ansaldo Sts e l’Ansaldo Breda; la Siemens l’Ansaldo Energia. Sulla carta, Finmeccanica ha due scelte. La prima è vendere e amen. Qualcosa si è già fatto con la cessione del 45% di Ansaldo Energia al private equity First Reserve e con il collocamento in Borsa del 60% di Ansaldo Sts. Ma cedere il controllo, e dunque la gestione, è un’altra cosa. Gli annunci del presidente Orsi hanno suscitato reazioni a Genova e a Pistoia. Siemens e Hitachi offrono anche prospettive oltre il denaro, ma per la bella storia del Nuovo Pignone targato General Electric ci sono una Telettra smantellata dall’Alcatel, una Terni ridotta ai minimi dalla ThyssenKrupp, una Glaxo cancellata.
L’altra scelta è complicata, ma può quadrare il cerchio. Non dimentichiamo che le Ansaldo buone anni fa erano pessime. Si sono riavute perché hanno cambiato il management e lo Stato ha generato domanda nel settore elettrico con le provvidenze del Cip 6 (per altri versi scandalose) e nel segnalamento ferroviario con gli investimenti e la collaborazione di Fs. In questi casi c’erano «mani adatte» di beneduciana memoria. Finmeccanica deve vendere. Ma all’Italia non giova mettere a rischio il buon lavoro fatto fin qui. Il ministro Passera ha aperto uno spiraglio. Sta ora al governo favorire patti parasociali con i nuovi soci di riferimento, eventualmente garantiti da una presenza della Cassa depositi e prestiti, latitando finora l’industria privata nazionale. Quanto all’Ansaldo Breda, problema spinoso, la chiave di volta sta nelle Fs, dove Mauro Moretti è abbastanza terribile nelle specifiche, ma lo è potendo vantare il successo di Ansaldo Sts. Politica industriale vuol dire anche far pesare il ruolo del grande cliente, se promotore di progresso, nel rapporto con il fornitore in progetti di lunga lena. In Germania e Francia, Deutsche Bahn e Sncf fanno le gare, ma chissà come mai vincono quasi sempre i treni tedeschi e francesi.
Massimo Mucchetti