Paolo Bracalini, il Giornale 25/7/2012, 25 luglio 2012
LO STIPENDIO DI RONALDO? GLIELO PAGHIAMO NOI
Roma Mr Pérez ha gusti austeri. «Non beve vino, difficilmente veste abiti di colore di¬verso dal blu» scrive il New York Times , che vede in lui, in Florentino Pérez, presidente del Real Madrid e capo del colosso delle co¬struzioni ACS Sa, il simbolo del caos finan¬ziario spagnolo. La ricetta: un mare di debi¬ti (660 milioni il Real, 9 miliardi di euro la Acs). In quel mare naviga tutta la Liga spa¬gnola, una enorme bolla a forma di pallone, inghiottita da altre due bolle (immobiliare, bancaria) che portano la Spagna ad un pas¬so dal baratro. Passo di fuoriclasse pagati ci¬fre iperboliche. Josè Mourinho, 10 milioni di stipendio annuo, il mister più ricco al mondo, Ronaldo (12 milioni), Messi (10,5), Kaka (9),Xavi (7,5).Tra i primi venti giocato¬ri più pagati del pianeta quasi la metà gioca tra Barcellona e Madrid. Troppi soldi: il cal¬cio spagnolo è in rosso per 5 miliardi di eu¬ro, mezzo punto di deficit. Incassa 1,8 mi¬liardi l’anno, ma ne costa 2,1. Le società de¬vono allo Stato iberico, solo tra tasse non ri¬scosse e oneri sociali, circa 1 miliardo di eu¬ro. Sarebbe già fallito se non fosse per le ban¬che spagnole, che se non fosse per l’Europa (prestito fino a 100 miliardi) sarebbero già fallite. Conclusione: i super ingaggi dei campioni del Barca e del Real, è come se li pagassero i contribuenti Ue. Immobili, fi¬nanza e società di calcio. Tra questi tre poli interconnessi si avviluppa il gorgo dei conti spagnoli. Prendiamo Bankia, quarto istitu¬to di credito della Spagna, salvato dal crack grazie ad una statalizzazione (il governo, aiutato dalla Ue, ha comprato il 45%). Bankia ha portato come garanzia Ronaldo e Kakà, che il Real ha comprato grazie al suo maxi prestito. Anche la società di Pérez, la «Acs costrucciones», è indebitata con Bankia. Se la banca fosse fallita, sarebbe fal¬lito anche il Real, e avrebbe avuto seri pro¬blemi anche Acs, esposta per 9 miliardi con lo stesso istituto. Allo sportello di Bankia ha bussa anche il Valencia, che nel 2009 ha ot¬tenuto un prestito che ha scongiurato la bancarotta. Allora la banca si chiamava an¬cora Bancaja, poi fusa in Bankia insieme ad altri istituti, salvati così dal fallimento, an¬che grazie a 4 miliardi dello Stato centrale. Stavolta invece è l’Europa a salvare le ban¬che e a mantenere il pallone in campo.
Real e Barcellona, malgrado l’indebita¬mento folle ( 548milioni i blaugrana) e le vo¬ragini delle banche che li finanziano, sono ancora solidi, grazie agli introiti, in gran par¬te dovuti ai diritti tv e ai gadget. I club con le spalle meno forti sono finiti nel grembo dei fondi di investimento. Come succede al Sa¬ragozza, 134 milioni di debito, di proprietà di un fondo di Dubai. Il Getafe, quarta squa¬dra della capitale presente nella massima divisione spagnola, dall’anno scorso è sta¬ta acquisita dal Royal Emirates Group dello sceicco Mansur bin Zayd Al Nahyan, già presidente del Manchester City e di Al Jaze¬era. Il Racing Santander, squadra di secon¬da serie, è finito al magnate indiano Ali Syed, proprietario del Western Gulf Advi¬sory, che a sua volta si dice voglia venderlo alla famiglia reale del Bahrein. Dal destino delle finanze spagnole dipenderà quello del calcio spagnolo, finora il più ricco e quindi destinazione dei campioni top, an¬che grazie alla cosiddetta legge Beckham (tasse scontate ai fuoriclasse stranieri). A gennaio è stata abrogata, incompatibile coi disastri di aziende e famiglie. Mille miglia lontani dal rigore dei conti del Bayern Mo¬naco, stile Merkel. Se la Spagna (meglio: Re¬al e Barça) non sarà più l’eldorado del pallo¬ne, il pallone rotolerà altrove, dove i soldi in¬vece ci sono. Nelle braccia degli emiri, o da¬gli oligarchi della Russia, come ha già fatto Eto’o: 20,5 milioni a stagione. Olè.