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 2012  luglio 25 Mercoledì calendario

E LUI LANCIÒ UN’OPA SU DI ME


Cristiana Falcone Sorrell mi dà appuntamento in un ristorante all’aperto di Roma, e ordina pasta: i cliché dell’italiana che vive all’estero. Nata da madre ligure e padre ciociaro comandante dell’Alita lia, è una delle donne più influenti nel campo dei media e delle relazioni internazionali: dopo 15 anni di carriera nel settore pri vato multinazionale e pubblico internazionale, ha trascorso gli ultimi 7 lavorando per il World Economic Forum, quello che ogni anno si riunisce in Svizzera a Davos. Nel 2008 ha sposa to Martin Sorrell, amministratore delegato della Wpp, una po tenza mondiale nel campo della comunicazione e della pub blicità. Vivono tra Londra e New York, in due splendide case. Quella londinese è minimal: pareti bianche, pavimenti in le gno chiaro e un giardino pieno di palme, aranci, ulivi e cipressi in vasi di terracotta. Quella di Manhat tan, dove l’abbiamo fotografata, è inve ce l’ex studio di un artista su Gramer cy Park, con finiture neoclassiche e ogni stanza di un colore diverso. La coppia, si mile per temperamento e ambizione – il lavoro al primo posto –, è molto diversa per età: 39 anni lei, 67 lui. Galeotto fu il Forum, nel 2005, a Davos. Come è andata? «Mi occupavo dei grandi operatori. In pratica, servivo tè e caffè ai media mo gul del mondo, gente come Rupert Mur doch e Larry Page». E suo marito. «A loro confronto Martin è un “moguli no”, e glielo ricordo sempre per prender lo in giro. Ci incontrammo per un nego ziato: il Forum si finanzia attraverso gli im prenditori, che pagano una quota di parte cipazione per confrontarsi sui temi del fu turo con capi di Stato, intellettuali, società civile. Martin voleva portare due persone al prezzo di una: gli dissi di no». Un buon inizio. «Lui dice che è stato un colpo di fulmine. Per convincere me invece ci sono voluti quattro anni: mi chiamava tutti i giorni a tutte le ore, lo trovavo ovunque andas si, da Pechino a Cannes. Conoscevo la sua fama di aggressivo sul lavoro, un gior no gli chiesi: “Mi consideri uno strategic partner o una merger & acquisition?”. Le metafore finanziarie sono diventate un gioco tra noi. In realtà capivo che ave va lanciato su di me un’opa ostile». Che cosa l’ha convinta a capitolare? «Vedere che nei momenti difficili, come quando ha perso sua madre, voleva me vicino. Mi ha conquistata quando abbia mo iniziato a lavorare insieme su cose concrete: ho sempre sognato una fonda zione che si occupasse di donne e soste nibilità, e grazie a lui il sogno è diventato realtà. Decisiva poi è stata una sua lettera: mi scriveva che era aperto a ogni forma di partnership con me, ma che da uomo tra dizionale preferiva il matrimonio». Quindi vi siete sposati. «Sì, ad aprile 2008, nella chiesa di Porto venere. Cerimonia molto ristretta, e dop pia: Martin è ebreo». Non la spaventava la differenza d’età? «Ho provato a stare con uomini della mia età, ma non ha mai funzionato, si inne scavano sempre competizioni. Soprattut to con i signori italiani, erano relazioni più castranti che di crescita». Trent’anni però non sono troppi? «Non ho mai cercato un padre, anche perché il mio c’è sempre stato ed è fanta stico: va in moto ed è un gran bell’uomo, al mio matrimonio tutti pensavano che lo sposo fosse lui. Martin però i suoi anni li porta bene, e ha più energia di me». I DENTI DI ZUCKERBERG Non ha paura di dover rinunciare a qual cosa? Alla maternità, per esempio? «Non vorremmo rinunciarci, e anche Martin è aperto all’idea. Ma penso più all’adozione che a un figlio biologicamen te nostro: ci sono fin troppi orfani al mon do. E poi sono già nonna di sette nipoti». Nonna? «Mio marito ha tre figli che si sono sposa ti molto presto, e hanno fatto molti bam bini. Per loro sono nonna Cristiana». I ragazzi saranno suoi coetanei. Non han no avuto problemi ad accettare che il padre si risposasse con una donna così giovane? «Non sono io la cattiva della storia, la cau sa della separazione di Martin dalla loro madre (si riferisce alla relazione con Danie la Weber, collaboratrice di Marco Benatti, ex capo di Wpp Italia, licenziato da Sorrell nel 2006; ne seguì una lunga battaglia lega le tra i due, ndr). E ho molta stima di San dy, la signora inglese che è poi stata a ca sa a crescergli tre figli. Io sono molto di versa, a me il compromesso di mollare la mia carriera non sarebbe mai andato be ne. Con Martin, la differenza d’età ci aiu ta a non essere in competizione». Non la spaventa, come coppia, la prospet tiva di non avere tutta la vita davanti? «Vivo alla giornata, anche il matrimonio: se un domani le cose non funzionassero più, ne uscirei. Certo, per motivi anagra fici non abbiamo la prospettiva di passa re gli anni della pensione insieme, ma la scelta di un ruolo meno operativo al Fo rum – quello di addetta ai progetti spe ciali – è stata presa proprio per passare più tempo con mio marito». Lei lavorava già nel settore dei media, e suo marito è un pezzo grosso di quel mon do. I maligni pensano che il vostro sia un matrimonio di interesse. «La mia carriera era già ben avviata quan do ho conosciuto Martin. Solo in Inghil terra, un Paese che credevo decisamente più progressista, mi considerano ancora “la moglie di”. D’altra parte, basta guar dare il ragionamento da casta che hanno applicato a Kate Middleton. Sa quante volte mi sono sentita dire: “Non capisco perché Lady Sorrell debba lavorare”?». Come è arrivata al Forum? «Sognavo la carriera diplomatica, ma do po la laurea in Scienze Politiche provai due volte il concorso senza riuscire a passar lo. Iniziai a lavorare per essere autonoma dalla famiglia: prima come ufficio stam pa, poi come producer per la Rai. Quindi feci un master in assistenza umanitaria al la Fletcher School di Boston: da lì arrivai a Ginevra a un programma di cooperazione internazionale. Una sera, conobbi il capo delle pubbliche relazioni del Forum. E lui mi offrì di occuparmi dei media». Pensa che Davos sia ancora utile? «Il Forum è sorto come luogo di incon tro tra imprenditori europei e americani. Poi ci si è accorti che non aveva bisogno solo dell’economia, ma anche del con fronto con la politica e la società civile. Fornisce spunti di riflessione: le azioni concrete partono altrove. Ma la Fonda zione Gates è nata qui, e alcuni negoziati condotti con Israele dall’Amministrazione Clinton vengono da incontri bilaterali iniziati a Davos. Una soddisfazione che ho vissuto in prima persona è quella di aver portato al Forum Mark Zuckerberg quando ancora nessuno sapeva che co sa fosse Facebook. Aveva 24 anni, non si era portato nemmeno lo spazzolino da denti. Lo facemmo entrare dalla porta di servizio: secondo i criteri del Forum, non sarebbe mai stato ammesso».