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 2012  luglio 27 Venerdì calendario

IL BUONGIORNO ARRIVA DAI TITOLI A DUE ANNI

Se serviva un numero, una prova tangibile, un accadimento per dimostrare che il rischio-Italia non naviga in bruttissime acque in questi giorni, quel numero l’ha fornito ieri l’asta dei CTz. I Certificati zero coupon sono una tipologia di titolo particolare, adatta al palato degli investitori domestici. Ne circolano poco più di 67 miliardi, pari al 4,11% dello stock dei titoli di Stato. In asta ieri sono stati collocati prevalentemente a portafogli italiani a un tasso di assegnazione del 4,86%, per 15 centesimi più alto dell’emissione dello scorso giugno.
Ebbene, è stato proprio questo rendimento al 4,86%, questo numero, a dare conferma ieri della buona tenuta del rischio-Italia nonostante le avversità del contagio della crisi del debito sovrano europeo. Che il CTz sarebbe stato venduto a un tasso superiore rispetto all’asta di giugno, era inevitabile, dopo la recente brusca impennata dei rendimenti dei titoli di Stato spagnoli e di conseguenza italiani. Ma quel 4,86% è risultato molto più basso delle aspettative prevalenti, che non erano neppure tra le più pessimistiche. Molti traders avevano pronosticato un’emissione di CTz al 5% o persino oltre: perché è normale che un titolo in asta venga collocato in linea con i prezzi e i rendimenti del mercato secondario, che alla vigilia della nuova offerta viaggiavano per l’appunto attorno al 5 per cento.
Il 4,86% ha provato, in maniera inconfutabile, che ieri mattina non era in atto una fuga estiva incontrollata in uscita dal rischio-Italia. Prima ancora che le dichiarazioni del presidente della Bce Mario Draghi avessero fatto il giro del mondo entusiasmando i mercati, il Tesoro aveva già messo a segno l’asta dei CTz al 4,86%: un rendimento molto lontano dal drammatico 7,814% dell’asta degli zero coupon del novembre 2011, quando invece il panico poteva toccarsi con mano.
Un altro messaggio, questa volta però inquietante, è stato trasmesso da quel 4,86 per cento. L’asta dei CTz ha segnato l’ennesimo rendimento al rialzo, continuando un trend iniziato in aprile. Il tasso di assegnazione dei CTz più congruo quest’anno, rispetto ai fondamentali dell’Italia, è stato registrato in marzo, al 2,352 per cento. All’epoca, la Bce non stava acquistando titoli di Stato italiani sul secondario (e comunque i CTz non rientravano nel suo campo di azione) ma in compenso le banche erano cariche di liquidità in eccesso in virtù della seconda operazione straordinaria LTRO (prestito senza limite di importo a tre anni concesso dalla Bce alle banche al tasso prevalente, in quel periodo l’1%). Tutte le aste dei CTz a partire da marzo, invece, hanno avuto rendimenti al rialzo: quando di un punto percentuale (tra marzo e aprile), quando di 70 oppure 15 centesimi. Tutto questo pesa negativamente sul rischio-Paese. Uno Stato come l’Italia, con un debito/Pil oltre il 123% e 450 miliardi di aste lorde da collocare quest’anno, non può permettersi di registrare rendimenti puntualmente al rialzo in tutte le sue nuove emissioni di titoli di Stato. Il mercato ha bisogno di assestarsi su un punto di equilibrio e di calibrare i tassi in asta in base alle aspettative sull’andamento dell’economia, e della politica monetaria della Bce, della domanda e dell’offerta e non alla volatilità estrema sul rischio-Paese e sullo spread. Quel 4,86% nell’asta dei CTz, per quanto migliore delle attese, resta macchiato dalla crisi europea e dal contagio.