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 2012  luglio 27 Venerdì calendario

LA FENICE METTE A LAVORARE I VENTENNI


“Scenografie: Alberto Galeazzo”. Così sarà scritto, sulla locandina de L’occasione fa il ladro, burletta in un atto di Gioachino Rossini prodotta dal Gran Teatro La Fenice a ottobre (il 12, messa in scena al teatro Malibran). E sotto, un lungo elenco di nomi, da Fabio Carpené a Sara Martinelli. E non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che, a firmare fondali, cambi scenici e luci dell’opera in cartellone, sono ragazzi di poco più di 20 anni. Ancora studenti, al biennio di specialistica dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. «È il cuore del nostro “progetto giovani”», spiega il sovrintendente del teatro lagunare, Cristiano Chiarot. «Quando avevo la loro età, era più semplice riuscire a lavorare. Oggi, assorbirli nella struttura del teatro è purtroppo complicato: ma, per me, è strategico trovare modi per coinvolgere sempre di più le nuove generazioni nel processo produttivo». E così Galeazzo – barbetta e aria vagamente sperduta – e compagnia si sono trovati catapultati in uno dei più spettacolari palcoscenici del mondo: quando già soltanto visitare il teatro risorto nove anni fa, con stucchi e dorature, dalle ceneri del suo ultimo incendio, è un’esperienza che attira ben 165 mila persone all’anno per un semplice tour guidato, portando nelle casse un bel milione di euro...

Tutor d’eccellenza. Ma ciò che conta è che, così, La Fenice mette in gioco i giovani. Ventenni già di successo, come il direttore d’orchestra venezuelano Diego Matheuz (che di anni ne ha 27), a cui Chiarot ha affidato opere come Rigoletto (2011), La Traviata (2012) e La Bohème (2013), oltre che l’ultimo Concerto di Capodanno. Ma, soprattutto, il Gran Teatro veneziano ha cominciato a tirare a bordo gli studenti delle varie scuole artistiche veneziane, tra Accademia, Conservatorio “Benedetto Marcello” e Università Ca’ Foscari. «Al momento ne abbiamo coinvolti direttamente 700-800. Per esempio, appunto, mettendo in gara i ragazzi dell’Accademia per scene, luci e costumi delle cinque operine giovanili di Rossini (scritte dal compositore pesarese a 19 anni, ndr)», spiega ancora Chiarot, che alla Fenice è entrato pure lui appena 28enne e – caso ben raro nei teatri d’Italia – ha risalito il cursus honorum fino ad arrivare a guidarla. «Con lo Iuav, la facoltà veneziana di Design e Arti, abbiamo realizzato così anche l’allestimento scenico delle inaugurazioni degli ultimi due anni – Intolleranza 1960 di Luigi Nono (2011) e Lou Salomé di Giuseppe Sinopoli (2012). Una trentina di ragazzi in mano a tutor del calibro di Luca Ronconi e Franco Ripa di Meana: partecipando ai laboratori, hanno concretamente realizzato gran parte degli elementi, alla fine salendo anche in scena come attori o figuranti».
Un’esperienza a tutto tondo, non semplici stage, dolore (e nessuna gioia) di ogni ventenne d’oggi. «Per i vari progetti cerchiamo di assegnare qualche piccola borsa di studio, prevediamo rimborsi spese, realizziamo convenzioni», aggiunge il sovrintendente. «Per la musica, sono stati commissionati anche tre pezzi ad altrettanti giovani compositori, scelti fra quelli che non hanno già rapporti con case editrici: l’idea è di valorizzarli, ma anche di legarli alla Fenice. È la nostra strada per fare musica contemporanea. I teatri, infatti, oggi non possono permettersi opere con organici o allestimenti particolari. Troppo costosi. Ma se siamo noi a ordinare le composizioni, con le nostre esigenze produttive, il vantaggio diventa di tutti». Le difficoltà, insomma, sono le stesse degli altri teatri. Ma qui a Venezia c’è un progetto preciso. «In questi anni abbiamo ridotto i costi, lavorando in particolare su quelli di trasporti e servizi vari, portando il bilancio in pareggio. A parità di dipendenti, abbiamo poi incrementato le recite. Siamo così passati dalle 70 di quattro anni fa alle 120 del 2012, senza contare i 55 concerti». Un piano che, ai ragazzi, ora apre porte altrimenti sprangate. Di questi tempi, poi...
Alberto Galeazzo suda, nella calura estiva, mentre mostra il suo bozzetto e cambia, al modellino in miniatura, i fondali e i pannelli fatti di pergamena per mostrare il suo progetto vincente per L’occasione fa il ladro. «La regista Betta Brusa ci aveva spiegato l’opera di Rossini, indicando le sue note di regia (altrove, altri giovani avrebbero detto “ci ha briffato”, ma questo è un mondo diverso, ndr). Poi, noi dieci partecipanti alla “gara”, abbiamo cercato di creare il bozzetto per la scenografia con un modellino».
Ci troviamo in una delle strutture al Forte di Marghera, al di qua della laguna, dove lavorano i ragazzi dell’Accademia per La Fenice, che ha in uso dal Comune una “cascina” ottocentesca del complesso: c’è anche la comodità di una discesa a mare. Funzionalità non da poco, dovendo venire a prendere gli allestimenti con le barche per portarli al teatro via canali, nel cuore della città, alle spalle di San Marco. Per L’occasione fa il ladro, l’indicazione centrale della regista era di “giocare con le parole”. E la soluzione adottata prevede anche la proiezione, durante l’esecuzione dell’ouverture, dell’immagine di una “mano” di Rossini che scrive una lettera alla madre.
«La regista ha indicato l’idea prescelta, dopodiché ha introdotto le sue varianti. A questo punto, i ragazzi, tutti insieme, “sconfitti” compresi, stanno materialmente realizzando le scenografie definitive. E ci sono quelli che, con l’assistenza dei sarti del teatro Malibran, disegnano, tagliano e cuciono anche i costumi», spiega Bepi Morassi, che alla Fenice dirige la produzione e l’organizzazione scenotecnica e ha firmato la regia, tra le altre opere, anche de L’inganno felice, la prima farsa della cinquina rossiniana che coinvolge i ragazzi dell’Accademia.
«Per la nuova opera lavoreranno fino a settembre», aggiunge Giuseppe Ranchetti, docente di scenotecnica alle Belle Arti, che li sta coordinando. «Alla fine, il costo dell’operazione, per il Teatro, sarà di poco più di 20mila euro per i materiali». Non male, rispetto allo standard di una produzione. «E ora siamo riusciti a prendere la commessa per la scenografia di un secondo teatro, quello di Metz, il più antico di Francia. Stiamo preparando L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti», dice, non senza orgoglio, indicando i pennelloni e la tela dipinta dai suoi allievi sotto il neon della cascina del Forte. Ai francesi costerà appena 10mila euro. «Dati i costi ridotti, qualcuno, da quelle parti, ci ha visto una concorrenza troppo forte. Ma non è questo il punto importante. Che è invece la dimostrazione che ci sono ancora giovani pronti a sporcarsi le mani. Questi ragazzi saranno così pronti per il mercato del lavoro di tutti i teatri del mondo». Del resto, con un biglietto da visita come quello della Fenice…
Edoardo Vigna