Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  luglio 27 Venerdì calendario

E PER CONQUISTARE L’EUROPA L’EMIRO VA NEL PALLONE


La battuta, che circola in rete, è velenosa: «Il Paris St. Germain ha cambiato anche l’autista del pullman. Da agosto lo guiderà Fernando Alonso e guadagnerà il doppio di quanto prende in Ferrari». Dopo gli acquisti di Lavezzi, Thiago Silva, Ibrahimovic, Maxwell e Verratti, è un modo per riassumere l’estate senza limiti di spesa di Nasser al-Khelaifi, il presidente del Psg e uomo di fiducia di Tamin bin Hamad al-Thani, principe ereditario del Qatar e proprietario del club dal 6 giugno 2011. La crisi mondiale non risparmia il mondo del pallone: persino Barcellona e Real Madrid si stanno muovendo con cautela e il Manchester City, che dal 2008 è di proprietà dell’Abu Dhabi United group for development and investment, al momento pensa più a vendere che ad acquistare. Il Psg sta ripercorrendo la strada di Roman Abramovich, quando nel 2003 acquistò il Chelsea, immettendo una valanga di denaro sul mercato per arrivare in cima all’Europa, dopo un’attesa durata nove anni (Champions League conquistata il 19 maggio).
Quello che colpisce è il momento storico nel quale il Paris St. Germain ha deciso di trasformarsi in un uragano economico-finanziario, ma la strategia societaria è mirata a conquistare la leadership europea in tempi brevi, nel segno di investimenti sontuosi e per certi aspetti eccessivi, se paragonati con il resto del mondo pallonaro. Investimenti e non spese folli, fini a se stesse. L’acquisto da parte del principe ereditario è stato dettato non dalla voglia di comprarsi un giocattolo un po’ costoso, semmai dalla volontà di sbarcare in una delle più belle città del mondo, in un club che ha appena 42 anni di vita, molto legato alla capitale («Paris est magique», il motto), che non vince il campionato dal 1994 e che ha enormi potenzialità (anche economiche). Proprio per evitare improvvisazioni, al-Thani, non appena arrivato, ha scelto un presidente e si è affidato a un ex famoso, un uomo di calcio, conosciuto in tutto il mondo, con un grande passato da calciatore (anche nel Psg, oltreché nel Milan): Leonardo, brasiliano, che parla cinque lingue, ha fatto il dirigente (Milan) e l’allenatore (Milan e Inter) con ottimi risultati, si sente cittadino del mondo e ha sempre cercato “un sogno” e non “un lavoro”. Anche se in tempi ristretti e con un mercato complicato, Leonardo si è mosso subito. Un anno fa ha portato a Parigi un portiere (Sirigu, dal Palermo); un centrocampista (Sissoko, dalla Juve); un fantasista (Pastore, 42 milioni al Palermo) più un centrocampista d’attacco (Ménez dalla Roma). I francesi faticano ad accettare l’idea che a dettare le strategie del club di Parigi sia un brasiliano che è vissuto in Italia e gli hanno rinfacciato cento volte di aver speso troppo per Pastore; Leonardo, che a maggio sembrava deciso a tornare in Italia, ha sempre risposto ricordando soltanto che il giocatore è del 1989 e ha davanti a sé dieci anni di carriera.

Non solo soldi. Un secondo segnale che la costruzione del Psg procede nel segno della qualità e non della ricca improvvisazione è stata la scelta dell’allenatore: a fine dicembre 2011, Leonardo ha esonerato Antoine Kombouaré e ha voluto a Parigi Carlo Ancelotti. Il Psg, che era primo in classifica, ha finito la Ligue 1 al secondo posto, alle spalle del Montpellier, elogiato pure da Hollande («nel calcio i soldi non sono tutto»), ma, puntando su uno dei tecnici più preparati e più vincenti d’Europa, Leonardo ha scelto un uomo per un progetto globale, destinato a durare nel tempo e non per vincere qualche partita.
In questa estate, dopo i due innesti di gennaio (Alex dal Chelsea, Thiago Motta dall’Inter), il cambio di passo, puntando con decisione sui migliori giocatori in giro per il mondo. Al contrario di quanto faceva il Real Madrid dieci anni fa, quando era nata la storia dei Galacticos (Ronaldo, Beckham, Owen, Raúl, Morientes e Zidane, tutti insieme), Leonardo non si è preoccupato di imbottire la squadra di attaccanti, ma si è preoccupato di costruire una squadra vera, senza badare a spese (i soldi aiutano sempre), però con una logica calcistica. Ha scelto il difensore numero 1 al mondo, Thiago Silva, che deve compiere 28 anni ed è nel miglior momento della carriera; ha puntato su un centrocampista di 19 anni, che ha stupito l’Europa, Marco Verratti, prelevato dal Pescara per 12 milioni, e ha cambiato l’attacco, mettendo insieme per 50 milioni di euro Ibrahimovic, 31 anni (ha vinto otto campionati negli ultimi nove anni, si è presentato palleggiando sotto la Tour Eiffel), e Lavezzi, 27 anni (30 milioni al Napoli). Giocatori veri e non campioni al tramonto, secondo il modello del soccer nordamericano, che privilegia i giocatori a fine carriera (l’ultimo caso: Nesta, 36 anni, all’Impact Montreal).
Ma il Paris St. Germain appare anche un esempio di squadra che vuole giocare d’anticipo sui tempi. Vista la situazione del campionato francese, con Olympique Marsiglia e Lione costretti a ridurre il budget, e nonostante l’ostilità generale (nello sport i ricchi non piacciono), sembra difficile immaginare che il Psg possa perdere il prossimo campionato. Semmai la Ligue può diventare l’occasione per allenarsi per la Champions, perché i qatarioti vogliono trovare spazio in quello che è ormai il campionato d’Europa per club. L’obiettivo è chiaro: conquistare la vetta dell’Europa nello spazio di tre anni, mentre in questa stagione, che segna il rientro fra i grandi d’Europa, si punta ad arrivare fra gli otto migliori club. Ora il problema più grosso è dribblare la gabbia del fair-play finanziario, voluto dalla Federcalcio europea e dal suo presidente, Michel Platini, che impone di spendere soltanto quello che si incassa, nel segno del pareggio di bilancio. Per ora c’è margine per uno sbilancio di 45 milioni, che il Psg ha già infranto. Ma c’è sempre la possibilità di trovare sponsor (veri o indotti, magari attraverso la tv qatariota Al Jazeera) per scoprire che in fondo nel calcio, fatta la squadra, le regole sono un’opinione.