Umberto Broccoli, Sette 27/7/2012, 27 luglio 2012
NON DIMENTICAR
Italia, 1952: un altro mondo, da non dimenticar. Governa Alcide De Gasperi e va in minoranza il 30 gennaio. È approvato un emendamento di Renato Cappugi, democristiano: si estende a tutti i dipendenti dello Stato un aumento di 2000 £ (in cifre), duemila lire (in lettere). Non dimenticar. De Gasperi pone e ottiene la fiducia il giorno dopo e, nello stesso giorno, il Senato approva la legge Scelba, ultranota e ultracitata negli anni a venire: vietava la riorganizzazione del “disciolto partito fascista”. Onori della cronaca a due Zeno, da non dimenticar. Uno è don Zeno Saltini, fondatore di Nomadelfia, una città dei ragazzi, soprattutto orfani. Zeno Saltini ricostruisce in nome della legge della fratellanza (in greco Nomadelfia) e lo fa occupando il campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, in Emilia. Da Fossoli, otto anni prima, era passato Primo Levi assieme agli altri deportati, in viaggio verso i campi di sterminio della Germania nazista e Zeno Saltini vuole recuperare alla fratellanza e alla vita un’area legata alla guerra e alla morte. A partire dal 1947, raccoglie a Nomadelfia i tanti senza famiglia, figli della guerra, mettendo in comune tutto. Poi qualche ostacolo, più di qualche polemica e Nomadelfia deve chiudere. Riaprirà vicino a Grosseto. Non dimenticar. L’altro Zeno è Zeno Colò, campione di sci, trionfatore con medaglia d’oro alle Olimpiadi invernali di Oslo il 16 febbraio. Dieci giorni dopo, il 26 febbraio, è polemica. Giulio Andreotti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, sembra non approvare Umberto D. di Vittorio De Sica, perché favorirebbe le “vie disgregatrici dello scetticismo e della disperazione”. E in quel 1952 al cinema si proietta Anna di Alberto Lattuada, uscito qualche mese prima. Anna (Silvana Mangano, strepitosa) è una suora al servizio della sofferenza altrui, ma aveva avuto un’altra vita in un’altra vita: faceva la cantante e ballerina nei locali notturni. Soggetto e sceneggiatura di Giuseppe Berto, Franco Brusati, Ivo Perilli, Dino Risi, Rodolfo Sonego. Fra gli attori: Raf Vallone, Vittorio Gassman, Sophia Loren e tanti, tanti altri. Con una caratteristica strana: tutti doppiati, Gassman compreso. Dava la voce a Vittorio Gualtiero De Angelis, a sua volta voce storica di Cary Grant e di James Stewart. Ed è singolare sentire Gassman con la voce di Stewart. La Mangano parlava con quella di Lydia Simoneschi, ma cantava grazie a Flo Sandon’s. Ballava cantando (doppiata) El negro Zumbon (di Armando Trovajoli, riproposta da Nanni Moretti in Caro diario) e, soprattutto, Non dimenticar. Appunto, Non dimenticar. Un successo firmato da Michele Galdieri e Gino Redi, riproposto da molti: da Wanda Osiris fino a Nat King Cole, nel 1959. Non dimenticar (che t’ho voluto bene) riempiva le chiostrine dei palazzi, cantata dalle donne mentre lavavano i panni nelle vasche comuni, bucato da stendere poi al sole delle terrazze dell’ultimo piano. Facevano eco gli uomini, radendosi con il rasoio a lama unica, affilato sulla coramella (quella striscia di cuoio tesa fra armadietto e scaldabagno). Insaponandosi il viso con il pennello, sognavano la scena in cui lei, la Mangano, si esibisce sotto gli occhi di lui, Vittorio (Gassman), bellissimo e con la voce da agente dell’FBI. Sperando nell’aumento di 2000 £ (in cifre), duemila lire (in lettere), immaginavano di ballare sussurrando nell’orecchio di una donna come la Mangano: «Non dimenticar/che ti ho voluto tanto bene/t’ho saputo amar: non dimenticar./Or di questo amor/un sol ricordo ti appartiene/non gettarlo ancor/fuori dal tuo cuor, te ne prego amor». Un’Italia semplice, l’Italia dell’orgoglio e della ricostruzione. Un’Italia in bianco e nero, con i versi delle canzoni senza la vocale finale: dimenticar, cuor, amor. Un’Italia profumata dal sapone di Marsiglia per fare il bucato o tuttalpiù con la fragranza della Lavanda Col di Nava, conosciutissima per la pubblicità della radio “Sul colle di Nava vicino alle stelle/le cose son belle, le cose son belle/Il colle di Nava fragrante di manda/odor di lavanda odor di lavanda”. È l’Italia della sola radio, appunto, e degli uomini con il cappello in testa: elegante, perché con il cappello ci si salutava. E togliersi il cappello era un gesto di rispetto che già predisponeva l’interlocutore ad ascoltare. Un’Italia da non dimenticar.