Aldo Grasso, Sette 27/7/2012, 27 luglio 2012
GENIO (E STILE) DI DUE UOMINI ILLUSTRI
Pur capendo poco di economia, mi sto appassionando ai due tomi che raccolgono un’antologia degli articoli di Luigi Einaudi pubblicati dal Corriere e la corrispondenza con i fratelli Albertini, in particolare con Luigi: Luigi Einaudi e il Corriere della Sera, 1894-1925, a cura di Marzio Achille Romani, edito dalla Fondazione Corriere della Sera. Ne viene fuori, prima di tutto, la storia di due grandi uomini, della loro comune idea di liberalismo, delle responsabilità della borghesia, del ruolo della stampa quotidiana in un periodo cruciale della storia d’Italia: il primo conflitto mondiale, il trionfo e la crisi dell’Italia liberale, la nascita dei partiti di massa, la violenza fascista. Ne viene fuori, a margine, che a quell’epoca le poste funzionavano meravigliosamente (specie il “fuori sacco”, le lettere non inserite nel sacco postale perché fossero consegnate rapidamente al destinatario), vista l’intensità e la tempestività della corrispondenza, datata ora Milano, ora Torino, ora Dogliani.
La collaborazione fra il direttore Albertini e il suo più eminente giornalista economico, scrive Romani, è «non priva di forti confronti, di risoluti contrasti e di decise prese di posizione, ma anche di battaglie comuni, condotte al fine di educare la giovane Italia all’impegno civile, assecondandone la crescita culturale e politica sulla base di una convinta adesione ai principi essenziali del liberalismo e dell’economia di mercato».
“Cristallino e agevole”. La raccolta è preziosa per almeno due motivi: il primo sono naturalmente i contenuti e i temi toccati; il secondo è il tono discorsivo che traspare dalla loro corrispondenza, testimonianza di un rapporto straordinario, di continuo scambio di idee e mutua intesa. Un esempio, fra i tanti, datato Dogliani, 6 ottobre 1911: «Caro Albertini, veramente, con la strettezza dello spazio che lei ha per causa la guerra, non osavo mandarle questo che ho scritto per il bisogno fisico che sento di scrivere sugli avvenimenti del giorno dal mio punto di vista. Trattandosi di un prodotto di un mio bisogno personale di esercizio, se lei non trova un buco per inserirlo, lo cacci nel cestino. In questi tempi mi farebbe proprio piacere a non trattarmi diversamente…». Ovviamente il rapporto fra i due, continuando a darsi del lei, è di una intensità e di una ricchezza di scambi di vedute (con continue richieste di correzioni da parte del giornale) da suscitare l’invidia di ogni altro collaboratore.
Da notare, infine, la raffinatezza e la chiarezza della scrittura e dello stile di Einaudi: sia Gianfranco Contini, il più importante filologo italiano, sia un critico letterario come Geno Pampaloni hanno speso parole di grande elogio per la prosa giornalistica di Einaudi. Il suo era uno stile “cristallino e agevole”, due aggettivi che restituiscono pienamente il senso dei suoi interventi.