Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 26/07/2012, 26 luglio 2012
KALININGRAD EX KÖNIGSBERG PONTE RUSSO VERSO L’EUROPA
Può accadere che l’enclave russa di Kaliningrad (ex Königsberg, Prussia orientale) diventi un motivo di scontro, per ragioni militari, politiche o economiche, tra Unione europea e Russia? Una cosa è gestire un corpo separato quando esso confina con molti Stati, un’altra è farlo quando quegli Stati si legano assieme in un processo di integrazione (sempre che l’Unione non si disgreghi strada facendo!).
Pierpaolo Scaggiari
p.scaggiari@gmail.com
Caro Scaggiari, nell’Europa d’oggi (e, spero, anche in quella di domani) i territori conservano un forte valore sentimentale, soprattutto per coloro che sono legati a essi da antiche memorie. Ma hanno perduto buona parte della loro importanza politica e militare. Gli abitanti di Kaliningrad (circa un milione di anime) sono prevalentemente russi, con un gruppo di famiglie provenienti dalle colonie tedesche che la Grande Caterina aveva insediato nelle terre del Volga. E la sua toponomastica, naturalmente, è russa: Kaliningrad, Svetly, Svetlogorsk, Pionerskij, Zelenogradsk, Sovetsk. Nel 2005, quando decise di celebrare il 750° anniversario della fondazione di Königsberg, Vladimir Putin invitò a Svetlogorsk il presidente francese Jacques Chirac e il cancelliere tedesco Gerhard Schröder. Vi fu una conferenza stampa durante la quale Schröder, imbarazzato, disse che i tedeschi non intendevano rimettere in discussione i risultati della guerra, ma non potevano cancellare dalla loro memoria il nome di Königsberg, la bella città di Kant e di una illuminata borghesia mercantile, soprattutto fra Settecento e Ottocento. Qualcuno si chiese se Putin non avesse commesso un madornale errore di gusto. Ma il presidente russo aveva un disegno: voleva fare di Kaliningrad e del suo distretto la più europea delle province russe. Con la celebrazione del 750° anniversario di una città dove i sovietici, nel 1945, avevano deliberatamente distrutto ogni traccia di storia prussiana, Putin incoraggiava Kaliningrad a ripulirsi della sua immagine tristemente comunista e a divenire un ponte della Russia verso l’Europa centro-occidentale.
Qualche tempo fa, nel corso di un breve viaggio a Kaliningrad per una conferenza organizzata dall’Accademia russa delle scienze, ho avuto l’impressione che il progetto di Putin potesse avverarsi. La statua di Kant, di fronte al luogo in cui sorgeva l’università fondata nel 1554, è diventata l’icona più frequentemente riprodotta nel materiale pubblicitario della città. La sua tomba, lungo le mura della cattedrale, è oggetto di pellegrinaggi. L’università russa si è appropriata del suo nome e di quello del vecchio fondatore (Alberto di Prussia, Gran maestro dell’Ordine teutonico) diventando «Albertina-Immanuel Kant Universitet». Sono terminati la ricostruzione di una porta delle vecchie mura e il restauro della grande cattedrale luterana. Il cognac prodotto da una distilleria locale si chiama Königsberg ed è reclamizzato con una pubblicità in cui appaiono contemporaneamente una bottiglia, la vecchia città cinta dalle mura medioevali e, sullo sfondo, la Tour Eiffel. Vi sono piccoli musei dedicati alla storia del borgo medioevale, alle sue mura, alla civiltà del Baltico, alla cultura domestica della Prussia orientale. E vi è persino, al n. 2 della via Jaltinskaja, un «Nemecko-Russkij Dom», una casa russo-tedesca con programmi musicali per bambini, giovani, anziani, speciali serate per i russo-tedeschi e un club intitolato ai «nipoti di Münchhausen» dove si raccontano e si mettono in scena le avventure del barone. Vi sono anche segni indiscutibili della presenza russa, come una cattedrale ortodossa costruita in stile postmoderno, ma per molti aspetti la città è un luogo europeo, non più tedesco ma neppure strettamente russo. A un sondaggio sull’identità nazionale degli abitanti molti hanno risposto di sentirsi «kaliningradesi».
Sergio Romano