Andrea Scanzi, il Fatto Quotidiano 21/7/2012, 21 luglio 2012
Giornalisti in Tv, il potere ha sempre ragione– Negli Stati Uniti avevano Frost-Nixon, in Italia abbiamo Facci-Formigoni
Giornalisti in Tv, il potere ha sempre ragione– Negli Stati Uniti avevano Frost-Nixon, in Italia abbiamo Facci-Formigoni. Il talk politico è spesso (non sempre) portato avanti da conduttori che non sanno. O fingono di non sapere. Permettendo al potente di turno di fare i propri comodi. Tipo Roberto Formigoni due sere fa a In Onda Estate, La7. Davanti a lui, Natasha Lusenti, unica a provare ad arginarlo; il cartonato di Mario Sechi; e Filippo Facci, uno che fa tivù ma (giustamente) se ne vergogna. Lo attestano le smorfie continue, i balbettii, i tempi morti. E pure Twitter. Dove, nel suo profilo disadorno di followers, scrive: “Non avessi le cambiali da pagare (non scherzo) mi farei volentieri le vacanze. A me, della tv...”. Facci è molto tenero. Politicamente bipolare (“la risposta al vaffanculo di Grillo è: vaffanculo ci vada lui e quelli che lo sostengono”, settembre 2007; “Il grillino che è in me ripete che i candidati grillini sembrano brave persone”, 9 maggio 2012: qualcuno lo aiuti). Affettuoso con i maestri (“Enzo Biagi è uno che piace solo alle vecchie e ai deficienti”). Liricamente involuto, televisiva-mente irrisolto. Attaccarlo è come fare battute su Renzo Bossi. Infatti il problema non è Facci, ma l’informazione (due cose peraltro antitetiche). Giovedì Formigoni ha potuto recitare la parte del martire arrogante, creando un mondo altro e chiamando “deficienti” i giornalisti sgraditi. Spostare l’attenzione, buttarla in caciara: ricette antiche. Dal Vangelo del Celeste: “Ho mostrato nero su bianco la falsificazione di due verbali operata da Repubblica e Fatto Quotidiano; “Ho dimostrato l’insussistenza di questa campagna di fango”; (Facci, con boccuccia a cuculo prognato: “Sì sì, non è niente di nuovo”). “La risposta al Fatto l’ha data subito la Procura di Milano, sottoponendo a indagine i giornalisti” (nessuno, prima di Mentana, gli ha ricordato che l’indagine non è per avere detto il falso, ma per fuga di notizie in relazione al rapporto di Polizia giudiziaria pubblicato giovedì). “Il castello accusatorio da oggi crolla perché ho dimostrato nero su bianco che Repubblica e Fatto Quotidiano hanno falsificato i verbali. Ecco perché li ho querelati”. Facci ha bofonchiato come suo solito qualcosa di incomprensibile, chiamandolo “Formiconi”. Per poi aggiungere: “Io (questa falsificazione, nda) la vedo dai tempi di Mani Pulite”. Facci cita Mani Pulite sempre, anche se parla di sesso (“Caro, facciamo l’amore?”; “Sì, però prima – come preliminari – intendo affrontare con te le storture di Mani Pulite”. E giù, mezz’ora di garantismi craxiani a caso). La puntata è quindi giunta all’acme. Facci: “Ha la mia solidarietà personale almeno su una sciocchezza”, cioè il look (tema caldissimo); “Qua siamo a un mrlsm ncrdbl” (traduzione: “Qua siamo a un moralismo incredibile”) e le porto i saluti anche di un mio collega, maestro di eleganza, Oscar Giannino” (urca). Formigoni: “Per ringraziarla di questa carineria, le regalerò una chiavetta con le suonerie dedicate alla mia campagna elettorale, so che lei è un musicologo”. E qua Facci – il musicologo – si è quasi commosso. Quando la Lusenti ha riportato la telefonata fuori onda del direttore del Fatto, che ribadiva come il documento pubblicato fosse autentico, Formigoni ha ostentato una risata tanto forzata quanto esteticamente raggelante (per motivi insondabili, Formigoni è convinto di essere figo). “È assurdo discuter con ghm in assenza di” (Facci); “È certo che è assurdo, però dobbiamo riportare…” (Lusenti); “Eh no, non dobbiamo niente, se telefona in trasmissione (Padellaro, nda) e ci dice quello che pensa” (Facci). Eh? Boh. L’agonia è stata interrotta solo alla fine, quando Mentana ha invaso il campo. Ammettendo, di fatto, la provvisorietà deontologica di Facci, impavido con Formigoni come Vespa con Berlusconi. È bastato che Mentana esponesse la realtà dei fatti che – in rapida successione – sono accadute le seguenti cose: Formigoni si è arroccato (“Ho querelato Il Fatto anche stamattina, quei 9 milioni non esistono”); Facci ha sfoggiato l’espressione Culdipiccione Mode On; Sechi ha proseguito nella sua interpretazione memorabile di una stalagmite ferita. Rimproverato come un bambino al parco dal padre, Facci ha improvvisato a cappella un sunto finale: “Chiariamo che c’è stata anche un po’ di confusione per il fatto che il Presidente Formigoni (sempre sia lodato) si riferiva ad alcuni anche verbali che non c’entrano niente con i documenti pubblicati oggi dal Fatto e che secondo lui sono stati distorti, ai quali si sommano anche anche a suo dire e ne stiamo parlando ora delle alt ghh altre documenti smgh informative ghm bla conferenza stampa di oggi”. Formigoni: “Bè certo”. Applausi. È poi andato in onda uno speciale sulla trattativa Stato-mafia. Da una parte persone informate: Mentana, Lillo, Mannino. Dall’altra Pierluigi Battista. Sonnecchiava serafico, salvo svegliarsi di soprassalto ogni volta che qualcuno diceva la parola “Napolitano”. A quel punto rampognava duro: “Il Presidente non può essere intercettato!”. E poi riprendeva a dormire. Bastava che sentisse qualcosa cominciare con “Nap” – napalm, Napisan – e scattava. La trattativa Stato-mafia, anche sui giornali, amplifica il cocktail di ignoranza, sussiego e generica “ragion di Stato”. Ciò che altrove è normale – documentarsi, domandare, incalzare – da noi passa per giustizialismo. E un “è tutto falso” non si nega a nessuno. Magari, se si ha poi fortuna, ci scappa pure una chiavetta con le suonerie celesti.