Fabrizio d’Esposito, il Fatto Quotidiano 21/7/2012, 21 luglio 2012
VENTAGLIO DI DOMANDE
Al Quirinale i giornalisti parlamentari consegnano il tradizionale ventaglio al Capo dello Stato in occasione della pausa estiva. Mezzogiorno e qualche minuto. Sorrisi forzati e clima teso. In prima fila, un po’ impettiti, ci sono i direttori di quotidiani e tv. I loro nomi sono stampati su un cartoncino bianco, ciascuno poggiato su una sedia imbottita. Manca solo un nome, quello del direttore di questo quotidiano, Antonio Padellaro. Forse un disguido. Forse la conferma che per il Colle, il Fatto è il protagonista della “campagna di insinuazioni e sospetti senza fondamento ” e del “trascinarsi di polemiche senza sbocco sui mezzi di informazione”, come ha ripetuto ieri Giorgio Napolitano con tono altero.
Giuliano Ferrara (Il Foglio) è l’ultimo della fila. Accanto a lui, Claudio Sardo (L’Unità), poi Ma-rio Orfeo (Il Messaggero), Mario Calabresi (La Stampa), Roberto Napoletano (Il Sole 24 Ore), Luigi Contu e Giulio Anselmi, rispettivamente direttore e presidente dell’Ansa. L’incipit della cerimonia è tecnologico. Donato Marra, segretario generale del Colle, annuncia che l’evento si può seguire in diretta streaming sul sito del Quirinale. È la prima volta. Napolitano è seduto, il suo consigliere per la stampa, Pasquale Cascella, fa un passo in avanti e regge un iPad. Il dito del Capo dello Stato sfiora il video con solennità, come nella creazione di Adamo, l’affresco di Michelangelo per la Cappella Sistina. Consacrato il big bang hi-tech, c’è il discorso del presidente della stampa parlamentare. Una donna. Alessandra Sardoni, giornalista del Tg di La7. Un discorso tosto, senza remore, che parte subito dal conflitto di attribuzione sollevato dal Quirinale contro la Procura di Palermo per le intercettazioni con Mancino.
Dice la Sardoni: “Mi riferisco agli argomenti addotti da una parte della stampa e dell’opinione pubblica, voci che hanno criticato il passo del conflitto di attribuzione ritenendolo di ostacolo alle inchieste sulla trattativa Stato-mafia, alla ricerca della verità e che le chiedono – citando il precedente controverso di un’intercettazione del 1993 di Oscar Luigi Scalfaro pubblicata dal Giornale nel 1997 e rispetto alla quale non fu sollevato conflitto di attribuzione – la divulgazione di quelle intercettazioni che, ancorché indirette, lei, in base all’articolo 90 della Costituzione e alla legge 219 dell’89 ritiene debbano essere distrutte. Si aspettava, questo genere di obiezioni e polemiche?”. La giornalista continua con un’altra domanda: “Il parere della Consulta aprirà la strada a una revisione delle norme sulle intercettazioni entro la fine della legislatura?”. C’è anche spazio per le “critiche che alcuni familiari del magistrato Paolo Borsellino le hanno rivolto”. L’ultima notazione è politica e accenna al “presidenzialismo di fatto”, pur nell’ambito della Costituzione, consacrato dalla fase del governo Monti.
Insomma un’insolita intervista con il metodo del discorso durante una cerimonia. Napolitano è costretto a rispondere, sempre sotto forma di discorso. Ma non su tutto.
Neanche una parola sull’eventuale legge bavaglio per le intercettazioni. Liquida il “presidenzialismo di fatto” con stizza: “Confesso di non capire, non sono fuoriuscito neppure di un millimetro dal ruolo e dai poteri disegnati in quella Carta. Nessuna volontà di protagonismo personale mi ha mai sfiorato”. Poi parla del clima teso, sperando in un “alleggerimento della calura che ci affligge e non solo in senso meteorologico”. Contiene fastidio anche la risposta sulle critiche dei Borsellino. Lo status di familiari viene riconosciuto solo alla moglie e ai figli del magistrato : “Conta quello che ho detto a Palermo il 23 maggio e ancora ieri (giovedì, ndr), rinnovando il mio abbraccio commosso alla signora Agnese e ai suoi figli”. A proposito dell’intervento di giovedì: Napolitano ha fatto un passaggio che si presta a una rischiosa lettura ambigua, quando ha parlato di “torbide ipotesi di trattativa tra Stato e mafia”. L’aggettivo “torbide” si riferisce alla trattativa oppure alle inchieste dei pm? Per quanto riguarda ieri, il Capo dello Stato ha scandito con fermezza la sua posizione, dopo aver attaccato di nuovo la “campagna di insinuazioni e sospetti”. Non ho nulla da nascondere, ma un principio da difendere, di elementare garanzia della riservatezza e della libertà nell’esercizio delle funzioni di Capo dello Stato. Mi spiace che da parte di qualcuno non si intenda la portata di questa questione. Può darsi che la mia scelta non risulti comoda per l’applauso e mi esponga a speculazioni miserrime” . Quindi specifica: “Difendo l’autonomia della magistratura, ma senza indulgere a posizioni acritiche”.
Il discorso di Napolitano è breve. Tre paginette. La parte politica non presenta grandi novità. Il Capo dello Stato rimarrà al Quirinale fino al maggio 2013, nel frattempo c’è l’ennesimo “monito” sulla legge elettorale da cambiare. E in futuro, la sua speranza è “un governo politico” che confermi il senso della “coesione nazionale”. Grande coalizione perpetua. La cerimonia finisce alle 12 e 45. C’è l’aperitivo. Le tartine sono minuscole. Colpa della sobrietà e anche della tensione.