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 2012  luglio 26 Giovedì calendario

La deflazione contagiosa– I tedeschi non si illudano. La crisi – purtroppo per tutti – coinvolgerà anche loro

La deflazione contagiosa– I tedeschi non si illudano. La crisi – purtroppo per tutti – coinvolgerà anche loro. Un’economia che vende prodotti ad alto valore aggiunto a tutto il mondo non può pensare di passare indenne attraverso un rallentamento globale che ha una (con)causa ben precisa: la crisi di Eurolandia. Continua da pagina 1 L’indice Ifo è solo l’ultimo campanello di allarme. Secondo questo dato - spiega Alexander Koch di Unicredit - il Pil tedesco della primavera potrebbe segnare un -0,1 per cento. Qualche settimana fa l’indice Pmi - in questa fase forse meno preciso - puntava a un -0,5 per cento. E, a completare il quadro, il sondaggio Bce sui prestiti ha segnalato un’ulteriore flessione della domanda di finanziamenti da parte delle imprese tedesche, che evidentemente riducono gli investimenti, in previsione di tempi difficili. Del resto, l’export del Paese è diretto per il 60% nell’Unione europea, e per un restante 12% negli Stati Uniti e in Cina. Non sarà la Svizzera, con la sua quota del 4,4% a salvare l’economia tedesca. Non è solo Eurolandia a rallentare. Il dato britannico - troppo brutto per essere solo distorto da fattori occasionali - ha dato un’idea precisa di quanto sia seria la situazione anche in altri grandi Paesi. Il rischio - un rischio, non una previsione - non è semplicemente quello di una frenata o di una recessione, ma addirittura - spiega Patrick Legland di Société Générale (Sg) - quello di una deflazione globale, come segnalano e allo stesso tempo minacciano i cali delle materie prime, a loro volta condizionate dall’andamento della Uem e degli Stati Uniti. È giusto però sforzarsi di comprendere anche quello che non possiamo accettare; e così, superato il fastidio per una certa "supponenza" della Germania, val la pena capire cosa stia accadendo lì. I tedeschi, in un certo senso "hanno paura". Anche noi l’avremmo, al loro posto, se non fossimo ormai "oltre". Il mondo teme la deflazione, ma la Germania - che pure va verso una marcata disinflazione - si preoccupa per una presunta bolla immobiliare. L’allarme è stato lanciato dalla stessa Bundesbank; ma dopo la flessione del 23% nei prezzi reali delle case tra ’95 e 2009 - i calcoli sono di Klaus Baader, anch’egli alla Sg - un lungo aumento, dagli attuali livelli «ridicolmente bassi», è inevitabile, per quanto doloroso. I tedeschi (alcuni tedeschi...) hanno poi paura di perdere i loro privilegi. Anche la Germania deve infatti fare le sue riforme. Come la Spagna, come l’Italia. Non bastano quelle sul mercato del lavoro: occorre toccare - lo hanno ricordato il Fondo monetario e l’Ocse - le Landesbanken, così legate al potere politico, e in generale il sistema finanziario. Molto si può fare inoltre nei settori non esposti alla concorrenza internazionale, aumentando la concorrenza nei servizi "non esportabili" e nelle professioni: troppe ancora sono le incrostazioni. Scuole e istruzione in genere vanno migliorate, come la struttura della tassazione e il sistema delle pensioni. La Germania ha nascosto tutto questo sotto un invidiabile tappeto di aziende globalmente competitive; ma ha reso così la sua economia molto dipendente dall’estero, da Eurolandia in particolare. Nel primo trimestre, l’export verso la Uem è crollato dell’11,6% annuo, quello verso altre aree è rallentato, spiega Oliver Rakau di Deutsche Bank, «e le esportazioni nette forse non daranno alcun contributo alla crescita economica tedesca per il resto dell’anno». Non sarà facile, come non è stato facile altrove, ma anche la Germania, ora, potrebbe forse essere costretta a cambiare atteggiamento.